GENOVA – Don Giovanni Cereti, il prete che ha convinto il papa a aprire ai divorziati, a concedere loro il dono di poter fare la comunione, è un genovese di 83 anni, vive Roma da decenni, teologo fine e raffinato, ma anche determinato e volitivo che oggi è il Rettore della chiesa dei Genovesi, uno scrigno nel cuore di Trastevere. La sua, in favore non certo solo dei divorziati, ma più in generale di un concetto teologico diverso del peccato, del suo pentimento e del perdono, è una battaglia che dura almeno dal 1969.
In quell’anno Giovanni Cereti, allora sacerdote reduce da durissime missioni in Africa, scrisse un libro diventato già un best seller nel pontificato di papa Francesco: “Divorzio, nuove nozze e penitenza nella chiesa primitiva”. È stato questo libro, ripubblicato poi alla vigilia dello storico Sinodo dei vescovi, che papa Bergoglio ha aperto nell’ottobre 2014 e che si concluderà nell’ottobre del 2015 con decisioni rivoluzionarie, a togliere il sonno a Sua Santità. E a spingerlo, dopo una notte intera trascorsa a leggerlo, verso un’apertura che i cattolici divorziati aspettano da decenni e decenni.
Cereti è un sacerdote tanto affilato nei suoi studi teologici, quanto schivo nei modi e nelle apparenze. “Sono l’unico prete genovese che non è venuto a Roma per far carriera”, aveva raccontato a Blitzquotidiano, durante una sua lunga intervista nell’autunno del 2012, quando sembrava che il Vaticano non facesse che celebrare i successi gerarchici della Chiesa genovese: Tarcisio Bertone, ex cardinale arcivescovo nella “Superba”, segretario di Stato, il cardinale Mauro Piacenza, ex portavoce dello “storico” cardinale Giuseppe Siri, capo di una delle Congregazione più importanti, quella del Clero, il cardinale Domenico Calcagno, ex vescovo di Savona, con un ruolo chiave negli affari economici della Santa Sede, monsignor Marini gran cerimoniere del Papa… E last but not least il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei.
E infatti Giovanni Cereti ti accoglie con grande semplicità nella sua Abbazia e viene ad aprire il portone sul grande cortile, a due passi da quello che fu il porto sul Tevere di Roma, non ha fatto carriere, non ha scalato gerarchie e l’unico “grado” che ha conquistato è proprio quello di Abate in questa chiesa deliziosa, tanto cara ai genovesi di Roma.
Il suo pallino teologico è sempre stato di studiare a fondo la storia della Chiesa per risolvere teologicamente i grandi problemi che sono sempre stati posti ai battezzati, ai ministri stessi della chiesa, ai fedeli nell’evolversi dei tempi, dei costumi, della società umana nel corso dei millenni, da quando Pietro fu investito del suo immane compito: “Tu Pietro, su questa pietra fonderai la mia Chiesa”.
Alla storia sprofondata in questi millenni, a “questa” storia don Cereti si è sempre richiamato, andando a studiare proprio quella che viene definita la Chiesa Primitiva, dove il concetto di peccato corrisponde specularmente a un concetto di penitenza, forse diverso dai tempi moderni.
Lì, dentro gli antichi testi, Cereti ha trovato la strada per risolvere quello che oggi Francesco sta quasi per annunciare e che riguarda un po’ più generalmente la condizione dei divorziati, ma anche quella dei preti sposati e le nozze gay.
Se si tratta di una storica apertura che ha già lanciato severissime discussioni tra i vescovi e in tutto il mondo cattolico laico e religioso, essa arriva proprio dagli studi di Cereti, che un “cannone” teologico del calibro del cardinale Walter Kasper, uno dei grandi prelati riformisti di questo millennio e di quello precedente, ha raccolto e portato nelle mani del papa.
Si racconta che sia andata proprio così: il libro di Cereti sul matrimonio e sul problema dei divoziati è stato portato nel Collegio di Santa Marta nelle mani del papa proprio dall’eminenza tedesca, che vi ha messo sopra tutta la sua grande scienza teologica e il suo prestigio indiscutibile.
Nessun peccato è così grave da non poter essere perdonato da Dio: così è sempre stato e la Chiesa primitiva, quella del primo millennio, da questo principio partiva, ad esempio, per consentire il permesso di un secondo matrimonio a chi aveva rotto il primo. La dottrina di quella “Grande Chiesa” era stata di ammettere un perdono connesso ad alcuni peccati che suscitavano una capacità di rimessione diversa. Oggi che papa Francesco sta per varare la rivoluzione potremmo dire che quella rimessione era e sta per diventare più “piena”.
La capacità dimostrata dal prete teologo genovese Giovanni Cereti è nel corso di tutti questi anni quella di essere stato insistente, testardo, deciso, con la sicurezza di chi ha trovato radici profonde nelle proprie convinzioni, scovando nelle carte del Concilio di Nicea, per esempio, il perdono concesso ai scismatici novazionisti: una apertura che consentiva altri tipi di perdono, come quello agli sposati tenuti lontano dai sacramenti per il divorzio, la separazione, la rottura delle prime nozze.
Questa intuizione a cercare una strada di perdono o, come si dice oggi, di conciliazione, Cereti l’aveva avuta nei primi anni del suo ministero, come ha raccontato con dovizia di esempi a Blitzquotidiano nella sua prima intervista.
Allora gli era capitato di essere spedito, da giovane curato, in parrocchie genovesi di periferia, dove aveva sperimentato i casi di coppie con figli, che non avevano mai potuto regolarizzare la loro posizione e che di fatto erano rimaste fuori dalla Chiesa per l’impossibilità di comunicarsi. Erano divorziati, come quella signora che dopo un matrimonio-lampo aveva trovato un nuovo compagno e si era costruita una vita con figli e dopo 25 anni, incontrando il giovane sacerdote, gli aveva confessato il suo grande disagio. “Si sentiva come un cane bastonato per quella impossibilità di avvicinarsi alla Comunione e per quella sensazione di non potere essere perdonata per un errore giovanile, al quale si era sovrapposta una vita intera….”, aveva raccontato Cereti.
Oggi Cereti non è cambiato, ha ottantatrè anni e una lunga vita nella Chiesa, dove spesso è stato tenuto a distanza dai vertici proprio per quegli studi, quei libri spesso censurati, quasi messi al bando, quelle prese di posizioni di riforma, di apertura, lontane dalla linea tradizionale. Sorride sereno anche quando gli chiedi se ha incontrato il Papa, se ha potuto parlargli personalmente della sua convinzione così a lungo studiata, approfondita e se ora prova almeno un senso di rivalsa per essere stato tenuto tanto a lungo “in castigo” dalla Chiesa ufficiale.
No, Cereti il Papa non lo ha ancora incontrato. Quel libro che, comunque, cambierà una parte della storia moderna della Chiesa e aprirà un portone chiuso per secoli e secoli, è arrivato a Francesco indirettamente, ma questo non vuole dire nulla per il prete genovese, che ha lavorato duramente, non certo in silenzio, perchè i libri spesso “urlano” anche le verità che scottano e che cambiano la dottrina e certi suoi pilastri.