ROMA – Non sarò così ipocrita da scrivere che non conosco i vari Mario Orfeo, Giancarlo Leone, Andrea Vianello, autorevoli candidati alle direzioni del tg 1, di Rai 1, di Rai 3. Non solo li conosco, ma ho con loro un antico rapporto di frequentazione e dialogo.
Se dovessi piegarmi allo spirito dei tempi dovrei solo congratularmi con i nominati e sperare di guadagnare “qualche secondo” in più sugli schermi della Rai. Eppure il metodo sin qui seguito dal nuovo gruppo dirigente della assomiglia moltissimo agli schemi del passato.
Le nomine non sono state precedute da una pubblica discussione sui curricula professionali. Candidate e candidati di valore non sono stati neppure prese in considerazioni per ragioni squisitamente politiche. Dirigenti sorpresi a trafficare con l’azienda concorrente, quella di Berlusconi, siedono al loro posto, anzi godono di grande consenso e rinnovata stima.
Evidentemente gli sponsor di ieri sono parenti di quelli di oggi, sia quelli palesi, sia quelli incappucciati che continuano a mettere becco in affari che non dovrebbero riguardarli. Restano oscure le ragioni per le quali si interviene su alcune strutture, ma si tralasciano altre: dalla radiofonia alla testata per la informazione regionale, e guarda caso, non si da seguito alcuno all’annunciato progetto di potenziare Rai News e di confermare il mandato al direttore Mineo.
Evidentemente pesa, eccome se pesa, la presenza dentro il consiglio di una squadra compatta e coesa in rappresentanza del partito del conflitto di interessi, l’unico partito azienda restato in piedi nel settore delle comunicazioni. Al di là del giudizio sui singoli (alcuni dei quali sono professionisti solidi e di lunga esperienza), resta la sgradevole impressione di un metodo vecchio, e di una sostanziale subalternità al governo in carica e al progetto politico neo centrista, quelli della Agenda Monti senza se è senza ma.
Naturalmente ci auguriamo di essere smentiti, di poter rettificare il giudizio, di poter apprezzare una sostanziale rottura con i metodi del passato, ma almeno in questa prima fase, il vecchio ha decisamente afferrato il vivo per i piedi trascinandolo sotto il pavimento di viale Mazzini.
Del resto sino a quando resterà in vigore la legge Gasparri e il diritto di nomina, spetterà in esclusiva ai partiti e al governo in carica il potere di veto e di ricatto resterà altissimo. Tra governi tecnici e governi politici, in questo campo, non si sono registrate apprezzabili novità, alla faccia del coro politico e mediatico che continua a suonare il piffero ogni qual volta “la nuova Rai che ancora non c’è” annuncia nomine e progetti.
Se le stesse cose fossero state fatte o annunciate da Berlusconi si sarebbe scatenato un inferno.
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