ROMA- E’ il sei di settembre, tre giorni al B-Day: il giorno di Berlusconi. tre giorni alla riunione della giunta per le elezioni al Senato, quella che deve discutere e votare se, come e quando Berlusconi “decade” da senatore in quanto condannato con tripla sentenza per frode fiscale. Tre giorni al B-Day, anche se in realtà è molto probabile che il nove di settembre non accada nulla di concreto e molto invece vi sia di teatro, sceneggiata e televisione. magari, il vero B-Day, quello in cui Silvio Berlusconi sarà espulso a norma di legge dal Senato, ma non per questo smetterà di fare politica, o quello in cui Berlusconi farà cadere il governo per rappresaglia preventiva, magari il vero B-Day sarà un altro. Tre giorni comunque al B-Day e il sei di settembre Il Sole 24 Ore a pagina 10 spiattella elenco dei danni immediati e tangibili da crisi di governo qui e ora.
Cade il governo e si paga, si paga tutti, la seconda rata dell’Imu, quella di dicembre, del 16 dicembre per l’esattezza. E’ stata abolita la prima, sulla seconda c’è solo “l’impegno politico” del governo. No governo, no impegno e quindi si paga la seconda rata dell’Imu sulla prima casa.
Cade il governo e dal primo di ottobre l’aliquota massima dell’Iva che è dl 21% diventa subito del 22%. Automatico, inevitabile. Anche qui impegno politico a non far scattare l’aumento. Anche qui no governo, no impegno, sì tassa.
Cade il governo e da subito finiscono i soldi per la Cassa integrazione straordinaria. Anzi, sono già finiti. Perché la crisi delle aziende è forte e cattiva e anche perché qua e là ci sono “abusi” (abusi pè la dizione ufficiale) nella concessione della Cig. No governo, no soldi.
Cade il governo e chi la fa poi la “legge di stabilità”? Già chi la fa entro il 15 ottobre la legge di “stabilità” finanziaria se il governo non sta in piedi e il Parlamento traballa? Si chiama proprio di stabilità la legge da fare e forse mai appellativo fu più ambizioso e stridente con la realtà.
Cade il governo e sono un sacco di guai mostra e dimostra il quotidiano di Confindustria. E non solo Il Sole, i conti son quelli: cade il governo e ci si rimette almeno in denaro.
Però in altre cronache, quelle politiche, dello stesso sei di settembre, si racconta che Berlusconi tra il pomeriggio e la sera del giorno precedente avrebbe deciso (deciso è parola grossa) di non farlo cadere il governo. Al mattino lo voleva far cadere, il pomeriggio no, la sera nemmeno, sulla notte di Berlusconi nessuno scommette. Anzi, qualcuno, qualcuno d’importante c’è che scommette su Berlusconi. E’ Giorgio Napolitano, il presidente della Repubblica che pubblicamente e ufficialmente fa sapere di “confidare” sul fatto che Berlusconi voglia tenere in piedi il governo come peraltro più volte dichiarato e garantito dallo stesso Berlusconi. Napolitano “confida” e confidare in Berlusconi significa, ontologicamente significa, scommettere. Scommettere su Berlusconi. Che è un po’ come giocare al rosso e nero sul tavolo della roulette: possibilità 50 per cento.
Si scommette, pardon si “confida” che Berlusconi voglia tutelare l’economia italiana, il bilancio pubblico, la legge di stabilità, la percezione mondiale di un paese governabile o meno. Si scommette, si confida che Berlusconi voglia in una parola tutelare la Repubblica.
Può darsi, come al rosso e nero…Però lo stesso giorno, lo stesso sei settembre, altre cronache, quelle giudiziarie, informano che dal 1974 al 1992 Silvio Berlusconi, mediante Marcello Dell’Utri, scelse di farsi tutelare da Stefano Bontade e Mimmo Teresi, insomma dalla mafia. Una riunione a quattro “definitivamente acclarata” scrivono il Corriere della Sera e soprattutto la Corte d’Appello di palermo nelle motivazioni della sentenza di condanna a Dell’Utri, condanna a sette anni per “Concorso esterno in associazione mafiosa”. Cinquecento pagine di motivazioni in cui si legge di “patto che legherà Berlusconi e Dell’Utri a Cosa Nostra fino al 1992”. Patto per cosa, che ci guadagnava Berlusconi? “Protezione personale”. E che ci guadagnava Cosa Nostra? “Esborso di somme di denaro che Berlusconi pagava tramite Dell’Utri”. Il patto di protezione in cambio di soldi continua anche quando la guida di Cosa Nostra passa a Totò Riina, anzi questi raddoppia la tariffa.
Berlusconi paga e lo fa fino a che l’indagine lo segue seguendo Dell’Utri, fino al 1992 appunto, anno dell’ultimo pagamento accertato. Paga da uomo ricco messo sotto osservazione dalla mafia, paga per tutelarsi “mai sfiorato dal proposito di rimedi istituzionali” dice ancora la Corte d’Appello. Cioè a Berlusconi non viene mai in mente di tutelarsi chiamando e ricorrendo allo Stato, ai carabinieri, alla magistratura, insomma alla Repubblica italiana. Lui sceglie di farsi tutelare da altra autorità, altro potere. Scelta lunga decenni. Berlusconi che si fece tutelare dalla mafia tutelerà oggi la Repubblica? Certo, è una bella “confidata”.
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