ROMA – Contagio Rai al Senato, si diffonde e spande la sindrome dell’Ego obeso. I sintomi sono inequivocabili, come certo e non confondibile è l’habitat dell’infezione. Abuso di corridoio e di manovre di corridoio. Uso smodato di riunioni e telefonate. Condizionamento psico motorio tra pensieri e parole proprie e quelle di partiti politici veri, spesso però anche immaginari. Fauna endemica ed assolutamente originale: come i marsupiali in Australia e i lemuri in Madagascar. Stanno solo là. E solo là, in Rai, stanno gli umani che hanno subito la mutazione/evoluzione che li porta a vedere partiti politici insediati in ogni pianta di Viale Mazzini, in ogni tavolino di mensa o scrivania di Saxa Rubra. Fino all’esito finale del morbo, la vera e conclamata sindrome, quella per cui il soggetto elabora “Il partito sono io”. In altri termini, in termini clinici, la sindrome dell’Ego obeso.
Taluni clinici sostengono occorra essere predisposti per contrarre l’infezione. In effetti Augusto Minzolini, ex direttore del Tg1, oggi senatore di Forza Italia, orgogliosamente “falco” berlusconiano, una predisposizione la lasciava intravedere. Quando faceva il cronista politico di successo e di scoop mostrava appunto la predisposizione. Era talmente attento, esperto e informato sui movimenti del formicaio da essersi convinto che il formicaio era tutto il giardino, anzi tutta la città, anzi la nazione, anzi il mondo. Formica alacre e scaltra che però se una goccia d’acqua cadeva sul formicaio era portato a pensare fosse tsunami sul pianeta. L’ascolto costante e alquanto ossessivo-compulsivo delle parole dei politici induceva Minzolini a fare ottima cronaca della politica parlata. E tanta, troppa e pericolosa confusione tra la politica parlata e, niente meno, che la politica tutta e infine la storia. L’Ego, di conseguenza, cominciava a ingrassare.
Poi qualcuno gli disse che era la punta di diamante, il ferro di lancia, la penna più tosta e più lunga. Gli venne dato il Tg1 e il ruolo di “duro” dello schieramento. E Minzolini si innamorò di se stesso. Accadde soprattutto mentre era in Rai. La Rai gli insegnava che ogni mossa ha la contro mossa, ogni riunione e delibera la sua contro riunione e impugnativa. E soprattutto la Rai gli impartì somma lezione di sindacalismo istituzionale? Cioè? Cioè l’arte di farsi i fatti propri dichiarando di battersi per il somma interesse delle istituzioni. Ne farà tesoro Minzolini sia nelle sue vicende privato-pubbliche dopo la sostituzione al Tg1, ne sta facendo tesoro oggi che è senatore.
Corradino Mineo, ex direttore Rai News, ora senatore “civatiano” (qualunque cosa voglia dire) del Pd nell’habitat Rai ha vissuto molto più a lungo di Minzolini. Decenni nella Rai e per di più “democratica e di sinistra”. Quella dove il supremo valore politico è non decidere mai e chi decide è un fascista. Quella dove l’eterno confronto è anche il miglior ristoro del dirigente e del dipendente. Quella del “anche se sono qui perché mi ci ha messo il mio partito, adesso che ci sono gliela faccio vedere io al mio partito”. Mica solo Mineo, quasi tutta la Rai “democratica e di sinistra” è così. In più nella Rai democratica e di sinistra sono tutti maestri di politica. Ne hanno da insegnare in tattica e strategia. Alla Rai infatti se vuoi sopravvivere o anche semplicemente chiacchierare davanti al caffè devi affettare e sorseggiare politica. Magari quella della Rai, sempre. Facendo però sempre mostra di occuparti di quella nazionale, anzi “della sinistra”. Con questa ginnastica, diversa invero da quella minzoliniana, l’Ego si ingrassa, mette rotoli.
E’ la Rai quel luogo dove piccoli uomini si possono sentire e immaginare grandi strateghi. E dove uomini normali si possono sentire e immaginare finissimi analisti. Sono le manifestazioni più classiche del contagio, dell’Ego ormai obeso. Così accade che Minzolini incarni e guidi l’opposizione dei senatori di Forza Italia al futuro Senato non eletto dagli elettori e Mineo incarni e guidi l’opposizione dei senatori Pd al Senato non eletto dagli elettori e soprattutto l’opposizione a Matteo Renzi. Lo fanno da opposte sponde eppur u linee convergenti. Lo fanno da uomini e professionisti non assimilabili l’uno all’altro neanche come carattere e cultura. Però lo fanno, fanno tutti e due la stessa cosa.
Lo fanno perché si sentono grandi strateghi e finissimi analisti, lo fanno perché sono portatori in pieno del contagio Rai. Lo fanno anche perché sono abituati, assuefatti, addestrati al mestiere di difendere l’incarico, gli viene naturale: ieri era la direzione, oggi è il Senato e i senatori eletti. Lo fanno per sindacalismo istituzionale spinto, lo fanno da “Cobas del Senato”. E spiace per loro ma non è per nulla un caso che, facendolo facendolo, incontrino, arruolino e formino un trio di lotta con Antonio Razzi, quello del “fatti i cazzi tuoi…”, e non solo nel Paese delle Meraviglie di Crozza. Anche in Senato lo fa e lo fanno.
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