ROMA – L’ha detto una, due, cinque e dieci volte, anche per i duri d’orecchio e di comprendonio: lui ed M5S vanno alle elezioni europee del 25 maggio per vincere. Appena un po’ meno chiaro Beppe Grillo è stato ed è tuttora su cosa voglia numericamente dire “vincere”. Dov’è la vittoria? Un voto sopra quelli presi dal Pd lo stesso giorno? Qualche parlamentare M5S si è spinto a indicare che lì, lassù in alto, è la vittoria. Lo ha fatto per primo Roberto Fico, altri parlamentari a cinque stelle gli sono andati dietro. Comunque, vittoria in mano, “Napolitano dovrà sciogliere le Camere e noi andremo al governo”. Qui è Grillo in persona che parla, fresco di ultimo comizio e appello. Per la terza volta di fila rinforzati dal: “Se stavolta non vinciamo, vado a casa. E non lo dico per scherzo”.
Vincere le europee battendo il Pd: M5S e Grillo parlano chiaro e ci danno dentro in campagna elettorale. Con un mesetto e mezzo di ritardo anche gli “osservatori, studiosi ed esperti” si stanno accorgendo che il 25 maggio è partita a due: o Renzi o Grillo. Se Renzi convince, allora vince. E Grillo va in debito di ossigeno politico prima e di consenso poi. Se Grillo convince, vince. E il primo a soffocare, ad andare in insostenibile apnea è Renzi. Era evidente dal primo giorno successivo alla nomina di Renzi presidente del Consiglio che il 25 maggio due opzioni di voto avrebbero contato e pesato molto più delle altre e che il voto sarà calamitato soprattutto da loro: o Grillo o Renzi, o Renzi o Grillo. Evidente non per tutti, non era obbligato a notare questa evidenza il cittadino comune, ma gli “esperti, osservatori e studiosi…” ci arrivano un mesetto e mezzo dopo. Passi il ritardo, passi di meno la vernice di rivelazione e scoperta niente meno con cui annunciano il noto e l’ovvio.
Vincere le europee battendo il Pd che oggi Berlusconi c’è ma non conta. Questo Beppe Grillo l’ha capito subito. E subito l’ha capito Renzi. Entrambi si comportano di conseguenza. Non l’hanno capito o fanno finta di non capirlo D’Alema, Cuperlo, Bersani, Fassina, Camusso…un bel po’ di Pd e quasi tutta la Cgil. Ma di questo a tra qualche riga. Che vuol dire battere il Pd alle europee? Che vuol dire proclamare questo il traguardo, il traguardo a portata di mano quando i sondaggi assegnano dagli otto ai dodici punti in percentuale di vantaggio al Pd rispetto ad M5S?
Vuol dire solo ottimismo, grandissima fiducia nei giorni che mancano al 25 maggio? No, testimonia di qualcosa di più, di molto di più. Quella di Grillo è una “profezia insurrezionale”. Non stupisca, il genere è abbastanza frequentato in Italia, frequentato da prima che M5S nascesse, è un genere, anzi un gene ben dentro l’idea di cittadinanza che società civile incivile nutrano e curano.
Profezia insurrezionale perché quando poi-ipotizziamo sulla base del plausibile- il Pd dovesse il 25 maggio calcolare il suo 31 per cento di voti e M5S contare il suo 22 per cento, allora si potrà stupire, trasecolare e pensare, argomentare, magari bloggare che qualcosa non va, che gatta ci cova, che la vittoria è stata scippata. Scippata da chi? Ma che domanda…dai poteri oscuri. Come fai a non vederlo, era in ballo il governo, Grillo l’aveva detto, lo sapeva…
Grillo che non ha né il copyright né la primazia della profezia insurrezionale, Grillo segue una tradizione. Ad ogni elezione che non ha vinto sempre Silvio Berlusconi ha gridato ai “brogli elettorali”. Al punto che l’Italia è da anni e anni un ben comico paese: il capo di chi ha perso le elezioni denuncia elezioni truccate e tutti dicono, sì, va bene, lui fa così, non è cosa seria. Altrove nel mondo succederebbe l’ira di dio se lo sconfitto chiamasse a negare e rifiutare il risultato delle urne, da noi è quasi la regola, usa così, Grillo si adegua. Un vizio davvero nazionale: quante volte a sinistra la sconfitta elettorale è stata negata e attribuita alla compra-vendita (altrui) dei voti, alla qualità “non democratica” dei consensi altrui? C’è un che di istintivo quanto inconscio insurrezionale in tutte queste posizioni, c’è il recedere dalla convenzione fondante delle democrazie: il risultato elettorale quale che sia si accetta altrimenti è guerra tra bande e di fatto reciproca belligeranza civile.
