Bersani, dieci giorni pieni di nulla

Forse è stato sorpreso dalla sua elezione a segretario. Era la notte tra il 25 e il 26 ottobre quando le primarie del Pd hanno segnato la vittoria di Bersani. Da allora dieci giorni abbondanti pieni di nulla. Qualche, anzi tante dichiarazioni ai Tg e alle agenzie di stampa sulla politica di giornata. E un’agenda fitta di incontri con possibili, potenziali alleati del Pd. Insomma Bersani sta studiando, si sta documentando, si sta orientando. Evidentemente non pensava di diventare il leader del maggior partito di opposizione, altrimenti sarebbe arrivato, diciamo così, preparato.

Preparato e pronto ad esempio ad una proposta sui salari, visto che è lo stesso Bersani a ripetere un giorno sì e l’altro pure che il suo è «il partito del lavoro». Preparato e pronto ad una proposta, caso mai dura da digerire ma che accendesse speranza per il futuro, sul taglio alla spesa pubblica e sul taglio della pressione fiscale. Non l’insieme confuso made in Berlusconi-Tremonti che tutto promette e nulla tocca, non il «non far nulla sperando che me la cavo» che Bersani denuncia come vera e sola politica economica del governo. Qualcosa di diverso, caso mai di difficile, ma qualcosa. Invece Bersani riflette, consulta, pondera.

E qualcosa di chiaro, preciso sui diritti civili, sulle libertà? In fondo per Natale la maggioranza sta per sfornare la legge sul fine vita, una legge che al Pd piace niente. Allora una campagna di mobilitazione e informazione, una campagna civile? No, Bersani valuta, aspetta, incontra.

Una proposta di riforma della giustizia che smascheri e smonti le riforme “ad personam” di Berlusconi, quelle denunciate dal Pd? Qualcosa che rovesci il tavolo e dica ai cittadini come si fa ad avere processi e sentenze in tempi umani, processi e sentenze anche oltre quelle che riguardano Berlusconi? Bersani va cauto, tiene le posizioni, non azzarda offensive.

Una parola chiara e netta sul nucleare? Un’iniziativa di legge e una campagna di opinione per spezzare le mani della politica sulla Sanità, anzi sui soldi della Sanità? Bersani non azzarda, sta in trincea.

Avesse avuto sentore che poteva diventare segretario, allora Bersani sarebbe arrivato preparato e pronto. Ha avuto sei mesi per pensarne una, una soltanto. L’unica spiegazione è che non se l’aspettava di essere eletto e adesso sta recuperando. Oppure di spiegazione ce ne sarebbe un’altra: quella della lentezza congenita e strutturale, non di Bersani ma del Pd. Lentezza a decidere, scegliere. rischiare. La lentezza di chi non dice perchè non sa, se dice, quanti lo stanno a sentire o lo seguono davvero, anche dei suoi. La lentezza di chi convoca una riunione che immancabilmente si conclude convocando una riunione. L’insostenibile lentezza di un riformismo impaurito dalle riforme. Ma non può essere questa la spiegazione, l’unica credibile è che Bersani sia stato colto di sorpresa dall’elezione a segretario.

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