ROMA – Un miracolo per essere beati e due per essere santi. Questo prescrive il moderno “tariffario” della chiesa di Roma ma, anche per accedere alle schiere celesti, ogni tanto si può sperare in un “aiutino”. Ed è il caso di Papa Roncalli che diverrà presto santo grazie ad una deroga voluta dall’attuale Pontefice: un solo miracolo accertato può, nel suo caso, bastare.
Ovviamente la scelta di Papa Francesco di canonizzare il suo predecessore non è una specie di versione celeste della più che terrena “raccomandazione”, ma è al contrario una scelta squisitamente politica. Giovanni XXIII, passato alla storia come il “Papa Buono”, diventerà infatti santo entro la fine di quest’anno in una cerimonia per la prima volta di doppia “santificazione”. Insieme a lui verrà canonizzato anche Wojtila, il pontefice che lo fece beato.
Un’accoppiata voluta fortemente da Francesco. Se infatti già all’indomani della morte di Giovanni Paolo II era stata la piazza ad esprimersi chiaramente con l’ormai celebre “Santo subito”, meno spedite sono andate le cose per Roncalli. Per Wojtila si sono aspettati, cercati e trovati i due miracoli necessari per poter esser fatti santi, oltre che tutti i vari tempi tecnici e i diversi ingredienti che alla burocrazia pontificia servono per fare un santo. Per il Papa Buono, quello della famosa carezza da dare ai bambini e, soprattutto, del Concilio Vaticano II, è servita invece una deroga, un’eccezione.
Wojtila santo a “furor di popolo” dunque e Roncalli santo per volere di Francesco che, in molte cose, si presenta come vicino al Papa Buono. Giovanni XXIII aveva in comune con l’attuale Pontefice le umili origini, l’essere vicino agli ultimi e un linguaggio confidenziale con i fedeli. Ottime ragioni per convincere l’attuale inquilino vaticano a sorvolare sul secondo miracolo come un ottimo motivo è che, Roncalli, fu il fautore della più grande “ristrutturazione” della Chiesa in epoca moderna. Ristrutturazione che ebbe la forma del Concilio Vaticano II e che, forse, anche il Papa di oggi vorrebbe fare.
Il secondo miracolo certificato non è arrivato, ed allora è stato il vicario di Dio in terra, Papa Francesco, a dare il via libera. Ma i due miracoli sono in verità una relativa novità nella storia della Chiesa, introdotti solo cinque secoli fa dai papi Sisto V (1585-1590) e Urbano VIII (1623-1644), che stabilirono le moderne procedure di canonizzazione. Per i quindici secoli precedenti, e i relativi Papi fatti Santi, la regola dei due miracoli non valeva. Anzi, per i Pontefici da Pietro e sino al 335, la santità è stata automatica in virtù della loro diciamo difficile situazione operativa. Tutti i vescovi di Roma, sino a Costantino, sono infatti considerati martiri e per questo Santi.
Diversa la storia nei secoli successivi dove, per quanto possa apparire paradossale, di Papi Santi se ne trovano pochini. Comprensibile guardando alla cosa con occhi laici, meno per un credente che considera il vescovo di Roma come il vicario di Dio. Ma tant’è. Nei duecento anni post-Costantino i pontefici fatti Santi sono stati ben venti, con una media di uno ogni dieci anni. Ma poi il black out. Nel Medioevo infatti solo un successore di Pietro fu canonizzato: Celestino V, quello del gran rifiuto, l’unico Papa, sino a Benedetto XVI, dimissionario. Santificato nel ‘300 da Clementino V su pressioni del re di Francia Filippo il Bello. Da allora in poi, per vedere un altro Papa-Santo, si sono dovuti attendere diversi secoli, fino a quando cioè, nel 1606, Paolo V canonizzò Gregorio VII. Poi di nuovo silenzio sino alla fine del regno temporale della Chiesa, cioè sino al 1870.
Ma se a fine ‘800 si è ripreso a far Santi i Papi, mai comunque si era vista una “doppietta” come quella che, grazie a Francesco, si vedrà quest’anno. Due Papi, due Santi e miracoli quanto bastano.
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