Stavolta tocca a Grillo la profezia insurrezionale. Nel frattempo l’antagonista, Renzi, ha il problema detto di stampa delle “due sinistre”. Due e anche più di due a voler essere precisi. Per chi vota un cittadino se oggi vota Pd? Vota per chi considera tre anni filati di contratto di lavoro a tempo, tre anni di salario senza interruzioni un miglioramento della condizione di precario a sei mesi-singhiozzo- altri tre mesi e poi stop o per chi considera i tre anni di contratto filati e precari un regalo ai padroni? Vota per chi considera alzare il salario dei lavoratori dipendenti la prima cosa da fare e quella che da venti anni non fanno i sindacati e i partiti o per chi considera quegli 80 euro netti al mese un paravento dietro il quale si smontano i diritti acquisiti dei lavoratori? Vota per chi vuole smontare la pratica acquisita secondo cui i vertici della Pubblica Amministrazione si regalano belle retribuzioni a prescindere o per chi non vuole si faccia “di tutt’erba un fascio” e soprattutto non si dia in testa alle società partecipate da Regioni e Comuni? Nel Pd c’è l’una e l’altra cosa, per chi si vota se il 25 maggio si vota Pd?
Un esempio, tratto dalla cronaca: c’è un Pd a Roma che vuole un bilancio comunale con tutte le tasse che occorrono per finanziare la “spesa sociale” così com’è. E che nella “spesa sociale” comprende il salario accessorio delle migliaia e migliaia di dipendenti comunali e la possibilità di spesa che la politica locale ha. E c’è un Pd che le tasse a Roma, le più alte d’Italia a livello locale, vorrebbe cominciare ad abbassarle, magari chiudendo qualche partecipata e liquidando qualche diritto acquisito. Non sono due “correnti” nel partito, a Roma e in tutto il paese. Sono diversi e contrastanti interessi sociali: il pubblico impiego o i giovani precari? Il sindacato che presiede e presidia assunzioni, promozioni, salari, turni, rotazioni e anche manager o il sindacato che contratta e ottiene più busta paga mentre perde “governo” del mercato del lavoro?
Due sinistre: di una fino a ieri minoritaria si è messo a capo Renzi. Messo a capo del Pd e poi del governo soprattutto dai ripetuti fallimenti dell’altra sinistra quando le è toccato fare partito e governo. Renzi che trascina, tiene a guinzaglio, guinzaglio che ogni tanto stringe, l’altra sinistra. La costringe a marciare in ceppi o quasi: il “ceppo” più stringente è che ogni voto al Pd il 25 maggio sarà conteggiato come voto per Renzi. Che fai altra sinistra, che fai non voti? L’altra sinistra, quella dei Fassina, D’Alema, Cuperlo, Bersani, Camusso…vive Renzi come esproprio ed usurpazione. E non sono fatti personali o beghe di partito, sono interessi sociali diversi e spesso divergenti. L’altra sinistra aspetta che Renzi inciampi, aspetta il momento buono per rifilargli calcio mentre sta cadendo. Appena potranno faranno a Renzi il dispetto del marito che si evira per castigare la moglie. Non il 25 maggio, ma appena potranno, se potranno.
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