ROMA – Giorgio Napolitano non si dimette, ci ha pensato ma ha valutato, calcolato, pesato che lasciare l presidenza della Repubblica prima della scadenza del mandato il 15 maggio non servirebbe. Non fermerebbe il piano inclinato su cui sta scivolando il paese e nemmeno rallenterebbe la velocità della caduta. Caduta verso un grosso guaio, roba da far male, molto male, a tutti gli italiani in carne e ossa: caduta veloce verso una situazione gemella, se non peggiore, di quella vissuta dall’Italia tra l’estate 2011 e l’autunno di quell’anno. Per chi non la ricorda e per chi l’avesse rimossa, i sei mesi in cui l’Italia letteralmente rischiò di non avere i soldi per andare avanti.
Napolitano non si dimette e dal Quirinale il giorno della vigilia di Pasqua parla ad un sistema politico, M5S compreso, che ritiene finora sordo e inconsapevole, colpevolmente scisso dalla realtà. Ad un sistema politico che dalla realtà gli sembra volutamente sconnesso e ad un paese tutto che non gli sembra rendersi conto appieno di ciò che può accadere se l’Italia si mostra al mondo incapace di darsi un governo.
Inutile dimettersi prima del temo perché così come stanno le cose tra i partiti, se le cose tra i partiti non cambiano, la impotente incomunicabilità tra Pdl, Pd e M5S si trasferirebbe dal ring del governo a quello della elezione del nuovo capo dello Stato. Con la concreta prospettiva di consegnare a questi, chiunque fosse, una sola, obbligata, possibilità: sciogliere le Camere che lo hanno appena eletto. Il combinato di Napolitano che si dimette, la rissa parlamentare sul nuovo capo dello Stato ed elezioni anticipate dopo quattro mesi di guerra civile a bassa intensità appaiono a Napolitano come la garanzia conclamata della nostra inaffidabilità. Quindi il mondo ne prenderebbe atto: i mercati, gli investitori, le aziende, le banche, l’Europa. Quindi il disastro, quello vero, non quello che spesso sta solo nei titoli di giornale o nelle trame da talk-show.
Secondo Napolitano c’è una sola cosa da fare qui e adesso: esercitare la massima pressione possibile su Berlusconi, Bersani e anche Grillo. La massima pressione possibile perché facciano o facciano fare, consentano ad un governo di nascere. Napolitano presenta a se stesso e al paese questa ultima mossa come al tempo stesso sensata e disperata.
Pressione su Berlusconi perché la smetta di volere un governo con sopra impresso il marchio Pdl e di volere solo questo governo e nessun altro. Pressione su Berlusconi perché non pretenda di esigere prezzi, contro partite, salvacondotti.
Pressione su Bersani perché tolga il veto Pd ad ogni forma di collaborazione governativa con il Pdl. Pressione sul Pd perchè accetti un governo che non sia suo e non sia neanche un governo con il Pdl. Ma pressione perché lo accetti, anzi lo voglia un governo e la smetta di chiamarsi fuori da ogni governo che non sia quello Bersani o simili.
E pressione anche su Grillo perché non usi il governo che potrebbe nascere come un bersaglio, perché M5S non commetta infanticidio politico, perché M5S stia fuori come vuole ma lo faccia nascere un governo. Perché M5S si renda conto che anche loro sono Italia. Pressione, anche se questo Napolitano non lo dice, perché la “rivoluzione senza ghigliottina”, formula cara a Grillo, non diventi nei fatti ghigliottina senza rivoluzione.
Come esercitare questa pressione? Mostrando, stendendo su carta e srotolando sul tavolo i problemi concreti e immediati: il blocco del credito e le aziende e botteghe che chiudono, il nervosismo di chi presta soldi all’Italia, un miliardo al giorno, nervosismo che può cominciare ad azzannarci da martedì. Sono talmente nervosi quelli che ci prestano i soldi, quelli con cui abbiamo la moneta in comune che Napolitano sente il bisogno di ricordare soprattutto per chi è fuori dai confini che in Italia un governo c’è e può operare. Evidentemente i mercati e i governi, dagli Usa a tutti quelli della Ue ne dubitano.
Se la pressione funziona ne verrà fuori un “governo di nessuno” con però delle cose precise da fare. Da fare con il consenso almeno il non dissenso di tutti. Tutti o quasi che, se non proprio aiutano e partecipano, non si mettono però di traverso. Se la pressione non funziona, se Berlusconi non abbassa il prezzo e la cresta, se Bersani e il Pd non mollano sulla quarantena al Pdl, se Grillo approfitta e saltella sul cadavere, allora a dimettersi, è questo il senso del discorso di Napolitano, sarà il paese.
Funziona, non funziona? E’ la mossa sensata e disperata quella di mettere su carta (tramite i due gruppi di ambasciatori-notai-esperti di opposte e diverse posizioni che Napolitano ha annunciato di mettere al lavoro già da stasera) l’oggettivo, improcrastinabile, non opinabile da farsi da parte di un governo che “deve” nascere. E’ la mossa sensata, l’unica dotata di senso. Ed è la mossa disperata, figlia di una disperazione concreta. Di un calcolo attento e veritiero su quello che può succedere senza un governo. Non è scoramento, è realistica analisi.
Mossa sensata e forte della sua disperazione. Però in fondo è una replica della mossa già fatta da Napolitano e dall’Italia in quella fine del 2011: il governo dei tecnici, il governo Monti. Per colpa grave dei tecnici e di Monti, per colpa gravissima di Pdl e Pd, per irresponsabilità diffusa anche del paese, quella mossa non ha risolto, è finita malissimo ed è stata ripudiata. Dalla fine del 2011 l’unica cosa cambiata nel paese è l’arrivo in Parlamento in forze di M5S e di Grillo nel novero di quelli che del paese dovrebbero farsi carico e responsabilità. Se la prima volta è stata inutile, alla fine perfino dannosa, la seconda volta potrebbe…neanche nascere.
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