ROMA – L’addio è ufficiale, nero su bianco. E’ scritto ora anche nelle carte di governo, negli atti concreti si era capito da tempo, l’addio alla promessa, anche alla promessa, perfino alla promessa di meno tasse sul lavoro. Si legge infatti nel testo di legge detta di Stabilità che la destinazione di risorse al taglio del cosiddetto “cuneo fiscale” è subordinata, cioè viene dopo “la copertura di esigenze prioritarie di equità sociale” e dopo “la copertura di impegni inderogabili”. Quindi il meno tasse sul lavoro arriva terzo, ora è ufficiale. Terzi dopo la spesa pubblica che resta prima sul podio e la non bancarotta finanziaria che resta seconda.
Arriva terzo, cioè ultimo su tre il meno tasse sul lavoro. E arriva ultimo in una gara dove non c’è gara. All’inizio sembravano ci fossero 5,5 miliardi di sconto tasse per chi fa impresa e chi lavora. Cinque miliardi e mezzo per il 2014 e poi di più, sembrava all’inizio. Poi di più perché dovevano nel poi arrivare gli altri miliardi sottratti agli evasori fiscali, quelli della spending review trovati strada facendo da Carlo Cottarelli e quelli utilizzabili dal rientro in Italia dei capitali all’estero mediante perdono giudiziario ma non fiscale. Poi…un poi che somiglia tanto all’anno del poi e al giorno del mai.
Perché Equitalia ha rallentato le riscossioni, meno sette per cento. In ossequio e ovvia osservanza alle decisioni parlamentari che le hanno comandato di essere meno rigida. Perché Cottarelli aveva fatto dell’equazione: spending review uguale meno tasse sul lavoro la prima pietra e l’architrave su cui reggeva la stessa praticabilità della spending review. Cioè per ogni euro di sussidio che ti levo, ti levo un euro di tasse. Non ci rimetti, vai in pari, anzi ci guadagni. Alla sola condizione di essere uno che lavora e produce ricchezza. Togli il meno tasse sul lavoro a Cottarelli e lo lasci solo di fronte ai paladini e pasdaran di ogni pubblica spesa. Solo, nudo e impotente. Perché dalla Svizzera soldi nel 2014 non ne arrivano, 2015 chissà.
Quindi di soldi per abbassare le tasse sul lavoro, sul reddito di impresa e sul salario, ne arriveranno pochi e in maniera incerta: i 5, 5 miliardi del 2014, insomma i 200 euro circa in più in tasca a chi sta sotto i 35 mila euro di reddito e solo a questi, non sono un inizio ma una fine, non il primo gradino di una scala ma il tetto di una capanna. E quando anche arrivassero soldi dal lavoro di Equitalia, da quello di Cottarelli e dalla Svizzera, questi vanno, c’è scritto, prima alla “equità sociale”, secondo alle “inderogabili”, terzo ad abbassare le tasse sul lavoro.
Terzo, ultimo e da dividere. Quel che resta, meglio dire resterebbe, va diviso tra aziende, lavoratori dipendenti, pensionati, lavoratori autonomi. Insomma il concetto è quello di dividersi tra molti gli “spicci” che avanzano, se avanzano.
Abbassare le tasse sul lavoro e smetterla di alzare le tasse e smetterla di rifinanziare ogni pregressa spesa pubblica: tutti dicono all’Italia di fare così. Ma l’Italia fa tutto il contrario, anche nella sua versione governo Letta-Legge Stabilità. Ottusità, pigrizia mentale, ignavia, incapacità, ostinazione? Nulla di tutto questo. Al contrario pura e semplice coerenza e assonanza con il circuito rappresentanza politica-pubblica opinione. Questo circuito ruota e ha il suo traguardo nella maggiore velocità, diffusione e perfusione di pubblico denaro nella società tutta. Se un governo, un qualunque governo destina risorse a chi produce ricchezza reale (profitto e salario) e ne sottrae una quantità corrispondente a chi brucia ricchezza (rendita e assistenza), questo governo guadagna la ripresa economica domani e perde oggi il consenso sociale ed elettorale.
Quindi nessun governo italiano lo fa per l’ottima ragione che la gente italiana non vuole che lo faccia. E’ la democrazia, bellezza…Niente di meglio in giro, molto di peggio in circolazione. Che poi la democrazia sappia, conosca le strade per trasformare se stessa in altra e diversa cosa non cambia il fatto che democraticamente la gran parte della società italiana vuole, fortemente vuole che siano finanziati e rifinanziati Regioni e Comuni e le loro aziende e società e i loro dipendenti e sia finanziata e rifinanziata la Pubblica Amministrazione e siano finanziate e rifinanziate le categorie e i territori…Se un governo non fa questo e finanzia impresa e lavoro, questo governo non fa quel che la maggioranza, degli italiani e quindi del Parlamento, M5S compreso, comanda.
Una società quella italiana cui se togli l’ausilio del denaro pubblico in ogni dove non è che togli il girello a un bambino che finalmente quindi cammina da soli e con quei soldi magari gli dai una macchina a pedali oggi e una bicicletta domani e un motorino dopo domani. No, se levi assistenza a categorie e territori in Italia è come se levi il bastone a uno zoppo. Anzi è come se levi le grucce cui si aggrappa un obeso. Un obeso, la società italiana, che sta vivendo giorni di carestia. Ma in carestia gli obesi non è che sopravvivano meglio per via del grasso accumulato, soccombono prima per via dell’organismo compromesso.
Dunque niente meno tasse sul lavoro, addio anche alla promessa. Perché c’è da tenere in piedi ogni forma di spesa pubblica tutta assolta e assunta sotto la mistica categoria di “equità sociale”. E, siccome la spesa pubblica, cioè l’assistenza in denaro a tutta la società si fa sempre più onerosa in tempi di crisi, ecco coerentemente un 2014 pieno di tasse. La tassa sulla prima casa, comunque la vuoi chiamare, nel 2012 c’è stata, nel 2013 no, nel 2014 torna alla grande. Resta l Tobin tax, debutta la Web Tax, resta o si inasprisce la tassa sulle pensioni nella forma di blocco della perequazione di super aliquota Irpef solo per pensionati.
Coerentemente lo stesso governo Letta cancella l’obbligo per gli Enti Locali di dismettere le aziende partecipate. Possono i governi locali continuare a tenere in piedi aziende che producono perdite, assunzioni clientelari, disservizi e default finanziari. Che problema c’è? Nel caso saranno tutti dichiarati “inderogabili forme di equità sociale” e saranno quelli che vivono di lavoro e salario a ripianare con i soldi delle loro tasse.
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