MILANO – Casaleggio è morto, il Movimento 5 stelle è tecnicamente morto, sentenzia Giuseppe Turani in questo articolo pubblicato anche su Uomini & Business col titolo “Fine a 5 stelle”.
Tutto quello che si poteva dire (di male) intorno a Roberto Casaleggio è stato detto, i funerali sono stati fatti. E quindi non rimane che discutere della sua creatura. Con una piccola premessa. Il creatore e l’organizzatore del Movimento era lui, non altri. Lui aveva avuto l’idea di una specie di partito avente come direzione una società per azioni commerciale (un unicum mondiale).
Lui, infine, con i ragazzi del suo staff (ignoti a tutti) gestiva il giorno per giorno. I vari siti sulla Rete, il cui scopo era soprattutto quello di diffondere bufale e di diffamare gli avversari. E poi cominciavano a emergere le varie grane con i consiglieri e i sindaci delle diverse realtà locali. Di tutto questo si occupava Casaleggio.
Praticamente Casaleggio era la segreteria nazionale di un partito, ma fatta da un uomo solo, con un po’ di aiutanti. Anche questo un caso unico al mondo.
E infatti il movimento soffriva proprio per mancanza di aria. A parte alcune visioni drammatiche (via dall’euro, tutti a piedi, tutti vegani, non ai vaccini), frutto di una sub-cultura che si trova solo in Rete, per il resto il Movimento non ha prodotto niente. Non un disegno di riforma di qualcosa (dalla scuola all’ordinamento dello Stato), non un’idea per l’economia. Per tutto valeva una sola coperta (come quella di Linus): l’onestà tornerà di moda. L’elaborazione politica del Movimento si è fermata qui. Casaleggio si è fermato qui. Bravissimo poi a inventarsi cose lontanissime: la terza guerra mondiale, la guerra atomica, il predominio della rete su qualsiasi altra cosa. E anche qui siamo nel regno della sub-cultura millenarista.
Ma Casaleggio, con il suo atteggiarsi a santone tibetano, lontano dal mondo, chiuso nel suo ufficio a meditare, era riuscito a dare una certa dignità a queste infinite sciocchezze. Sembravano cose serie. Come quella della democrazia diretta (via Rete) al posto della democrazia rappresentativa.
In sostanza, il Movimento non aveva niente: non aveva una linea politica, non aveva contenuti, non aveva una strategia. A parte il Vaffa e l’onestà tornerà di moda.
Ma aveva il suo santone, capace di fare miracoli.
La situazione nuova è che il santone tibetano non c’è più e non c’è nessuno che possa prendere il suo posto. Di Maio e Dibba sono solo due macchiette, il pregiudicato genovese aspetta solo il momento buono per tornare al suo antico mestiere, cioè il comico. Certo non ha nessuna voglia di stare lì a sedare le controversie fra i grillini di Ferrara o quelli di Ravenna. O peggio ancora, le controversie di Gela o di Taranto.
Il Movimento non ha mai avuto una vita interna organizzata. A tutto ha sempre pensato il santone dai suoi uffici milanesi. Nessuno di quelli rimasti ha idea di come si possa organizzare un partito. Nessuno ha abbastanza carisma per tenere insieme le diverse anime (fasciste, populiste, comuniste, demenziali) che animavano il mondo pentastellato.
In queste condizioni il Movimento è tecnicamente morto. Prenderà ancora un po’ di voti, tirerà avanti ancora un po’. Ma è già defunto.
E per le ragioni appena dette. Non ha mai avuto un’anima e una struttura. A entrambe le cose provvedeva Casaleggio. Ma lo abbiamo sepolto.