Il Movimento 5 stelle è avvolto da illegalità e ridicolo, Beppe Grillo scappa ma rischia di pagare caro, sostiene Giuseppe Turaniin questo articolo pubblicato anche da Uomini & Business.
Cronache della dissoluzione del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo e di Casaleggio. Il capocomico e i suoi colonnelli sono in officina, tutti impolverati e sporchi di olio, con chiavi inglesi e martelli, intenti a un’operazione mefistofelica: trasformare il trattore del Movimento 5 stelle in una Formula 1 prima che esploda tutto. Di Maio cerca un parafango, Dibba non trova il tubo di scarico, la Taverna serve pesciolini fritti, la Lombardi sta in un angolo immusonita. Ma i lavori non avanzano.
Per ora, quello che ha capito tutto, come al solito, è il comico: ha già fatto sapere che regala il simbolo del movimento al movimento, appunto, e poi si toglie dalle scatole. E’ stufo, si ritira a vita privata. Per la verità, non è proprio stufo, è spaventatissimo: teme che tutta l’impresa gli possa costare dei soldi. E quindi sceglie di filarsela, anche se non si salverà così facilmente.
Tutto nasce dalla sentenza di Napoli con la quale sono stati riammessi nel movimento alcuni espulsi dal comico: non aveva alcun diritto di fare questo. Quindi li deve riammettere e loro, se vogliono, hanno il diritto di chiedere un indennizzo per i danni morali. La fila di quelli che hanno questo diritto è lunga e potrebbe allungarsi ancora: l’espulsione è stata l’arma preferita del comico per tenere a bada il movimento. Le somme da pagare per i danni morali (oltre alla figura di merda) potrebbero rivelarsi molto alte. Meglio tagliare la corda. Solo che le espulsioni le ha già fatte e i danni morali già provocati.
Quindi se ne va, regala il simbolo (che era suo) a un direttorio di deputati-colonnelli (da lui stesso deciso) e toglie il disturbo.
Ma, di nuovo, la decisione potrà essere impugnata da chiunque: gli organi dirigenti vanno nominati da un’assemblea degli iscritti, non dal comico e dal suo commercialista. E il codice civile non prevede votazioni via clic. Tutti questi pasticci in rete sono illegali, non hanno niente a che fare con gli usi e costumi di un’organizzazione politica.
Ma non è finita. I deputati-colonnelli avranno il simbolo, ma tutto il resto rimane alla Casaleggio. E poiché il movimento non ha tessere o sedi, persino l’elenco degli iscritti sta nei server della Casaleggio: senza quelli il Movimento non esiste. Non serve essere giuristi per capire di tutta sta roba è un pasticcio colossale.
E c’è anche una notizia che farà sorridere il governatore della Campania De Luca: sembra che alle prossime elezioni il movimento sia intenzionato a presentarsi con scritto, sotto il simbolo, il nome di Lugi Di Maio (non più beppegrillo), quale candidato premier. Decisione, ancora una volta, presa da non si sa bene chi. Siamo, insomma, in una situazione paradossale: così come è fatto, il movimento non può fare politica: qualunque giudice potrebbe invalidarne le decisioni.
Ma non è finita. Il sindaco di Parma, Federico Pizzarrotti (primo sindaco a 5 stelle eletto in Italia) è sull’orlo dell’ espulsione (che forse eviterà perché temono un suo ricorso), e le due sindache tanto reclamizzate, a Roma (Virginia Raggi) e a Torino (Chiara Appendino), stanno dando i numeri. Se a Roma non accade niente, tranne pressanti inviti alla popolazione perché rispetti i semafori e butti meno spazzatura in giro (salvo fare poi accordi sottobanco con gestori di discariche), quella di Torino (che sembrava più assennata, bocconiana, figlia e moglie di imprenditori) si sta rilevando persino peggio: vuole fare della città piemontese un’oasi vegana e con wi-fi semispenti.
Non esiste alcuna città vegana al mondo (è sacro il principio che ognuno mangia quello che vuole). Ma Torino, forse, sarà la prima. Tutte le città sono piene di wi-fi, ma a Torino funzioneranno solo a singhiozzo: di nuovo, primi e unici al mondo.
Insomma, bischerate di marca grillina. Le due sindache, cioè, stanno affondando nella retorica grillina. Manca solo la lotta ai vaccini nelle scuole e poi il quadro è completo.
Intanto, il quartier generale grillino comincia a essere bersagliato da iscritti che sono stufi di essere tagliati fuori da ogni decisione.
Forse, spunterà qualcuno che agitando un libretto rosso, darà l’ordine classico: sparate sul quartier generale. E sarà la fine.