Giudici tromboni, regola tangenti e ministri al di sotto di ogni sospetto

Giudici tromboni, regola tangenti e ministri al di sotto di ogni sospetto
Maurizio Lupi (Lapresse)

ROMA – Dicesi trombone, o almeno in queste righe questa è l’accezione che al termine trombone si dà, di chi soffia a più non posso nello strumento che possiede con il dichiarato ed evidente scopo di far più rumore possibile. Quale sia la “nota” da suonare e soffiare, quale sia la qualità della “musica” è sostanzialmente indifferente al trombone. La sua “mission” in quanto trombone (vogliamo fare megafono/altoparlante così la definizione è più easy?) è quella di suonarla grossa e forte. Quindi all’accezione e ruolo di trombone una mattina di marzo risponde alla perfezione il presidente della Anm (associazione nazionale magistrati) Rodolfo Sabelli. Il presidente del sindacato dei magistrati suona e soffia forte, come farebbe un Maurizio Landini o un segretario confederale dei Trasporti o della Funzione Pubblica. Tutto lecito e libero, però svanisce ogni illusione/speranza che il “corpo intermedio” dei magistrati sappia mettere in campo qualcosa di appena diverso da un sindacato di categoria.

Ha soffiato forte Sabelli, niente meno: “Il governo schiaffeggia i magistrati e carezza i corrotti”. Se non andiamo errati, più o meno in termini penali il governo imputato almeno di favoreggiamento se non proprio di associazione a delinquere con il furto organizzato. Non una legge sbagliata, un provvedimento mancato o ritardato, no. Sabelli, a nome della Anm, individua una strategia, una natura, un’indole, una prassi stabile del governo: carezzare i corrotti, schiaffeggiare i magistrati. Poi dicono che il povero Grillo, da ex comico, è esagerato nel semplificare, demonizzare, estremizzare…Beh, se l’uscita di Sabelli sul governo amico dei ladri e in cagnesco con le guardie è la misura pensosa della responsabilità istituzionale, allora Grillo è un riflessivo e fine dicitore che pondera gli aggettivi e anche la punteggiatura.

Ha soffiato forte Sabelli, forse suggestionato anche dai molti titoli letti sui quotidiani in cui la parola “schiaffo” è usata con la stessa frequenza del battito cardiaco: almeno 60 volte ad edizione. E quali sono gli “schiaffi” ai magistrati? Di certo è da quando sono state loro ridotte le ferie e da quando è stato stabilito che, in casi limitati e con modalità di garanzia, possano essere chiamati a rispondere non di errori ma di negligenza e malafede professionale…è da quei momenti che i magistrati si sentono e denunciano la guancia arrossata. Anzi, diciamolo, per le ferie e per la responsabilità civile sono furibondi. Come ogni bravo sindacato di categoria, toccati nel loro immediato interesse e nelle loro consolidate guarentigie e nei loro diritti acquisiti, proclamano più o meno la fine del mondo e l’avvento del Maligno. Così fan tutti, così fanno anche i magistrati. Solo che se un Landini proclama la fine imminente del capitalismo è una libera opinione. Se il sindacato dei magistrati dà del ladro al governo non è solo un’opinione, o è l’inizio di una rivolta civile, magari alla Gandhi, o è l’iperbole alquanto irresponsabile di una lobby ferita.

Come sempre accade, qualche ragione il soffiatore ce l’ha. In questo simpatico paese l’introduzione della responsabilità civile dei magistrati nell’esercizio delle loro funzioni è stata trasformata, spacciata, confezionata e venduta come il diritti a farti risarcire se ti assolvono. E’ ovviamente una clamoroso stupidaggine. Che forse proprio per questa sua innegabile caratteristica è stata fatta propria, sposata e divulgata e reclamata da parecchie voci dentro Forza Italia e da parecchi quotidiani della destra politica e da non pochi conduttori di talk-show ignoranti di diritto e pure di buon senso. Se Berlusconi assolto è, tanto per capirci, la “colpa” della Boccassini allora che devono fare i magistrati, condannare sempre per non pagare pegno? Ma la pensata è ancora più sciocca eppur davvero è pieno di gente che dice, scrive e diffonde la insostenibile panzana dei giudici chimati a rispondere della sentenza “sbagliata”. E quale mai sarebbe la sentenza “sbagliata”, quella che assolve o quella che condanna. La responsabilità civile scatta in caso di acclarata malafede o mastodontica negligenza. Scatta sulle modalità dell’indagare e del giudicare, non in base all’esito dell’indagine e del giudizio. In un paese così volutamente ignorante, in un mainstream politico informativo che così clamorosamente imbroglia le carte un po’ “ci sta” anche il soffiare forte nel e del trombone. Un po’, ma una mattina di marzo l’Anm esagerò, andando parecchio fuori dal…seminato.

