ROMA – Per pescare voti, meglio l’Imu o il web? E’ partita una gara che non è una corsetta e il cui esito deciderà non poco delle prossime elezioni, deciderà ad esempio quanti di quelli che oggi asterrebbero invece voteranno, il perché eventualmente cambieranno idea e, sulla base di questa motivazione, il come voteranno. Insomma il : non ne posso più dei politici, non mi fido di nessuno ma voto per il primo che mi fa risparmiare qualche centinaio di euro di tasse anche a rischio che poi…Oppure: non ne posso più dei politici, non mi fido di nessuno ma voto per quelli che almeno scelgono i candidati sul web? Il popolo dell’Imu e quello del web, non sono poi così distanti e di certo sono tra loro comunicanti.
Beppe Grillo (“Democrazia vo cercando ch’è sì cara”) stavolta indovina non solo la citazione dantesca. Stavolta annuncia che “presto ci sarà la piattaforma on line” per consultazioni, discussione e scelte su chi il Movimento 5Stelle candiderà alle elezioni e manderà in Parlamento, presumibilmente decine e decine di deputati e senatori. Bene, è una buona, anzi ottima cosa.
Non è “la” democrazia, che appunto va sempre cercata anche e soprattutto quando si ritiene di averla trovata e sposata, ma certo è un modo democratico di individuare i propri candidati. Certo, nella selezione e dibattito via web mancano la carriera e la competenza politica, oggi sono vizi capitali ma in realtà sarebbero virtù cardinale per la gestione della cosa pubblica. Manca il confronto viso a viso, riunione per riunione, assemblea per assemblea. E c’è l’illusione che il linguaggio della tastiera, la lingua che si può “parlare” alla tastiera sia equivalente, anzi “migliore” di quella parlata “frontalmente”. Un partito “vero”, con simpatizzanti, militanti, sedi di discussione, scuole, controlli e “carriere” sarebbe griglia più efficace nel selezionare classe dirigente di quanto lo possa essere il web. Però partiti “veri” non ce ne sono e quindi la selezione sul web è, qui e adesso, ottima cosa.
Ma scegliersi i candidati via web che vuol dire? Certo conoscerli in rete, certo discuterne in rete. E anche votarli in rete. Pare che 5Stelle si avvii a qualcosa di analogo a Liquid Feedback, il software open source del partito tedesco dei “Pirati”. E in effetti all’interno di un partito la consultazione e anche il voto via web può avere più vantaggi che svantaggi. I vantaggi: l’immediatezza, l’orizzontalità, perfino il senso di appartenenza. Ingredienti sicuri della democrazia che “cercando si va”.
Ingredienti però, non lista completa ed esaustiva. Perché a votare via web ci sono svantaggi grossi e irrisolti se la consultazione non si fa più dentro un partito ma dentro un paese e un elettorato. Primo: il voto via web può essere inquinato, non è sicuro. Un rischio che un partito può correre perché può impegnare se stesso a controllare. Controllo che diventa disagevole quando non si è tutti “un” partito ma ci sono parti e partiti l’un contro l’altro in competizione.
Ma il vero problema del voto via web, della democrazia elettronica è che alla fine questa riscopre niente meno che…la delega, come in un condominio. Liquid democracy, un sistema dove tutti i cittadini si esprimono direttamente, attraverso una “rete” di referendum. Leggiamo da interessante articolo di Marco Magrini sul Sole 24 Ore che nell’800 ci aveva pensato Lewis Carroll, sì, quello di “Alice nel paese delle meraviglie”. Già allora e anche oggi si poneva e si pone però il problema della delega: chi può pensare di essere così competente/interessato su tutto da poter e voler votare su tutto? Su alcune questioni si fornirà “delega”. Delega limitata nell’ambito, nel tempo e revocabile. Ma pur sempre delega, come avviene nelle votazioni nelle assemblee di società quotate in Borsa o più modestamente come avviene nei condomini. Insomma, la democrazia, anche se liquida, sempre in qualche recipiente finisce.
Come che sia oggi la democrazia liquida affascina e può portare a votare, non fosse altro che per rifiuto della democrazia rancida. Sceglilo, votalo sul web e poi al seggio può essere un richiamo, una voglia nuova. Più forte del richiamo antico del “pochi, maledetti e subito”? Silvio Berlusconi ha cominciato a radunare il popolo del voto “utile”. Chiede di esser votato, lui in persona o il suo partito, da quelli che non vogliono il fiscal compact, cioè il patto tra Stati dell’Unione europea a contenere i deficit di bilancio. Senza fiscal compact, niente acquisti da parte della Bce di titoli di Stato in funzione anti spread. Coerentemente Berlusconi vuole abolire l’Imu: a che gli servono le tasse se l’Italia non deve rispettare nessun patto di bilancio? Ancor più coerentemente Berlusconi vuole stampare moneta per distribuirla e tutto si aggiusta. Un solo piccolo errore nel Berlusconi da voto: la moneta che stamperebbe, l’unica che potrebbe stampare sono lire e non euro.
Dunque, per pescare voti meglio l’Imu o il web? Pronostico non facile, danno per favorito il web, ma l’Imu ha già vinto un sacco di campionati chiamati elezioni.
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