ROMA – Le Torri, Raiway, Mediaset, Berlusconi, Renzi, troppi tiggì, giù le mani dai tiggì, il decreto, no per carità il disegno di legge, la governance, le news. E’ un temerario Renzi: come si chiude un dossier difficile e doloroso (le riforme votate in un’aula semivuota), ne apre subito un altro, quello Rai. Strategia o follia, funziona così. Per andare comunque avanti. Certo non è un caso.
La cosa curiosa è che in questo caos Rai ognuno dice quello che vuole. E la racconta, anche, come vuole. Ieri per esempio: il Cda della Rai (in scadenza a maggio), approva, a maggioranza, il piano di riforma dell’informazione firmato dal dg Luigi Gubitosi (in scadenza anche lui a maggio). Il direttore generale esulta con parole di miele: “Dopo 35 anni finalmente si riesce a cambiare. Cade un muro invisibile, ma storico. E cambia l’informazione. Pensiamo che sarà migliore, più aggiornata, e ci riporta a uno standard internazionale adottato da tutti gli altri broadcaster”. In pratica vuole arrivare ad una redazione unica – con un unico direttore, si presume – invece che le sei attuali nel mito della Bbc. Ha votato il cda, quindi a posto così. Si cambia, come dice Gubitosi.
Ma neanche per idea. A meno di non immaginare un quasi colpo di stato. Perché infatti quel piano, dopo il Cda Rai, deve tornare in Parlamento, cioè in Vigilanza Rai, per un nuovo voto. La Rai è servizio pubblico. E col pubblico, cioè il Parlamento, deve fare i conti. Solo che la Vigilanza ha già “bocciato” il piano Gubitosi. E il 12 febbraio ha approvato un documento alternativo dal titolo importante: “Risoluzione sul progetto di riposizionamento dell’offerta informativa della Rai”. Non a caso il relatore, Pino Pisicchio (Misto), ha salutato così il voto del Cda e gli osanna di Gubitosi: “Apprendiamo che è stato approvato un piano di riforma dell’informazione televisiva. Attendiamo di capire dai vertici della Rai in che misura questo piano si è fatto carico della risoluzione approvata all’unanimità dalla Vigilanza”.
Cerchiamo di mettere un po’ di ordine. Lasciando da parte le torri televisive (che trasmettono il segnale), le partite in gioco in questo momento sono almeno tre: come organizzare il sistema informativo tagliando doppioni e risparmiando un po’; riformare il cda e relativi sistemi di nomina per toglierli alle mani dei partiti; in una parola riformare la legge Gasparri nell’arco però di pochi mesi che altrimenti il Cda viene rinnovato alla vecchia maniera, un posto per ciascuno ad ogni partito.
Il documento della Vigilanza
Il Cda dunque ha approvato ieri (26 febbraio, ndr) il piano Gubitosi. A favore cinque membri del board, mentre tre (centrodestra) hanno espresso voto contrario. Il documento prevede risparmi complessivi per 80-100 milioni di euro e la creazione di due newsroom: da un lato Tg1, Tg2 e Rai parlamento, dall’altro Tg3, Rainews24 e Tgr. Ora però le due newsroom contro le sei attuali (con relative redazioni) sono, come dice il Parlamento nel documento della Vigilanza, “il valore aggiunto della Rai”.
Spiega Pisicchio che del documento è stato relatore: “Dopo mesi di discussioni e audizioni il documento è stato approvato all’unanimità, Cinque stelle compresi. In quelle cinque pagine vincoliamo il Cda Rai a 17 punti che posso così sintetizzare. Prima di tutto si tratta di indicazioni non eludibili perché la Rai è servizio pubblico, come tale pagato dai cittadini i cui interessi devono essere tutelare. La griglia di impegni del documento parte dall’assunto che il servizio pubblico informativo, nella sua diversità, è l’eccellenza e anche il valore aggiunto, il patrimonio con valenza commerciale, della Rai. Ne consegue che se smonti il giocattolo, se si semplifica l’offerta informativa, la Rai perde valore. Infine – continua Pisicchio – il Cda Rai deve prendere cognizione del documento ed informarci come intende rispondere ai 17 punti spiegando in dettaglio come fare i tagli senza impoverire l’offerta e la qualità informativa”.
