BARCELLONA – Una delle pagine più sanguinose – e dimenticate in Italia – della guerra civile spagnola iniziò con un telegramma da Roma a Maiorca, isola delle Baleari e quartier generale dell’Aviazione Legionaria Italiana: “Iniziare da stanotte azione violenta su Barcellona con bombardamento diluito nel tempo”.
Così, fra le 22.08 del 16 marzo 1938 e le ore 15.19 del 18 marzo, 13 attacchi a intervalli di 3 ore fra un raid e l’altro scaricarono su Barcellona una quantità di bombe mai vista prima: 44 tonnellate piovvero sui quartieri popolari della capitale catalana, causando in poco più di 41 ore 900 morti e 1.500 feriti. I bombardieri Savoia Marchetti 79 avevano sperimentato per primi la tattica del “bombardamento per saturazione” che consisteva nel traumatizzare la popolazione civile con una serie lunghissima di attacchi aerei.
Non erano le prime bombe italiane che cadevano sui tetti della seconda città spagnola. Ma nel 1937 l’incrociatore italiano Eugenio di Savoia aveva colpito dal mare e non in maniera così martellante.
Il Duce voleva fare una bella impressione a Hitler. O meglio, voleva impressionarlo e basta. Visto che pochi giorni prima, il 12 marzo del 1938, i nazisti avevano concluso l’Anschluss, l’annessione dell’Austria al Terzo Reich. Mussolini aveva appoggiato fino all’ultimo il governo austrofascista del cancelliere Dollfuss, che all’Anschluss si era sempre fieramente opposto. Duce preoccupato, Barcellona bombardata. Per rinforzare l’argine del Brennero contro il dilagante nazismo, furono sbriciolati interi quartieri della metropoli catalana.
Un anno prima gli italiani erano stati sconfitti nella battaglia di Guadalajara (8-23 marzo 1937). E i tedeschi – aprile 1937 – invece avevano raso al suolo Guernica, una città basca di 5.000 abitanti, “il” bombardamento per eccellenza della guerra civile spagnola, anche grazie al quadro omonimo di Pablo Picasso.
Le bombe italiane sulla capitale catalana invece non furono immortalate da fotografi o da pittori. In compenso suscitarono lo sdegno di tutta la comunità internazionale. Qualche anno dopo Winston Churchill, per rincuorare la Londra bersagliata dalla Luftwaffe nazista, disse: “Spero che i nostri cittadini si dimostrino in grado di resistere, così come fece la coraggiosa popolazione di Barcellona”.
Era stata un’iniziativa autonoma di Mussolini. Franco non ne sapeva nulla, anzi dal suo quartier generale a Burgos dopo tre giorni chiese agli italiani di fermare l’attacco. Il Duce – inebriato d’imperialismo – portava avanti una sua guerra personale. Nell’agosto del 1937 aveva offerto una resa onorevole ai nazionalisti cattolici baschi che difendevano Bilbao: agli ufficiali che si arrendevano agli italiani veniva offerta la possibilità di lasciare la Spagna via mare. Il Vaticano era d’accordo, ma Franco no: fece arrestare tutti i graduati baschi e fucilarne la gran parte. Per non mostrarsi più così “morbido”, Mussolini scelse di essere troppo duro.
Il falso mito degli “italiani brava gente” viene smontato ogni volta che dalle macerie della storia emergono detriti atroci della Seconda guerra mondiale. Abbiamo scheletri nell’armadio e primati poco invidiabili: quello di Barcellona fu il primo bombardamento aereo di una capitale europea, ad alta percentuale di vittime civili.
Tante volte siamo stati nei panni degli efferati aggressori e non delle vittime: dalla Spagna alla Grecia, dai Balcani all’Etiopia, dove fummo pionieri nell’uso del gas e delle armi chimiche contro popolazioni civili.
Italiani “cattiva gente”. E temuta: così ci voleva Mussolini. Scrive Dino Messina sul Corriere della Sera:
La riprova delle intenzioni di Mussolini si ha nel diario di Galeazzo Ciano, quando annota la reazione del duce alle proteste di parte britannica: «Quando l’ho informato del passo di Perth (ambasciatore inglese a Roma, ndr), non se ne è molto preoccupato, anzi si è dichiarato lieto del fatto che gli italiani riescano a destare orrore per la loro aggressività anziché compiacimento come mandolinisti». A Mussolini il progetto di trasformazione antropologica del popolo italiano non riuscì ma il fascismo portò «la brava gente» a macchiarsi di crimini di cui dobbiamo chiedere scusa.
Forse è l’immagine della “brava gente” a fare da prosciutto sugli occhi, forse è un’astuta rimozione: fatto sta che noi – a differenza dei tedeschi – non abbiamo mai chiesto scusa di nulla, neanche delle bombe su Barcellona. Scrive sul Corriere della Sera Enric Juliana, giornalista catalano condirettore de La Vanguardia:
“Oggi ricorrono i 75 anni di quell’evento. La Repubblica italiana, nata dalla vittoria sul fascismo, non ha colpe per un attacco tanto crudele. Mussolini, il dittatore, è stato giustiziato. E non si può dimenticare che nel 1946 il nuovo governo italiano, su proposta del leader comunista Palmiro Togliatti, varò un’amnistia generale. Barcellona e le altre città catalane bombardate, però, aspettano ancora un gesto dall’Italia democratica”.
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