ROMA – Magari non sarà una nuova legge bavaglio, ma potrebbe comunque rivelarsi una legge bavagliolo, e contribuire comunque a peggiorare ulteriormente l’esercizio del diritto di cronaca, per altro un diritto che non ha mai entusiasmato le classi dominanti, a qualsiasi latitudine e di qualsiasi natura e colore.
Ci riferiamo alla nuova legge sulla diffamazione che, dopo l’approvazione da parte della Camera dei deputati, è ora all’esame del Senato. Negli anni scorsi, regnante Berlusconi, simili provvedimenti erano seguiti con grande attenzione dalla stampa, dalle opposizioni, dalle principali associazioni dei giornalisti. Questa volta, al contrario, un silenzio soffice ed avvolgente sembra circondare la discussione, quasi come se non si volesse disturbare il manovratore, magari per non incorrere in guai peggiori.
Eppure, proprio su Blitz, Pino Nicotri, un giornalista serio e documentato, ha dimostrato quali e quanti siano i punti di rischio ancora presenti nel testo della legge.
L’eliminazione del carcere per i cronisti, per altro espressamente richiesta dalla istituzioni europee, non può diventare lo schermo dietro il quale proiettare ben altri film.
Il relatore del provvedimento Felice Casson sta ricercando un delicato equilibrio tra i valori racchiusi nell’articolo 21 della Costituzione e il diritto di ogni persona a veder rispettata la propria dignitá ed onorabilità.
Gli emendamenti presentati, invece, vanno quasi tutti nella direzione dell’inasprimento delle pene e delle sanzioni pecuniarie,con l’introduzione di compensazioni destinate a scoraggiare il giornalismo d’inchiesta, soprattutto nelle realtà più difficili e nelle esperienze editoriali che non abbiano alle spalle banchieri, finanzieri, costruttori e cementieri.
Come se non bastasse i siti editoriali dovrebbero essere equiparati, in materia di rettifica e di sanzioni, alle emittenti radiotelevisive, ignorando l’assoluta diversità dei processi organizzativi, produttivi, e delle stesse modalità di controllo dei continui aggiornamenti e persino dei commenti degli utenti a ciascun pezzo.
Il giudizio critico è aggravato, anche e forse soprattutto, da quello che non si trova più nel testo a partire dalla mancanza di un qualsiasi efficace riferimento alle cosiddette “Querele temerarie”.
Il querelante temerario è colui che usa lo strumento giudiziario non solo e non tanto per difendere la sua immagine violata, ma anche e soprattutto per intimidire e scoraggiare il cronista rompiscatole che decide di mettere il naso in uno dei tanti luoghi del malaffare nazionale e locale.
A questo punto scatta, spesso anche in modo preventivo, la richiesta di risarcimenti milionari, la minaccia di sequestro, l’intimidazione ripetuta. La stragrande maggioranza di queste denunce viene archiviata, ma nulla accade al temerario, che, alla occasione successiva, reciterà lo stesso copione.
Per questa ragione era stato proposto, in primo luogo dalla Fnsi e dalla Unione cronisti, di introdurre una sorta di pena del contrappasso che avrebbe costretto il ” Temerario” a pagare, in caso di archiviazione, una multa proporzionale al risarcimento richiesto. Nonostante impegni e promesse questo emendamento, già bocciato alla Camera, rischia di fare la stessa fine anche al Senato.
Per queste ragioni, anche noi di Articolo 21, raccogliamo l’appello lanciato da Blitz a non abbassare la guardia e a riprendere una campagna per illuminare a giorno l’Iter di una legge che, allo stato attuale, non corrisponde alle ragioni e alle proposte che avevano animato un ampio e generoso fronte di impegno politico, civile,sindacale.
Sarà il caso di riprendere l’iniziativa, anche per non dare la spiacevole sensazione che lo spirito critico sia una virtú da esercitare solo quando si tratta di “Governi nemici”.
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