ROMA – Prima della crisi, quando nel ricordo benevolo tutto andava bene o quasi, prima della Merkel cattiva, dell’euro divenuto cappio, prima dell’austerità, degli spread e dei contratti bloccati…Prima, ed era il 2007, ogni cento pensionati, disoccupati, scoraggiati o nulla facenti c’erano 121 italiani che lavoravano. Quindi, alla rozza ma non tanto, 121 al lavoro mantenevano 100 a riposo scelto, maturato, forzato che fosse. Una proporzione pessima, una sorta di peccato originale dell’Italia, del suo sistema sociale, economico e politico.
Infatti in quell’anno a mantenere i cento non al lavoro erano in Irlanda 347 a lavorare, 222 in Belgio, 240 in Olanda, 163 in Germania, 177 in Austria, 187 in Finlandia, 151 in Francia, 241 in Spagna, 183 in Portogallo, perfino 177 in Grecia. Insomma conti alla mano e tabella stampata (Corriere della Sera, articolo Federico Fubini) fin da prima della crisi l’Italia aveva in casa il grosso guaio, l’handicap, la stortura di poca, pochissima gente al lavoro rispetto alla quantità di popolazione che i lavoratori attivi dovevano mantenere.
Allora, nel 2007, 121 lavoratori attivi mantenevano cento che non lavoravano. Non lavorano perché pensionati, oppure disoccupati, oppure nulla facenti, oppure lavoratori totalmente in nero.
Allora, e oggi, sette anni dopo, nel 2014 della crisi? Oggi a mantenere cento che non lavorano ci sono 106 lavoratori attivi. Il rapporto è calato, peggiorato e ci si avvicina a quello che Fubini chiama “il più inglorioso dei pareggi”: 100 che lavorano ogni cento che non lo fanno. Oltre che inglorioso questo pareggio è letteralmente e matematicamente insostenibile. Nonostante quello che raccontano tutti i politici e nonostante sia proprio questo che la gente ama sentirsi raccontare, un paese, un’economia, una società dove lavoratori attivi sono in numero pari a non lavoratori è tanto insostenibile quanto ingiusta.
Il peggioramento del rapporto tra lavoratori attivi e non lavoratori è certo in parte frutto della crisi. Ma solo in parte. Anzi attribuire tutto alla crisi è alibi alquanto bugiardo. Nonostante la crisi i lavoratori attivi in Germania restano 176 ogni cento non lavoratori, 132 in Francia, 131 in Spagna, 125 in Portogallo. Troppo presto e troppo facilmente in pensione per decenni, imprenditoria e capitalismo con la strategia quasi unica della riduzione del costo lavoro e della base occupazionale, scuola e università che al lavoro non qualificano, mercato del lavoro reale basato su clientela o amicizia, enormità del lavoro nero hanno avvicinato l’Italia e solo l’Italia al pareggio cento che lavorano per cento da mantenere. Il risultato del peccato originale italiano fecondato dalla crisi mondiale.