E non era una mattina qualsiasi. Era la mattina del giorno dopo niente meno Ercole Incalza. Decenni alle “unità di missione”, decenni a destinare, distribuire i grandi appalti delle grandi opere pubbliche e semi pubbliche. Ora magistrati accusano, ipotizzano che Ercole Incalza e soci abbiano distribuito una quindicina di miliardi, solo gli ultimi della serie, in maniera tale che parte rilevante del denaro pubblico restasse attaccata nelle tasche di amici e amici degli amici sotto forma di sovra prezzi, sovra costi, insomma tangenti. Potrà anche essere che Ettore Incalza e soci usciranno per la quindicesima volta indenni dalla giustizia. E’ già successo 14 volte: assolto o salvato dalla prescrizione. Ipotizziamo pure l’innocenza di per ora è solo accusato e non condannato. Ipotizziamo che la regola del dopo tre volte non è più una coincidenza non valga per Incalza e che neanche alla quindicesima volta…Resta che la tangente è la regola. La regola della Pubblica Amministrazione, degli appalti pubblici, degli affari pubblici e privati. Al di fuori della regola, appunto eccezioni.

D’altra parte se Corte dei Conti, Commissione Europea, Ocse, Bankitalia, banche private, osservatori economici calcolano a spanne sui cent/centocinquanta miliardi annui il sovra costo paese che l’Italia paga in termini di corruzione, corruzione della cosa pubblica e di ogni cosa pubblica, qualcuno in carne e ossa dovrà pure maneggiarli queste tangenti. In realtà non dovremmo essere sorpresi e in fondo non lo siamo affatto: un chilometro di asfalto in Italia costa tre volte che in Europa, un chilometro di ferrovia anche dieci volte, una bonifica ambientale non ne parliamo. Perché? Indovina! La tangente è la regola. Ovunque, nelle grandi opere ma anche nei medi affari e nelle piccole pratiche e vicende quotidiane.

Poi ci sono i ministri al di sotto di ogni sospetto, ogni riferimento a Maurizio Lupi è voluto e diretto. A scanso equivoci, assumiamo che Lupi sia penalmente e civilmente innocente di tutto e per tutto. Innocente anche di quello che non gli è stato ancora contestato. E in effetti dal punto di vista penale nulla gli è stato finora contestato. Senza remore e senza malizia fidiamoci: mettiamo che Lupi nella sua vita di politico e di ministro non abbia mai toccato un euro non suo. Può però un governante, un uomo addetto, fino a prova contraria, all’interesse generale, un membro dello Stato e delle istituzioni, pensare e dire parlando di suo figlio: “Non sono neanche intervenuto per accelerare la sua pratica (visto lavorativo negli Usa)”. Come, come? Lupi si fregia dell’aver fatto il minimo sindacale, l’assolutamente doveroso per un ministro: non aver brigato e raccomandato suo figlio presso l’ambasciata americana. A Lupi questo appare poco meno che una medaglia al valor civile. E invece è il suo lodarsi che lo…imbroda. Perché, se si loda per non averlo fatto, vuol dire che nella testa di Lupi, e nelle sue tentazioni, vi è il ministro papà che telefona, sollecita, abbrevia “la pratica” del figlio.

Ancora, Lupi papà dichiara alla stampa che, lui al posto del figlio Luca, “quel Rolex non l’avrebbe preso”. Già , il Rolex regalato a Luca Lupi per la laurea dagli uomini che dal papà ministro raccolgono incarichi e appalti. Lupi papà “non l’avrebbe preso”. Non ha avuto finora occasione in famiglia per far presente questa inopportunità al figlio? Non si parlano?  Volevano non prenderlo il Rolex ma magari se ne sono dimenticati? Non volevano offendere il donatore? Non lo sapeva il papà ministro che quel Rolex non era il segno di una privata amicizia ma che altro diventava se appunto il papà fa il ministro?

Ancora, far sapere all’interessato che se toccano lui e la sua struttura “toccano il governo”, proclamarlo pubblicamente una sorta di delizia degli appalti pubblici, non configura una qualche responsabilità politica se la “delizia” risulta indagato 15 volte? Mettiamo siano tutti innocenti, Incalza e soci, un ministro rispettoso di se stesso non familiarizza oltre modo con funzionari discussi dalla giustizia e dalle cronache. O, se lo fa, ne risponde. Politicamente, civilmente. Ma Lupi, come gran parte del ceto dirigente italiano, politico e non politico, come gran parte dei membri della Confraternita delle Caste, è al di sotto di ogni sospetto. Sospetto non di reati e neanche sospetto di errori. Sospetto però di inadeguatezza. Inadeguatezza civica, inadeguatezza ad essere classe dirigente. Sospetto, solo sospetto? La certezza arriva solo guardandoli, sentendoli parlare, basta star fermi a vederli agire e parlare.

E in fondo tutto si tiene e tutto in qualche modo è coerente: ministri al di sotto di ogni sospetto, tangenti come regola e giudici tromboni sono specie sociali che condividono lo stesso habitat.

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