Renzi pagella. Sbarramenti: voto 6. Collegi 4. Maggioritario 8. Doppio turno 7

Renzi pagella. Sbarramenti: voto 6. Collegi 4. Maggioritario 8. Doppio turno 7
Renzi pagella. Sbarramenti: voto 6. Collegi 4. Maggioritario 8. Doppio turno 7

ROMA – A che serve una legge elettorale? Serve, ovunque e in ogni tempo, a soddisfare due esigenze. Entrambe sacrosante e purtroppo non convergenti. Esigenza di rappresentatività, cioè la legge elettorale deve consentire, facilitare, realizzare una rappresentazione in Parlamento del numero più ampio delle posizioni politiche e sociali e in più cercare di rappresentare questo ventaglio nella misura più proporzionale possibile. Esigenza di governabilità, cioè la legge elettorale deve consentire, facilitare, realizzare la creazione di una maggioranza numerica in Parlamento sulla quale possa poggiare un governo, preferibilmente per tutta una legislatura e senza obbligare a rinegoziazioni continue e senza condurre nei fatti a governi che non governano.

Rappresentatività e governabilità non vanno d’accordo tra loro, fai contenta l’una, scontenti l’altra. Inevitabilmente. Però rappresentatività e governabilità devono convivere. Per forza. L’una non può espellere o ridurre ai minimi termini l’altra. Una legge elettorale si giudica dall’equilibrio o comunque dai rapporti di forza reciproco che stabilisce tra esigenza che tutti siano rappresentati e che ci sia un governo che non può essere di tutti. Questo il metro generale di giudizio, un metro che assume a suo fondamento una nozione sconosciuta e negletta, anzi francamente schifata in Italia: l’interesse generale, la cosiddetta res publica.

Questo il metro generale cui va aggiunta e combinata la condizione contingente in cui si trova il paese che si sta dando e cui si sta dando una legge elettorale. Occorre in altri termini scegliere, scegliere dopo aver saputo e voluto leggere e guardare, cosa occorre in quel momento a quel paese. In quel momento e in quella condizione. Sapendo che quasi nessuna legge elettorale è buona o cattiva per sua intrinseca natura. Ma chi vi possono essere leggi elettorali che in quella o quell’altra situazione risultano nefaste. E sapendo anche che gli interessi immediati dei concorrenti alla corsa elettorale non possono essere i brani del vangelo del regolamento della corsa. Più la legge elettorale si tiene lontana di “diritti acquisiti” dei partiti, più è probabile sia una legge utile a quel paese in quel momento.

Infine un’ultima avvertenza, doverosa. Quanti si esercitano a descrivere le conseguenze di una nuova legge elettorali sui risultati delle prossime elezioni che si dovessero tenere con quella nuova legge, agitano fumo e raccontano favole. favole che incuriosiscono, atterriscono, incantano. Ma pur sempre favole, storie e narrazioni senza fondamento. Se cambia la legge elettorale, quando cambia la legge elettorale cambia ovviamente l’offerta elettorale che alla nuova legge si adegua. Ci si presenta all’elettorato in schieramenti e configurazioni che tengono conto della nuova legge. E quindi di conseguenza cambia il comportamento elettorale degli elettori. L’esempio più classico: con il proporzionale voto chi mi è più vicino, con il maggioritario voto chi può vincere, con il doppio turno voto chi mi è meno lontano, con la preferenza voto chi conosco e chi mi promette, a me, proprio a me, con il collegio uninominale ci guadagna il partito che mette lì il miglior candidato, migliore relativamente ai candidati concorrenti, con la lista bloccata ma corta ci perde qualcosa il partito che si ostina sugli “impresentabili” (i nomi sono stampati sulla scheda)…

Stabiliti regole e metro di giudizio e avvertito il cittadino a non farsi illudere o deprimere dalle “proiezioni” che legge e dalle “torte parlamentari” che vede stampate, ecco una personale pagella. Pagella di Renzi, perché il cosiddetto Italicum è stato sì scritto a più mani, comprese quelle di Berlusconi e Alfano ci ha dato una ripassata. Ma alla fine la nuova legge elettorale risulta e risulterà politicamente in carico a Matteo Renzi. Se passa e funziona Renzi sarà quello che ha affrontato e in qualche modo risolto un problema capitale che l’intero ceto politico non ha voluto e saputo affrontare e risolvere da circa venti anni. Se non passa Renzi sarà uno dei tanti che hanno aperto la bocca solo per dargli fiato, uno dei tanti, uno sconfitto tra i tanti. Perciò sua è la pagella e suoi sono i voti.

