ROMA – “Quando il cronista Morselli vedeva il futuro delle città”, questo l’articolo di Gennaro Malgieri per Libero:
Guido Morselli (1912- 1973), è stato il «caso letterario» per eccellenza del Novecento. La sua postuma e strepitosa fortuna, propiziata dalla «scoperta » di Roberto Calasso, ebbe inizio alla metà degli anni Settanta quando i suoi romanzi, precedentemente respinti da fior di editori, furono pubblicati da Adelphi uno dopo l’altro:Roma senza papa, Contro-passato prossimo, Il comunista, Dissipatio H.G. ed altri. Ci venne restituito così uno scrittore destinato suo malgrado a restare confinato nel limbo dell’irrilevanza. Il suo complesso universo narrativo, oggi, a quarant’anni dalla scomparsa, risulta risulta di una sorprendente attualità in ragione di un sentimento «antimoderno » enfatizzato negli interventi giornalistici soprattutto, adesso raccolti da Alessandro Gaudio e Linda Terziroli nel volume Una rivolta e altri scritti (1932-1966) per l’editore Bietti (pp.342, 24 euro).
Morselli, con lucidità e preveggenza, scorgeva i sintomi del declino della civiltà nello strisciante totalitarismo »macchinista » e tecnologico che andava imponendosi. I due studiosi che hanno tratto dall’oblio testi di folgorante bellezza stilistica e densi di suggestioni anticonformiste nel tempo in cui il pensiero anticonformista è riottosamente negato, hanno aperto, riproponendo gli scritti morselliani d’occasione, le porte alla comprensione di un autentico critico della «civilizzazione» in senso spengleriano, il suo antimodernismo ed anti-ideologismo risaltano, infatti, come motivi conduttori di una visione del mondo e della vita che, trasfigurata poi nei romanzi, assume i connotati di una vera e propria tendenza culturale ispiratrice della critica alla modernità ed alla rivalutazione dei valori spirituali. Molti degli articoli e dei brevi saggi, sono improntanti ad un ecologismo ante litteram unito alla condanna dell’onnipotenza della tecnica destinata a condizionare le nostre esistenze fin nella trasformazione delle città e nella riduzione degli spazi verdi per far luogo a casermoni nei quali la condizione umana sarebbe stata ridotta ad un alveare. Se si considera che lo scrittore interveniva su questi temi nell’immediato dopoguerra, non si può che restare ammirati dal suo spirito intuitivo e critico. Anticipatore e »rivoluzionario » a suo modo, Morselli nella sua «valigia dei sogni», per dirla con la Terziroli (vera e propria «custode» dell’eredità intellettuale morselliana) ci mette tante cose destinate a confluire in un universo organico, per quanto eclettico, che vanno dalla critica alle ideologie alle riflessioni sul colonialismo, dalle recensioni ai profili di intellettuali irregolari come Barthes e Spirito. Perfino la rinascita di un giornale come La Prealpina, al quale avrebbe collaborato, diventa per Morselli un evento degno di essere descritto come un racconto perché «il giornale – opera intelligente e umana come nessun’altra opera dell’ingegno e del braccio – vi rappresenta e vi esprime». Questi scritti rivelano la vocazione giornalistica di Morselli mallevadrice del saggista-narratore, come ha rilevato Gaudio. È probabile che a qualcuno sembreranno eccentriche le pagine raccolte nella silloge, ma certamente non potrà che convenire sulla loro straordinaria visionarietà legata ad un sentimento della vita che, con diverso stile, lo scrittore maturo avrebbe dispiegato al meglio nelle opere che lo hanno reso famoso. Gli articoli riproposti accendono nuovamente l’interesse sul Morselli «inattuale» il cui postumo laboratorio è una miniera dalla quale attingere per reagire consapevolmente alla decadenza. Non è poco in tempi di mediocrità letteraria edancor più di disimpegno intellettuale dall’analisi dei guasti profondi operati dalla modernità.