Cassazione sfonda i tetti a pensioni pre 2007, anche Inpgi

Cassazione sfonda i tetti a pensioni pre 2007, anche Inpgi
La Corte di Cassazione ha sfondato i tetti alle pensioni pre 2007, l riforma Inpgi è fuori legge

ROMA – Pensioni tormentate. In attesa di una nuova pronuncia della Corte Costituzionale, la Corte di Cassazione lavora a pieno ritmo, sfornando una sentenza dopo l’altra. L’ultima è dell’8 settembre 2015, in cui si stabiliscono due principi fondamentali:

1. Non ci possono essere tetti alle pensioni maturate prima del 2007. Le pensioni maturate entro il 2007 sono intoccabili.

2. Soltanto le pensioni maturate dopo il 2007 possono essere riviste dai singoli enti previdenziali, anche se mi pare che alla Corte di Cassazione sia sfuggito il problema di uguaglianza di trattamento che si gioca sul prima e sul dopo 2007.

In ogni caso appare evidente in modo eclatante la illegale e illegittima riforma dell’Inpgi che ora va riscritta in tema di prelievi sulle pensioni in essere. Come ha scritto Andrea bassi sul Messaggero,

“il provvedimento non interesserà solo questa categoria di professionisti, perché quasi tutti gli enti previdenziali cosiddetti «privatizzati», quelli che pagano le pensioni ad avvocati, ingegneri, medici, giornalisti, hanno nei loro ordinamenti dei «massimali pensionabili»”.

Ecco la massima estratta dalla sentenza 17742 delle Sezioni unite civili  (presidente L. A. Rovelli, relatore G. Mammone):

Le Casse non possono adottare provvedimenti che impongono un massimale al trattamento, mentre per i trattamenti pensionistici maturati prima del 1° gennaio 2007 trova applicazione “rigorosa” il principio del pro rata. Per i trattamenti pensionistici maturati dal 1° gennaio 2007 in poi trova applicazione la norma la quale prevede che gli enti previdenziali suddetti emettano delibere dirette “all’equilibrio finanziario di lungo termine, avendo presente – e non più rispettando in modo assoluto – il principio del pro rata, tenendo conto dei criteri di gradualità e di equità tra generazioni. Prescrizione decennale in caso di richiesta di riliquidazione. La illegale e illegittima riforma dell’Inpgi ora va riscritta in tema di prelievi sulle pensioni in essere. Potrebbero essere sotto tiro soltanto gli assegni maturati dopo il 2007. Ma c’è un problema di uguaglianza di trattamento che si gioca sul prima e sul dopo 2007. Problema sfuggito alla Cassazione”.

Il caso che ha offerto alla Corte di Cassazione lo spunto per questa fondamentale sentenza è quello dell’istituto dei ragionieri e periti commerciali, che aveva posto un tetto di 82 mila euro annui alle pensioni erogate. La Corte ha stabiito che gli enti di previdenza privatizzati (dal dlgs 509/1994) , nel regime dettato dalla legge 8 agosto 1995 n. 335, non possono adottare provvedimenti.

Ad appellarsi alla Corte di Cassazione, ricorda Andrea Bassi, era stato un ragioniere al quale adesso, come ha stabilito la suprema Corte, andrà ricalcolata la pensione senza tener conto del massimale. Un esercizio che la Cassa dei ragionieri dovrà ripetere per tutti coloro che si trovano nella stessa situazione.

A) che impongano un massimale al trattamento pensionistico, trovando applicazione, per i trattamenti maturati prima del 1° gennaio 2007, il principio del pro rata, di cui alla formulazione originaria dell’art 3, comma 12, della stessa legge n. 335 del 1995, e, per i trattamenti maturati dopo tale data, i criteri introdotti dall’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, facendosi, tuttavia, salvi gli atti e le delibere in precedenza approvati da detti enti, come chiarito dall’art. 1, comma 488, della legge 27 dicembre 2013 n. 147.

B) che, per i trattamenti pensionistici maturati prima del 1° gennaio 2007, trova applicazione “rigorosa” il principio del pro rata.

C) che, per i trattamenti pensionistici maturati dal 1° gennaio 2007 in poi, trova applicazione la norma la quale prevede che gli enti previdenziali suddetti emettano delibere dirette “all’equilibrio finanziario di lungo termine, avendo presente – e non più rispettando in modo assoluto –il principio del pro rata, tenendo conto dei criteri di gradualità e di equità tra generazioni”.

D) Che il diritto al pagamento dei ratei delle prestazioni pensionistiche, oggetto di richiesta di riliquidazione, non si prescrive nel termine quinquennale, ma in quello decennale ordinario previsto dall’articolo 2946 del Codice civile.

Cosa vuole dire pro rata? In ambito previdenziale per principio del pro rata si intende la determinazione della pensione di vecchiaia utilizzando il metodo di calcolo misto ossia il metodo di calcolo retributivo fino ad una certa data ed il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita per le anzianità maturate successivamente, fino al momento del pensionamento. Per gli iscritti all’AGO gestita dall’INPS, il metodo è stato introdotto dalla Riforma Dini e successivamente reso universale dalla Riforma delle pensioni Fornero. (wikipedia).

La sezione lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24221/2014 confermata ora nei principi dalle Sezioni unite civili, interpreta il groviglio della normativa previdenziale dei professionisti, con un bilanciamento tra l’esigenza di tutela dei diritti maturati (definiti «maturato previdenziale») e l’altra esigenza di consentire alla casse di previdenza di mantenersi in equilibrio finanziario. La parola chiave di un vero e proprio tourbillon normativo e giurisprudenziale è l’espressione «pro-rata».

Con questa espressione si indica il principio per cui la pensione si calcola a pezzi, a seconda del «maturato previdenziale». Quindi se le regole pensionistiche cambiano, chi ha maturato un pezzo di pensione nella vigenza delle regole precedenti più favorevoli può portarsi dietro questa dote; e le nuove regole (peggiorative) si applicano solo per la parte di pensione maturata nel periodo posteriore alle modifiche. Quindi una rata si calcola con le regole vecchie più favorevoli e un’altra rata si calcola con le nuove regole piu’ sfavorevoli.

Alla sentenza della Corte di  Cassazione, riferisce ancora Andrea Bassi sempre sul Messaggero, se ne aggiunge un’altra del Tar del Lazio che

“ha dato ragione all’Epa, la Cassa dei chimici su un’altra cruciale questione. Il ministero del lavoro aveva imposto alla Cassa, come a tutte le altre, la regola di rivalutazione che valorizza i contributi in base alla media quinquennale del Pil, fissando una soglia minima a zero quando il Pil è negativo come negli ultimi cinque anni. La Cassa dei chimici aveva fissato un tasso di rivalutazione maggiore e il ministero del lavoro lo aveva bocciato. Adesso il Tar ha stabilito che la media quinquennale del Pil va considerata come una soglia minima, non fissa, e quindi l’Epap, ma a questo punto anche tutte le altre Casse previdenziali, sono libere di stabilire rivalutazioni superiori ai loro iscritti per assicurare un assegno maggiore quando lasceranno il lavoro”.

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