Libia, zitti zitti abbiam mosso la Marina. Per il gas e anti pirati della Sirte

Libia, zitti zitti abbiam mosso la Marina. Per il gas e anti pirati della Sirte
Libia, zitti zitti abbiam mosso la Marina. Per il gas e anti pirati della Sirte

ROMA – Zitti zitti, siamo partiti… Nel fine settimana appena concluso tre navi della nostra Marina, la Duilio, la Bergamini e la San Giorgio, sono salpate alla volta della Libia. Ufficialmente per una serie di esercitazioni, in pratica per essere pronti a qualsiasi evenienza e per ‘mostrare i muscoli’ alle milizie che si combattono nel paese che fu di Gheddafi. La via diplomatica è, com’è ovvio e giusto che sia, la via non solo indicata come privilegiata ma sinora invocata anche come unica. Ma nonostante gli auspici e le buone intenzioni, e nonostante nessun via libera sia arrivato da Onu, Europa o Nato, l’opzione militare non può essere però scartata e, cosa più importante, non si può rischiare di farsi trovare impreparati. Ed a proposito di preparazione, come i fatti libici dimostrano, non ha l’occidente brillato sinora per lucidità politica né capacità d’intervento. Così, essendo arrivate a poche centinaia di miglia dalle coste italiane le bandiere nere dello Stato Islamico, ed essendo in terra libica sostanziosi gli interessi (economici) del nostro Paese, l’Italia ha deciso di non lasciar tempo al tempo e, nel dubbio e nell’incertezza della diplomazia, di far partire la Marina.

“Se non è un piano di intervento militare gli assomiglia molto – racconta Ilario Lombardo su La Stampa -. Le manovre navali nel Mediterraneo svelate ieri vengono confermate dai vertici dell’esercito. Le navi sono tre, potrebbero arrivare a quattro. Formalmente parlano di operazioni di addestramento il generale Claudio Graziano, subentrato ieri come capo di Stato Maggiore della Difesa all’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, e Pierpaolo Ribuffo, comandante del Gruppo navale impegnato in ‘Mare Aperto’, l’esercitazione che prende il via dopo lo stop di Mare Nostrum. La coincidenza con la crisi libica è però troppo evidente per rimanere sullo sfondo. Niente illusioni ammette il ministro della Difesa Roberta Pinotti, ‘il periodo che abbiamo di fronte non sarà dei più facili’”.

Negli ordini, presumibilmente, nessuna ipotesi di sbarco o anche solo d’ingaggio. Ma al di là degli ordini e dell’ufficialità la ratio della disposizione delle navi italiane è chiara, e sono gli stessi Graziano e Ribuffo a delinearne i contorni riconoscendo che le attività addestrative svolgono ‘certamente anche un ruolo di sicurezza, deterrenza’ e di ‘dissuasione’. Attività che non escludono il dovere ‘di intervenire – precisa Binelli Mantelli – di fronte a violazioni del diritto internazionale’.

Le navi italiane si fermeranno infatti a ridosso dalle acque internazionali, facendo così mostra della ‘forza’ italiana, ma anche a distanza d’intervento se la situazione a terra dovesse degenerare e rendere necessario un intervento per mettere in salvo tecnici e strutture economicamente interessanti per il nostro Paese, a partire dalla piattaforma offshore di Sabratha, a 80 chilometri dalle spiagge libiche. E’ questa infatti la struttura da difendere a ogni costo, con priorità altissima: se venisse colpita staccherebbe il rifornimento al terminal di Mellitah, che triangola con il gasdotto dell’Eni Greenstream, collegato alla Sicilia. A bordo della navi, come ancora Lombardo ha raccontato, i militari del reggimento San Marco e gli incursori del Comsubin, corpi che rappresentano l’elite dell’esercito italiano. Reparti pronti ed adatti proprio ad intervenire in operazioni di terra più che in esercitazioni in mare.

La piccola, ma non tanto piccola, flotta italiana (cui dovrebbe aggiungersi una quarta nave) tra equipaggi e reparti imbarcati arriva a contare circa tremila uomini. E prefigura con il suo schieramento la possibilità concreta, se non già le prove, di un blocco navale al largo della Libia. Proteggere dunque le installazioni di interesse italiano, avvicinare ad un possibile teatro di crisi una forza di pronto intervento e assemblare le maglie di un blocco marittimo. Blocco contro chi? Contro quelli che già ora si possono definire i pirati della Sirte. Analogamente a quanto avvenuto in Somalia, la dissoluzione dello Stato somalo ha dato la possibilità a bande che partono dalla costa di intercettare e razziare i traffici marittimi. Nel Corno d’Africa è andata così, potrebbe accadere lo stesso nel Golfo della Sirte. Anche per questo, zitti zitti, abbiamo mosso la Marina.

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