ROMA – Gli auguri di Capodanno su Rai1 della “nuova” Rai di Matteo Renzi, per il 2016: “Vaffanculo”. La parola d’ordine di Beppe Grillo ha fatto irruzione sugli schermi della tv nelle case di milioni di italiani che non amano, sbagliando, Gigi D’Alessio (Canale 5), affidata alla interpretazione di Marco Masini, in diretta da Matera, nota fucina di cultura, proclamata fra le capitali della cultura in Europa.
Il messaggio è chiaro, quella che, nelle proclamate intenzioni di Matteo Renzi, dovrebbe diventare una fabbrica di cultura ha legittimato davanti a grandi e soprattutto piccini che il Vaffanculo è una parola chiave della lingua italiana. Era passata da poco mezzanotte quando questo è avvenuto, creando, per chi ha la sensibilità di percepirlo, un certo imbarazzo per Sergio Mattarella, presidente della Repubblica, che aveva appena parlato a reti unificate dei problemi italiani. L’impressione è stata quella di un corto circuito. Mattarella espone i nostri problemi, senza peraltro poterne individuare la soluzione, cosa che istituzionalmente non gli compete, e la risposta della Rai, Tv di Stato, di quello stesso Stato di cui Mattarella è presidente, è stata quella di Beppe Grillo.
Imbarazzo anche per Renzi, a meno che il direttore generale da lui messo a capo della Rai, Antonio Campo Dall’Orto, non abbia avuto mandato proprio di diffondere il turpiloquio e che le parolacce siano la quintessenza della cultura italiana.
A quell’ora milioni di persone erano ancora davanti alla tv, probabilmente molti bambini e adolescenti. So bene che molti bambini usano un turpiloquio da carrettieri, le parolacce fanno parte del nostro percorso di apprendimento, del nostro passaggio al mondo dei grandi. Dicendo una parolaccia un bambino si afferma come cresciuto, come diventato grande. Ma questo avviene passando il confine del bene e del male, avendo sempre ben chiaro che tra il bene e il male c’è un confine e che se lo passi rischi la sanzione.
Un tempo, quanti vaffanculo si dicevano. Ma se ti sentiva tuo padre quante scarpe volavano.
Oggi padri e madri usano abitualmente il turpiloquio davanti ai figli e questo trasferisce quel senso di impunità che trova il sublime nei genitori che picchiano gli insegnanti. Ma siamo ancora nella sfera privata.
Beppe Grillo ha fatto del Vaffanculo la sua parola d’ordine. Anche qui siamo in un ambito di parte, anche se non meravigliatevi se un giorno quel rifiuto totale giustificherà atti meno virtuali di una parola.
Ma la Rai che manda in onda Vaffanculo di Masini compie un gesto dissennato: non è una battuta volgare, è un gesto politico preciso, di cui si assume responsabilità la Rai, ente di stato, sottoposto al controllo della Corte dei Conti, i cui vertici sono scelti dal capo del Governo, i cui quadri, fino al più infimo livello, sono designati dai partiti. Non risulta che Grillo abbia deciso di partecipare all spartizione né che gli sia stato appaltato un pezzo del Capodanno di Rai1. Allora è stata solo una resa senza condizioni o peggio ancora una totale mancanza di discernimento. In ogni caso è grave.
Non sono moralista né bacchettone, non mi vedo nei panni di Mary Whitehouse, la antemarcia di Margareth Thatcher in crociata contro sesso e turpiloquio nella tv inglese. Non sono contro niente, sono per la libertà assoluta di tutto, spesso scivolo in un linguaggio da caserma di cui mi vergogno ma ho chiara una cosa: un conto è una opera della mente umana, un conto è la presentazione organizzata di quella opera. Uso di proposito il termine opera della mente umana e non opera d’arte perché credo che ognuno possa dire quello che vuole anche se non è un artista. Sotto questo profilo di libertà assoluta non c’è differenza fra la Divina Commedia e questo mio infimo contributo a Blitz. Un’opera d’arte scritta può essere infarcita di oscenità, pensate alle poesie di Giuseppe Gioacchino Belli e un film può culminare un una scena esplicitamente erotica o in un macello di sangue. Non sapremo mai dove finisce l’arte e dove ha inizio il box office: ci sono film bellissimi che si fermano un fotogramma prima del nudo o della carneficina.
La presentazione di un’opera ha invece, sempre, sotto qualsiasi latitudine e in qualsiasi era, un signficato politico. Lo avevano le tragedie nella antica Grecia, gli spettacoli di Shakespeare nella Inghilterra di Elisabetta I, le sinfonie di Shostakovich davanti a Stalin.
Masini ha diritto assoluto di cantare quello che vuole, ma se di tutta la sua produzione la Rai manda in onda proprio “Vaffanculo”, seguito da un breve sermone sul vizio delle aziende di licenziare, come fosse un loro sadico vizio, il significato politico è tutto lì.
Può darsi che nessuno ai vari livelli di decisione e controllo della Rai lo abbia percepito, che sia parso un colpo di genio per ottenere un miglior gradimento da un pubblico che per un quarto vota Beppe Grillo e quindi Vaffanculo. Se è così è ancora più grave.
Ecco la canzone di Marco Masini, “Vaffanculo”:
Beppe Grillo e uno dei suoi “Vaffanculo”:
La settima sinfonia di Shostakovich, Leningrado: