ROMA – C’è qualcosa di profondamente vero e autentico nella reazione dei giornali e dei militanti di destra al Berlusconi condannato. Quando dicono, gridano e stampano che insieme con Berlusconi sono stati condannati “dieci milioni di italiani”, cioè quelli che l’hanno votato, dicono, stampano e gridano una cosa sostanzialmente vera. Non tutti i dieci milioni che hanno votato Berlusconi ma moltissimi di loro e moltissimi dei milioni che non l’hanno votato sono stati in qualche modo condannati o almeno rimproverati, disturbati. Tutti quelli che nella vita per necessità hanno pagato una tangente, una mazzetta, anche al vigile urbano o alla circoscrizione. Pagato non per fare soldi o speculare ma per, come direbbe Stefano Fassina, “sopravvivere”. Già, lo sapevate che esiste la corruzione “da sopravvivenza”? Sì che lo sapete, la praticate. Per necessità, non per vizio.
Tutti quelli che hanno oliato e anche tutti quelli che nella vita reale hanno “aggiustato” o si sono fatti aggiustare una pratica, un contenzioso, una causa, un accertamento, una autorizzazione. Tutti quelli che intorno alle regole fiscali e previdenziali e a tutte le altre regole che riguardano il lavoro, l’azienda o la bottega ci danzano intorno provando ogni giorno a saltarle. Tutti quelli che un po’ quando possono magari solo un po’ il fisco lo eludono e lo evadono. Tutti quelli che in ufficio, azienda o bottega ogni giorno vivono immersi e tessono la trama, bevono il liquido amniotico della società italiana contemporanea: la alegalità. Che è quella roba per cui se stai nella legge diventi pazzo e peggio che immobilizzato e se stai fuori della legge è reato, quindi devi stare in mezzo, nella alegalità. Quale sia poi il vero confine tra la alegalità e l’illegalità alla lunga è difficile dire. Pochi lo presidiano quel confine e milioni lo varcano ogni giorno, passando di qua e di là, un gran traffico di decine di milioni di italiani tra i confini della legalità, alegalità e illegalità. Astrattezze, fumisterie, moralismi? E cosa è quel 20/25 per cento di economia sommersa se non il ventre, il seno e il frutto della alegalità di massa, popolo e cultura?
Per decenni Silvio Berlusconi questi confini li ha attraversati portando con sé di qua e di là ogni sorta di merci, quelle legali, quelle illegali e quelle alegali. Ha varcato tante volte il confine di qua e di là, spesso salutato da ovazioni e benedetto dal successo, che sincero è il suo dolore per aver incontrato dei “doganieri”. Per Berlusconi la alegalità è la regola, aurea e nobile. Eccola da lui esposta e sintetizzata: “Ho versato centinaia di miliardi di lire al fisco e mi condannate per non aver pagato qualche decina di milioni di euro?” Questo per Berlusconi non è reato, non è contro la legge, questo per Berlusconi è la legge, la legge del reale.
In più Silvio Berlusconi per decenni non è stato solo uno “spallone” tra i confini della legalità, alegalità e illegalità. Non un piccolo e occasionale contrabbandiere tra le linee. E’ stato un grande imprenditore del traffico di merci e uomini a cavallo delle frontiere. Ha aggiustato indagini della Guardia di Finanza sulle sue aziende, ha aggiustato processi e sentenze, le frontiere, i confini, si può dire che lui li abbia cancellati e all’occorrenza comprati. E questo ha fatto sognare la destra, la destra di gente e di popolo italiani, che almeno dall’inizio del secolo scorso mai è stata destra di legge e ordine, senso dello Stato e cosa pubblica. La destra, di gente e di popolo, la legge di Stato la vive come costrizione e fastidio. E mica solo la destra, anche quelli che un tempo furono i senza politica e quelli che oggi sono l’anti politica e anche le corporazioni organizzate e ancorate a sinistra a loro modo mica ci scherzano.
Per questo la condanna a Berlusconi colpisce e riguarda un popolo tutto. Quello di destra che venti anni fa commise un “errore tecnico” che nessun elettorato compiutamente esperto e consapevole di democrazia fa: invece che affidare la tutela della propria quotidiana alegalità a un senza macchia, o almeno senza macchie visibili, affidò l’organizzazione della festa della alegalità al campione nazionale e forse anche europeo dello sforamento dei confini tra regole e comportamenti, legalità astratta e affari reali. Errore tecnico che ora pagano tutti gli italiani, poteva finire soltanto in due modi: o la cancellazione del principio di legalità, e ci si è andati, ci si è ancora molto vicini, oppure l’infortunio, la condanna di uno dei tanti viaggi di Berlusconi a cavallo delle linee. Come ha detto Franco Coppi, l’avvocato professore per difenderlo: “Al massimo una gigantesca evasione fiscale…”. Appunto l’alegalità. Ma stavolta Berlusconi aveva, e non solo stavolta, perso la bussola e il senso del confine tra alegale e illegale.