Concetti chiari, votati all’unanimità, che mal si conciliano, a colpo d’occhio, con il taglio netto e lineare previsto da Gubitosi. Insiste Pisicchio: “In poche parole Gubitosi deve venirci a spiegare come intende combinare le sue proposte con le nostre”. Potremmo aggiungere anche come il premier Renzi intende conciliare la sua idea di Rai come “polo trainante della cultura italiana” con un servizio informativo diversificato come quello attuale dove convivono Porta a porta con Report, Presa diretta, Che tempo che fa e via di questo passo. C’è uno studio europeo che valuta il peso delle news rispetto al valore complessivo del servizio pubblico. In Rai le news pesano per il 40 per cento del valore totale; nella BBC – il modello di riferimento di Gubitosi – per il 30 per cento e nella rete pubblica tedesca solo per il 25%. Insomma, il valore Rai deriva dalla varietà del suo sistema informativo. Quello che adesso si vorrebbe semplificare. Sarà, forse, tutto un po’ più chiaro il 4 marzo quando Gubitosi andrà in Vigilanza a spiegare come intende fare.
Decreto o disegno di legge? C’è una terza via
E’ il tormentone messo in giro non caso in questi giorni da Renzi e dal suo staff. La governance della Rai è in scadenza a maggio. Ammettendo anche qualche mese di proroga, come sarà nominato il nuovo Cda? Il nuovo direttore generale e il nuovo Presidente? Se saranno usati i vecchi criteri, quelli della Gasparri, sarà difficile fare i cambiamenti pretesi. E necessari. Va quindi cambiata la legge. “Con le buone o con le cattive” avverte lo staff renziano, “con disegno di legge o con decreto”. Ci ha già pensato il Presidente della Camera Laura Boldrini a spiegare a palazzo Chigi che non ci deve neppure provare. E si è mossa, in questo senso, anche la moral suasion del Qurinale: “Non ci sono i criteri di urgenza”.
E qui casca l’asino: se non si cambiano i criteri, difficilmente il piano Gubitosi potrà passare. A meno che non venga coniugato con la griglia delle prescrizioni indicate da Pisicchio.
La via migliore sembra essere la modifica della Gasparri solo nella parte che decide i criteri di nomina del Cda. Renzi, si sa, vuole semplificare (da 9 a 4) e ridurre, togliere, i poteri di veto dei partiti. In questo senso è arrivato ieri sera un assist prezioso da parte dei Cinque stelle. “Siamo pronti a dialogare con tutte le forze politiche presenti in Parlamento e con la maggioranza di governo” ha detto Roberto Fico, presidente della Commissione di Vigilanza. “Sulla governance però l’obiettivo comune deve essere chiaro: rendere la Rai indipendente dal potere partitico e governativo”. Il premier ha preso in parola l’apertura. E l’ha fatta sua: “Ascolterò molto volentieri Grillo sulla riforma della Rai”. A palazzo Chigi c’è una data già segnata: il 6 marzo potrebbe essere il giorno giusto per presentare il disegno di legge. Vedremo.
Totonomine
Intanto si è già scatenata la girandola di nomi. Mancano mesi, ne usciranno molti altri. Vale però la pena soffermarsi sul fatto che sulla stima di Renzi per Antonio Campo Dall’Orto, ex guru di Mtv, potrebbe far premio la moral suasion del Quirinale, e del presidente Mattarella, per Eleonora Andreatta, detta Tinny, alla guida di Rai Fiction. Per la presidenza sembrano tutti già d’accordo: Walter Veltroni.
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