Renzi premier, chi non l’ha voluto? Berlusconi, Napolitano e… Renzi

ROMA – A salire al Quirinale per ricevere l’incarico è Enrico Letta mentre, al palo oggi o forse domani alla segreteria del Pd, è rimasto e si collocherà Matteo Renzi. Era lui, il sindaco di Firenze, l’altro papabile oltre a Giuliano Amato per l’incarico da primo ministro. Letta, Amato e Renzi, i “tre toscani” come da chiosa quirinalizia del neo presidente incaricato. Renzi, il suo nome era sembrato per un attimo,  poco più di una mezza gioranta, quello più quotato, ma Silvio Berlusconi, l’uomo di Arcore, ha detto no. Giorgio Napolitano, l’uomo del Colle, h apprezzato la candidatura in quell’inequivocabile modo in cui si lascia cadere a volar via ciò che si è appena apprezzato. Una parte del Pd, non si sa quanto grande, ha detto no. Ma non si sa chi e quanti perché su Renzi premier il Pd nella sua Direzione si è prodotto in ciò che al momento gli riesce meglio in politica: la scena muta. Berlusconi, Napolitano, un tot di Pd non hanno voluto Renzi premier. Con loro, con tutti loro, anche Renzi Matteo che a governar con il Pdl non avrebbe potuto dire di no ma che ha spazio, tempo e modo per provare tra un anno, massimo due, a governare da solo.

La candidatura di Renzi, ricostruisce La Stampa, è frutto di un’intuizione di Piero Fassino. Il sindaco di Torino ex segretario Ds aveva pensato che il nome del rottamatore potesse essere un valore aggiunto, una figura intorno cui cercare di raccogliere i cocci del Pd. Lo pensava e ha quindi deciso Fassino di sondare i colleghi di partito. Molti sono d’accordo, forse a malincuore ma riconoscono che il sindaco di Firenze, lo sconfitto delle primarie possa essere un punto da cui ripartire. Ma non tutti. Dario Franceschini e i suoi appoggiano l’idea. Matteo Orfini e i giovani turchi, e anche la componente bersaniana non si oppongono, anzi. I veltroniani sono d’accordo e persino Massimo D’Alema, pur non sbilanciandosi, non cassa l’ipotesi.

Ma il giovane sindaco, nonostante la cronaca degli ultimi giorni che somiglia alla cronaca di una morte annunciata in salsa Pd, conserva tra i democratici non pochi nemici. Quelli più squisitamente politici hanno, per ovvie ragioni, messo almeno per il momento da parte i loro rancori. Ma le antipatie diventate personali sopravvivono. Rosy Bindi è contraria all’idea di Renzi primo ministro, come certo non fanno salti di gioia a quest’ipotesi Anna Finocchiaro e Franco Marini.

Il Quirinale, s’intuisce, non è pregiudizialmente contrario, ma per Napolitano il giovane Renzi non ha spalle politiche sufficientemente robuste  reggere il peso, e che peso, di questo governo che va a nascere. Renzi è una persona preparata e competente, un giovane promettente, forse però ancora non del tutto pronto. “Per la prima volta – dice Renzi a Repubblica – gran parte del Pd si è ricompattata sul mio nome. (…) Era d’accordo Walter (Veltroni), era d’accordo Franceschini. In direzione il mio nome è stato fatto esplicitamente da Umberto Ranieri (l’allievo prediletto di Napolitano) segno che le perplessità non erano certo del Presidente”. Anche se, come raccontano altre fonti, il Capo dello Stato avrebbe avuto comunque qualche riserva sul nome di Renzi.

Ostacoli più o meno superabili, quelli interni al Pd e quelli legati alle incertezze di Napolitano. Superabili sino a che, ieri, non è arrivato lo stop di Berlusconi. “Va bene tutto, ma mettere al governo quello che sarà il nostro avversario alle prossime politiche e l’unico vero leader ancora in piedi del centrosinistra no!”, sarebbe stata questa, in sintesi, l’obiezione del Cavaliere. Vada casomai per Letta, Enrico, se deve essere targato Pd, ma non Renzi. La presidenza del consiglio sarebbe, nella visione di Berlusconi, una regalo al futuro avversario. Non tanto perché non conosca le difficoltà implicite nel guidare un esecutivo come quello che si va formando, ma perché sottrarrebbe Renzi dalle difficoltà, se possibile ancor maggiori, che il Pd si appresta ad affrontare.

Per quanto paradossale possa apparire, quella parte di Pd che non ha voluto Renzi premier, un po’ perché non lo ama e un po’ perché lo ha sempre ritenuto troppo di destra, per eliminarlo dalla partita presidenziale ha dovuto aspettare la sponda del leader del centrodestra. Che sia una piccola sconfitta o un colpo di fortuna per il giovane sindaco è ancora tutto da dimostrare. Tra i suoi avversari di oggi, tra chi gli ha detto no può mettere Berlusconi e Marini, il tycoon di sempre e il Pd el passato. Non tutti i non vengono per nuocere.

 

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