Quindi condannato a termini di legge e con buona sentenza. Ma il paese, il paese tutto, è stordito da questa condanna, ormai non sembra più in grado di comprendere, di trarne una qualunque pedagogia. La destra politica, l’elettore e l’opinione pubblica di destra non metabolizza e in fondo non accetta che da qui si possa e si debba ricostruire i confini. E poi è solo la gente di destra che non ama e non vuole sia repressa la alegalità? La sinistra, o per meglio dirla con Francesco De Gregori, quell’arco cangiante fatto di piste ciclabili, no tav, slow food, diritti acquisiti e manette per tutti, la sinistra, anzi le sinistre, insomma quel che c’è oltre e contro la destra berlusconiana, difficilmente potrà sottrarsi alla domanda che la seduce, la esalta, la inebria e la danna. La domanda sarà, già è: come si f a governare insieme con uno condannato in via definitiva per frode fiscale allo Stato?
Già, come si fa? Non si può, non si deve. Solo eccezionale e mastodontiche e meravigliose cose potrebbero giustificare il contrario, cioè il continuare governare con Berlusconi. E l’eccezionale, l’unico vero eccezionale sarebbe raddrizzare almeno una delle gambe storte della società e dell’economia: cambiare la spesa sociale e pubblica, togliere a chi ci campa sopra e darlo tutto quell’ossigeno al lavoro, al salario, all’occupazione produttiva, alla produttività, alla creazione di ricchezza. Dare una stangata alle tasse su impresa e salario decimando la spesa pubblica che resta tuttora niente meno che il 50 e passa per cento del Pil. L’eccezionale sarebbe aumentare i salari reali di cento e passa euro al mese, togliere tasse a imprese che stanno sul mercato o che il mercato per i loro prodotti lo trovano, trovare così qui e adesso prima migliaia e presto decine di migliaia di posti di lavoro. Eccezionale sarebbe raddrizzare il legno storto del fisco e non inventarsi nuovi nomi per l’Imu o nuovi metodi per far pagare a chi le tasse le paga la quota anche della “evasione di necessità”. Eccezionale sarebbe che gli Stefano Fassina che scoprono “l’evasione di necessità” scoprissero anche l’inefficienza, i privilegi e lo spreco delle aziende pubbliche. Eccezionale sarebbe smetterla di aspettare di “uscire dalla crisi” e capire che tutto è cambiato e chi aspetta che la crisi passi aspetta un passato che non torna. Per cambiare vi connotati al welfare, al fisco, al salario, alla spesa pubblica varrebbe la grande, grandissima pena di governare anche insieme a un condannato per frode fiscale.
Ma non è questo il programma possibile del governo che c’è e di ogni altro governo possibile. La destra non vuole e non sa cambiare i connotati di un bel nulla, alimenta solo una “reazione” al presente. E la sinistra è conservatrice, assolutamente conservatrice e refrattaria d ogni mutamento. Il governo che che c’è mentre Berlusconi affonda, va giù e beve, beve acqua fino ad affogare, il governo di Letta, Alfano, Pd e Pdl, questo governo galleggia ma è già sfinito. Il Pdl a gestire sgomento e paura e ad alimentare rancore e vendetta, il Pd ossessivamente, compulsivamente dedito a immobilizzare tutto, soprattutto se stesso. Non c’è una buona, eccezionale ragione per continuare a governare con un condannato per frode allo Stato. C’è la modesta e mediocre ragione che a buttarlo giù questo governo ci si fa male.
Sui mercati che fiuterebbero nuovo odor di insolvenza. Nella testa e nel portafoglio della gente che soffocherebbero subito quel leggerissimo refolo di aria buona che un po’ spirava. Si stava cominciando a credere che più nera della mezzanotte non potesse essere e che la mezzanotte fosse già passata, che si fosse al buio sì ancora ma poco mancasse all’alba. Una di quelle profezie-sensazioni che un po’ si autoavverano. Una crisi di governo stramazzerebbe tutto e tutti. Per questo galleggerà ancora un po’, forse più o forse meno di un po’, un governo già sfinito. Per salvare la stabilità, l’involucro della stabilità, la zattera della stabilità. La miglior cosa che abbiamo la zattera della stabilità. Solo che su ogni zattera, alla lunga, ci si cuoce e ci si decompone. Anche sulla “zattera stabilità” varata da Napolitano.
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