MILANO – Dal rock progressivo dei Genesis alle sperimentazioni attorno al tema della World Music, Peter Gabriel gioca con il suo passato e riempie il Mediolanum Forum di Assago. La tappa andata in scena lunedì sera è stata l’unica italiana del tour “Back to the front” ed è anche quella che ha riunito davanti al palco milanese varie generazioni appassionate di Gabriel e delle sue note. Note scritte e suonate tra le righe dello storico album “So”, quinto album della sua carriera solista, uscito nel 1986 e protagonista del nuovo tour firmato dal geniale Gabriel.
Un passaggio inaspettato, questo di Milano, perché poco tempo fa aveva annunciato che quest’anno non sarebbe passato dall’Europa. Gabriel fa il gentleman già dall’inizio del concerto, quando esce sul palco per presentare di persona il duo al femminile chiamato ad aprire la serata milanese. Tra il pubblico, generazioni diverse di estimatori per i quali Gabriel aveva probabilmente trovato la quadratura del cerchio in termini di sperimentazione ben riuscita con l’album riscoperto per il nuovo tour. La raccolta è poi quella che contiene alcuni dei pezzi più famosi dell’ex Genesis, rispolverati per l’occasione anche in versione acustica, e mischiati a brani più recenti, cominciando dalla versione in solitaria sul palco di “Oh But”.
“Per questa sera – spiega Gabriel nel suo buon italiano, appena salito sul palco, al pianoforte, accompagnato dal solo Toni Levin, funambolico prodigio di basso, contrabbasso e affini – abbiamo deciso di dividere il concerto in tre parti, come un buon pasto. Se resisterete alla prima parte, potrete gustarvi anche il dessert”. Poi, a seguire e sempre in versione acustica, con luci accese a giorno anche sul pubblico, “Talk”, “Monkey” e “Family Snapshot” che segna il passaggio dalla prima portata del menu, alla seconda, quella dei primi effetti speciali sul palco, anche loro ispirati al tour degli anni Ottanta con cinque braccia meccaniche in movimento.
La band di questa sera, una volta attaccati gli strumenti elettrici, è la stessa di allora: David Rhodes alla chitarra, David Sancious alle tastiere, Manu Katche alla batteria e ancora Levin. Se “Digging in the world” è il brano in scaletta che fa ondeggiare le prime teste del pubblico di Gabriel, poi arrivano anche “Secret world”, “Fishing net”, “No self control” e la sempreverde “Solsbury hill”.
La terza portata, alla fine, è quella del dessert annunciato da Gabriel e si apre all’insegna di “Red rain”, con tripudio di pubblico, e di “Sledgehammer” e “Don’t give up”. La carrellata, in rigoroso crescendo, della ventina di brani in scaletta prosegue lungo la strada tracciata in tanti anni di carriera da “Mercy street”, “We do what we are told” e via fino a terminare poi sulle note di “Biko”, ai tempi dedicata da Gabriel a Steven Biko, attivista per i diritti civili assassinato dal regime sudafricano dell’apartheid.