La Corte europea di Giustizia, che per altro ha pronunciato sentenze di assoluto rilievo a favore della libertà di informazione, ha invitato i motori di ricerca a rimuovere quei contenuti che possano ledere il “diritto all’oblio” di ogni cittadino.
In altre parole ha riconosciuto il diritto di ciascuno a non vedere ricomparire in rete il suo passato, anche e soprattutto, quando la persona si è ricostruita una vita, ha preso le distanze dell’evento rievocato ed ha persino la necessità di vedere protetta una vita faticosamente ricostruita.
Non si tratta di un tema banale, tanto meno affrontabile a colpi di accetta o di reciproche invettive tra i sostenitori del diritto all’oblio e chi teme per il diritto alla informazione, che deve fondarsi anche sul dovere della memoria e sulla possibilita di offrire ai lettori non solo un testo, ma anche il contesto di ogni evento.
Si tratta di un equilibrio difficile da raggiungere e che vivrá sempre momenti di irrisolta tensione.
Probabilmente sarà la stessa Corte a dover tornare sul tema, anche perché la BBC ha deciso di pubblicare sul suo sito l’elenco degli articoli che saranno rimossi da Google su richiesta motivata degli utenti.
Che la situazione sia paradossale lo dimostra il fatto che Google ha rimosso già alcuni testi, la BBC li ha pubblicati e Google li ospita, ovviamente sul sito della BBC.
I dirigenti della emittente pubblica inglese hanno rivendicato il diritto a mantenere l’integrità del proprio archivio e a fornire un servizio completo ai loro utenti, ritienendo prevalente il diritto ad informare e ad essere informati rispetto al diritto all’oblio.
La loro decisione ha avuto il merito di riaprire una discussione pubblica e di impedire qualsiasi automatismo tra la sentenza, la richiesta di un singolo e la cancellazione di un testo.
Questo, ovviamente, dovrebbe costringere editori e giornalisti, con o senza tesserino professionale, a verificare di piú e meglio ogni notizia, a ripristinare una dignità lesa senza bisogno di giudici e sanzioni, a rispettare il diritto all’oblio quando non si tratta di informazioni di ” pubblica utilitá e manifesta rilevanza sociale”, per citare altre sentenze della medesima Corte europea.
Non risponde in modo sostanziale, invece, alle sentenze europee la legge sulla diffamazione approvata dalla Camera dei deputati in terza lettura.
Nonostante l’impegno del relatore Verini e l’abrogazione del carcere, resta irrisolta la questione delle liti temerarie.Vedrà il guidice, in caso di querele palesemente intimidatorie, se, quando e quanto chiedere al ” Temerario”.
Il testo è persino piú debole di quello che il relatore medesimo aveva proposto e che prevedeva l’obbligo di sanzionare il molestatore con una multa oscillante tra il 10 e il 50% della somma richiesta a editore e cronista.
Si aggiunga a questo la decisione di far tenere i processi nel luogo di residenza del querelante, e in caso di denunce plurime, editori, cronisti e avvocati dovrebbero fare il giro di Italia con relative spese.
Si tratta di un altro modo, piú sottile ed insidioso, per arrivare alla chiusura di decine e decine di esperienze editoriali, di siti e di blog, che non potranno sostenere la trafila e le spese conseguenti.
Il segretario della Fnsi, Raffaele Lo Russo, come il suo predecessore Franco Siddi, ha espresso tutta la sua preoccupazione e ha chiesto al presidente del Senato Pietro Grasso di seguire personalmente l’ultimo tratto del cammino della legge.
Sarà il caso di compiere ogni sforzo per ottenere almeno queste modifiche, altrimenti presto, molto presto, si scoprirà che il carcere sarà pure stato abrogato, ma che le ” manette” continueranno a imprigionare chi avrà ancora voglia di illuminare oscurità, malaffare e mafie.