ROMA – Che la legge elettorale sia poi questa prima e gran matrice della salute politica e istituzionale di un paese e di un popolo è affermazione tanto diffusa quanto indimostrata. Molti dubbi e molto dubbio vanno nutriti e coltivati su questo assenso comune che all’osso finisce per somigliare luogo comune. L’idea, anzi la “vulgata” più che la pensata secondo la quale a seconda della legge elettorale che fai poi ti ritrovi uno o altro comportamento dell’elettorato, una o altra governabilità dell’economia, delle corporazioni, degli interessi, una o altra stabilità o riformabilità del sistema paese, è tanto cara alla politica e alla politologia e alla pubblicistica politica da apparire in maniera smaccata impastata e smaltata di politicismo.
Non è verto infatti e non sta scritto in nessun serio studio storico che proporzionale uguale ingovernabilità oppure che proporzionale uguale corretta e democratica rappresentanza. E neanche vige e vale come inderogabile legge di gravità politica quella secondo la quale maggioritario uguale governi saldi e capaci di decidere e scegliere oppure maggioritario uguale intollerabile distorsione della volontà popolare. Un premio di maggioranza nei Parlamenti non è né veleno né toccasana, dipende dal paese che hai, dai partiti che hai, dal ceto politico che hai e, diciamolo, anche dall’elettorato e dalla gente che hai.
Berlusconi, l’autentico e italianissimo e in qualche modo persistente fenomeno Berlusconi non è stato votato da milioni e milioni e milioni perché, come un po’ comicamente si legge, ha puntato e stabilito e fissato niente meno che “il bipolarismo italiano”. Chi lo votava e lo vota Berlusconi neanche lo sa cosa è o dovrebbe essere il bipolarismo e Berlusconi lo voterebbe comunque, in un plebiscito a scheda unica e aperta, in un voto a proporzionale senza neanche diritto di tribuna, in un maggioritario stile inglese…
E il centro sinistra, gli “Ulivi”, le alleanze elettorali dalla ex sinistra democristiana passando per il meglio e il meglio rimasto della tradizione comunista, passando ancora per la socialdemocrazia, un pizzico di liberalesimo, fino ai partiti e movimenti cosiddetti alternativi, nessun maggioritario li trasformerà mai in altro da quel che sono: una somma di addendi proporzionali che proporzionalmente pensano di governare e infatti regolarmente non ci riescono.
E la somma di separatismo-secessionista leghista più residui di neo fascismo sbiadito più morte alle tasse e vade retro Europa che è stato il centro destra lo mpuò anche fondere insieme con una legge maggioritaria od esaltare nelle sue componenti con la legge proporzionale, sempre una gelatina tremolante rimane, gelatina che non assume consistenza neanche nel frigo dell’interesse nazionale. Anzi in quel frigo, prodigio all’incontrario, quella gelatina si squaglia.
Per cui è vero che l legge elettorale che c’è fa schifo. Fu fatta per fare schifo, esplicitamente, scientemente. Gli statisti del centro destra, guidati da Calderoli, decisero di rendere impossibile a Prodi che si annunciava vincitore delle elezioni il governare. Quindi due premi di maggioranza diversi e due elettorati diversi e due maggioranze presumibilmente diverse tra Camera e Senato. Lo schifo maggiore sta qui, nel fare una legge elettorale che impedisca al governo di governare. Quindi questo schifo è, sarebbe da rimuovere.
Ma non lo rimuovono da due elezioni, due legislature. Un motivo ci sarà. Anzi, ce ne sono più d’uno. Fa comodo al partito che si arrampica sul 30 per cento dei consensi possibili prendersi alla Camera il 55% dei seggi. Più che comodo fa gola. Ha fatto gola a Berlusconi, poi a Bersani e ora fa gola anche a Grillo. Fa comodo “nominare” dal vertice del partito i parlamentari eletti, fa molto comodo. Ha fatto comodo a Berlusconi, a Bersani, a Grillo. E infatti Berlusconi e Grillo e i bersaniani e dintorni nel Pd vogliono continuare.
Perciò lo schifo non si rimuove, ma questo si sa. Si sa meno che quando anche fosse rimosso lo schifo l’offerta politica dei partiti oggi sul mercato elettorale è scarsa di qualità e credibilità. E che la domanda sociale che viene dall’elettorato è scarsa di qualità e credibilità. Il sistema dei partiti è impegnato a mentire alla gente, la gente è impegnata a mentire a se stessa e molto esigente su questa pratica quasi religiosa. Questo problemino incrociato non lo affronti tanto meno risolvi con nessuna legge elettorale al mondo.
Ma una cosa l’abbiamo saputa di fresco: il M5S partecipa al gioco, benvenuto dunque. Il gioco del mi faccio i cavoli miei perché questa è l’essenza, l’abilità prima della politica. L’altro giorno quelli di M5S al Senato si sono astenuti, di fatto hanno bocciato l’ipotesi di una riforma elettorale che prevedeva il doppio turno. Al primo turno avrebbero partecipato tutti, al secondo solo i partiti che superano una certa soglia di consensi. Chi vince il secondo turno ha premio di maggioranza-governabilità in seggi. E’ un sistema che Berlusconi non vuol perché ha sempre calcolato che destra più destra al secondo turno perde nei confronti di centro più sinistra. Non gli conviene quindi Berlusconi non ci sta. Anche M5S ha ben calcolato: il doppio turno non gli conviene, anche se oggi il Movimento di Beppe Grillo passerebbe agevolmente al secondo turno. Poi però dovrebbe fare scelte, alleanze. Non gli conviene. Meglio per M5S un “proporzionale-casino” che obblighi Pdl e Pdmeno elle a governare insieme il più a lungo possibile reciprocamente “sputtanandosi”.
Ha ragione M5S, una legge elettorale che iuti a governare al MoVimento non conviene. Benvenuto dunque nel gioco di gruppo detto “i cavoli miei”. Prima, sopra e meglio di ogni altra cosa, uomo, donna, idea e paese.
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