Voto agli sbarramenti, alle soglie di sbarramento, al no in Parlamento per chi non raggiunge il cinque per cento dei voti. Voto sei. Sufficienza piena perché il cinque per cento è percentuale raggiungibile da chi non voglia una politica di sola testimonianza, minoritaria non soltanto nei numeri ma nella vocazione. Cinque per cento è lo sbarramento nella legge sostanzialmente proporzionale in Germania. Cinque per cento non è solo una soglia di sbarramento, è una soglia di dignità per chi si presenta al paese. Allora perché solo sei in pagella su questo punto? Perché è facile che la soglia scenda 4 per cento o venga aggirata qua per la Lega, là per qualche altro. Solo sei e solo la sufficienza perché questa porta Renzi non l’ha sbarrata, l’ha solo chiusa.

Collegi uninominali. Non ci sono e quindi voto quattro. Solo le preferenze avrebbero meritato un voto peggiore e cioè il tre. Le preferenze usate dal 90 per cento circa dei votanti alle amministrative in calabria e da neanche il 10 per cento degli elettori in Lombardia. Occorre dire altro delle preferenze? Sì, che è falso siano lo strumento con cui i cittadini scelgono chi davvero vogliono. Scelgono quello che investe di più nel businnes della sua elezione contando di rientrare dopo, solo rientrare quando va bene, delle spese con i soldi pubblici che maneggerà. Non se ne ricordano ma al posto delle preferenze con referendum gli italiani già scelsero altro strumento: il collegio uninominale. In ogni collegio ogni partito presenta un candidato. Vinca il migliore e chi presenta il peggiore paga pegno perché i cittadini di quel collegio conoscono i candidati e se gliene mandi di sconosciuti diffidano e se gliene mandi di sospetti annusano. Ma nell’Italicum, nella legge di Renzi il collegio uninominale non c’è. C’è un suo misero surrogato, la circoscrizione. In ogni circoscrizione voti al “lista bloccata e corta” che il partito presenta. Unica consolazione: i nomi stampati sulla scheda, almeno non ti capita di aver eletto anche con il tuo voto uno/una che neanche sapevi che c’era.

Voto alla scelta maggioritaria, al premio di maggioranza in seggi che scatta dopo la soglia del 35 per cento. Voto otto. Solo otto perché 35 per cento che nella geografia elettorale odierna italiana è percentuale ragionevole e ragionata (una spanna sopra la forza di Forza Italia, Pd, M5S , raggiungibile anche se lontana) domani potrebbe essere troppo o troppo poco. E’ una percentuale diciamo così “contingente”, a misura dell’Italia elettorale divisa in tre. Ma voto otto pieno perché il premio di maggioranza in seggi è come deve essere: porta chi vince al 53/55 per cento dei seggi in Parlamento. Sotto non si governa, sotto ci si condanna alle larghissime e inutilissime intese. E voto otto pieno perché qui e oggi l’economia e la società italiane hanno bisogno di scelte e di chi se ne assuma l’onere e l’onore. La cosa peggiore che può continuare è un comandare tutti un po’, un governare meno-governare tutti. Anche se questo resta il sogno e l’attitudine del ceto politico italiano, sogno e attitudine in cui si ritrovano i Brunetta, i Gasparri, gli Alfano, i Calderoli…E anche i Letta e i D’Alema e gli Epifani e i Vendola. E anche i Grillo cui governare meno-governare tutti gli altri è ossigeno senza il quale M5S non respira.

Voto al doppio turno: sette, un bel sette. Con il doppio turno il premio di maggioranza lo mette in tasca al vincitore l’elettorato al ballottaggio e non il meccanismo della legge. Con il doppio turno alla Renzi non ci sono apparentamenti, non ci si ficca e tuffa al secondo giro tanto per salire sul bus e poi provarne a deviare la strada. Col secondo turno ciascun elettore si fa responsabile dell’esito finale. Ecco, alle prossime elezioni proprio questo farebbe bene al sistema politico e al nostro paese. Un primo turno in cui sono tutti sotto il 35 per cento come oggi è nelle cose e negli umori e un secondo turno in cui tutti gli elettori si assumono la responsabilità di una reale, concreta scelta di governo .

A suo modo Grillo l’ha capito, sa che la legge detta Italicum gli porta in ipotesi più deputati di quanti ne abbia oggi. Sa che M5S potrebbe perfino arrivare al ballottaggio, al secondo turno. Ma sa o dice di sapere che a quel punto non verrebbe mai scelto dalla maggioranza degli elettori come governo appunto da scegliere. Lo dice lui e se ne lamenta preventivamente. Non che con il proporzionale M5S possa o voglia andare al governo in alleanza con qualcun altro. Grillo lo esclude. ma con il proporzionale può gridare all’altrui alleanza come “ignobile inciucio”, con il premio di maggioranza al 35 per cento griderebbe alla “legge truffa”, con il risultato del doppio turno dovrebbe gridare al “popolo bue” e all’Italia “che non lo merita”. Grillo lo ha capito, Renzi pure. Perciò nella mia pagella il doppio turno merita sette, sette con nota di merito.

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