ROMA – Dopo la messa a Lampedusa e la visita ai quartieri miserabili di San Paolo in Brasile, Papa Francesco non si ferma più. Una ne fa e cento ne pensa. Ha messo pesantemente i piedi nel piatto dell’affare-Siria, chiamando il mondo a digiunare contro la guerra e richiamando i Grandi della terra alle loro responsabilità. Poi ha fatto sapere che riceverà il prete peruviano Gustavo Gutiérrez, esponente di punta della Teologia della liberazione, massima aberrazione marxista per i suoi predecessori Ratzinger e Wojtyla.
Adesso lancia l’ultimo sasso, che vale per i suoi preti più che per il resto del mondo: apriamo i conventi vuoti agli immigrati. Una trovata al giorno. Sembra il metodo scelto dal Papa per anticipare quelli che di professione spaccano il capello. Agli occhi dei profani imbevuti di politica dice un giorno una cosa di destra e l’altro giorno una cosa di sinistra. Così mantiene sempre il pallino della partita e nessuno ha il tempo, da destra o da sinistra, di classificarlo con i vecchi schemi curiali. Gesuita e francescano, sfugge alle caselle classiche e nelle foto viene mosso.
La storia dirà se questo fosse il Papa giusto per risollevare la cattolicità che si avviava all’irrilevanza. E questo movimento continuo non è altro che il tentativo di tenere la scena ormai perduta dalla Chiesa d’Europa, il continente che si riconosce sempre meno nei valori del cristianesimo. Chi si aspettava che Francesco cedesse sui valori “non negoziabili” ha fatto un buco nell’acqua: il cristianesimo non ha ragion d’essere senza il rispetto della vita, del matrimonio uomo-donna, della morale sessuale (magari un po’ più larga). Ma non ha senso neanche senza rispetto per i più deboli, per chi sta indietro, per gli ammalati, gli immigrati, per i poveri e per tutte le Beatitudini del discorso della Montagna.
Papa Francesco, in un mondo che non lo sta a sentire sulla morale sessuale e sull’intoccabilità della vita, preferisce puntare sul lato “sociale” del Vangelo. E questo spariglia le attese e trova udienza nel mondo dove i disgraziati sono in misura incomparabilmente superiore ai fortunati. Naturalmente c’è ancora il riflesso di qualche politicista che gli rimprovera populismo e poco realismo. Ma Francesco di queste quisquilie non si occupa. Lui non parla ai Cicchitto e ai Salvini (a proposito di Lampedusa e degli immigrati). Parla al mondo e cerca di ridare alla Chiesa quella voce universale che si faccia ascoltare da Obama e da Putin, da Cameron e da Hollande. Questa è la sua scommessa, e per questo manda a casa i cardinali genere Bertone, politicisti con piccole ambizioni. Francesco rivuole una Chiesa ambiziosa e per questo lavora. Se ci riuscirà, lo capiranno i nostri nipoti.
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