Isis europea. Amri Anis vita esemplare: così si fabbrica un macella umani

Isis europea. Amri Anis vita esemplare: così si fabbrica un macella umani
Isis europea. Amri Anis vita esemplare: così si fabbrica un macella umani

ROMA – Isis “europea” in una sola biografia, Isis nella sua versione europea nella storia di una sola vita, vita esemplare di come e dove si fabbrica un macella umani. La vita di Amri Anis.

Nasce in Tunisia nel 1992, quella Tunisia che a noi europei piace raccontare e raccontarci come la culla delle “primavere arabe” della democrazia. Di democrazia neanche l’ombra poi si vedrà in tutto il mondo arabo, ma piace ancora raccontarci la Tunisia come l’unico paese dove in qualche modo la democrazia ha pur debolmente attecchito. Forse, solo un po’, proprio poco. Con un partito islamista fortissimo, con una aliquota di soldati dell’Isis di nascita appunto tunisina tra le più alte (combattono in Siria, Iraq, Libia…) e con due clamorose stragi di turisti “crociati” sul suolo tunisino.

Arriva in Italia, ovviamente a Lampedusa, nel 2011. Dice di essere minorenne, ovviamente non è vero ma la nostra legislazione con i minorenni è giustamente dolce e accuditiva, ma perché anche cieca negli accertamenti e burocraticamente sempre permeabile alla bugia?

In Italia viene accolto, anche in una scuola. Tra una lezione e l’altra il contatto con la piccola criminalità, i mini furti, l’imbrancarsi con la violenza che è ancora bullismo. Teppismo è ancora il suo partecipare ad una rivolta praticamente dopo lo sbarco nel centro di accoglienza di Lampedusa, teppismo è ancora il suo appiccare il fuoco per sfregio alla scuola che frequenta.

Finisce in Tribunale e poi in galera. Dove si fa tutti e quattro gli anni della condanna, caso rarissimi in Italia, indice certo della sua pessima condotta carceraria e soprattutto del suo maturare odio, incontenibile odio verso questi “cristiani crociati”.

Quattro anni e poi pena scontata, fuori e fuori d’Italia dovrebbe andare. Regolarmente espulso. Ma espulso non vuol dire nulla di concreto se il paese dove hai espulso il soggetto quel soggetto non se lo prende. E la Tunisia Amri Anis non se lo prende, fa melina con le carte, non collabora.

Allora ed è il 2014 Amri Anis tunisino già nel cuore e forse già nella mente fattosi soldato di Isis va in Germania. Può farlo, ha scontato la pena, è libero. Può solo essere segnalato come pregiudicato e infatti viene segnalato. Quando chiede asilo politico alla Germania i tedeschi glielo negano. Ma non importa più di tanto ad Amri Anis, lui sa che chiedere asilo equivale a guadagnare un po’ di tempo, il tempo della durata di un permesso di soggiorno provvisorio.

Quel tempo gli basta e avanza in Germania per usare un centro di accoglienza per stranieri come base, per prendere contatti con predicatori di facciata e arruolatori di sostanza, per costruirsi le relazioni, le competenze, il piano per macellare un po’ di “cristiani crociati”.

Ecco dunque come e dove si fabbrica un macella umani: una malintesa e ormai avariata versione scaduta di ideologia anti colonialista come materia prima fusa insieme all’omaggio e appello ad un Allah vendicatore e sovrano, la religione come Stato e palingenesi, le fede come una milizia in armi.

Poi il barcone e lo sbarco, l’Europa dei cristiani in versione Italia. L’accoglienza e l’aiuto ricevuti scambiati come debolezza e inferiorità di questi “crociati”. La burocrazia così facile da ingannare. E l’odio che monta e deborda, la mini criminalità, il teppismo. Il carcere come scuola di ribellione. La non collaborazione della Tunisia a riprenderselo (così fan tutti gli Stati di emigrazione), la precisa (troppo precisa) legislazione e organizzazione tedesca dentro le quali Amri Anis può gettare la sabbia del suo disprezzo. E i centri profughi come basi di fatto e i predicatori islamisti che non saranno l’Islam ma è lì che si allevano macellai di umani, lì in Europa come nelle scuole coraniche d’Asia.

Una vita, una catena esemplare in ogni suo anello di come si fabbrica un soldato dell’Isis sul fronte Europa. Una catena cui non basta aggiungere l’ultimo anello di una cattura o di una morte in un conflitto a fuoco. La catena va spezzata, interrotta in qualcuno dei suoi anelli.

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