Emanuela Orlandi al cinema. Esce giovedì 6 ottobre 2016 nelle sale italiane il film “La verità sta in cielo”, diretto da Roberto Faenza. A giudicare dal trailer, il film è all’altezza della fama di Faenza, la qualità delle immagini è di livello internazionale. Sui contenuti, sulla sostanza delle vicende rappresentate c’è molto da discutere. A giudicare dalla anteprima in un cinema di Milano, l’interesse del pubblico, dopo oltre 30 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, si è molto raffeddato. Per la anteprima di Milano, si sono presentati più o meno 150 spettatori in un locale da 180 posti a sedere. Da notare il silenzio totale dei giornali nelle pagine delle cronache milanesi, come se la vicenda fosse ormai considerata un fatto locale romano.
Uno dei trailer del film “La verità sta in cielo”, dedicato alla scomparsa avvenuta oltre 33 anni fa della giovanissima cittadina vaticana Emanuela Orlandi, è stato diffuso con largo anticipo e la suspence è stata alimentata con un sapiente crescendo di interviste a puntate, che iniziano tutte con l’arrivo a piedi e al ralenty, tra il poliziesco, il solenne e il maestoso, del dinoccolato e barbuto attore Riccardo Festa, marcato accento veneto, nei panni dell’intervistatore e con grande uso del contrasto dei colori, in prevalenza bianco e nero, per risultare più drammatiche e “vere”. Insomma, un’overdose di droga cinematografica a tinte forti, misteri e cronaca nera resa nerissima. Gli intervistati sono:
– il regista Roberto Faenza, che promette “rivelazioni sconvolgenti” emerse solo durante la lavorazione del film, dichiara “vorrei che lo vedesse anche il Papa”, è d’accordo quando l’intervistatore afferma che “le testimonianze indicano in De Pedis l’autore del sequestro” e risponde alla domanda “ma perché un boss avrebbe dovuto rapire un’innocente ragazzina di 15 anni?”;
– gli attori protagosnisti Riccardo Scamarcio e Greta Scarano, ospiti per l’occasione anche a “Che tempo che fa” nonostante lo scarso entusiamo di Fabio Fazio;
– il magistrato Giancarlo Capaldo, che in polemica col capo della Procura della Repubblica di Roma non ha voluto firmare la richiesta di archiviazione e lo accusa implicitamente di insabbiamento;
– l’immancabile Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, che va contro la richiesta fatta dalla madre ai magistrati di abbandonare la pista Banda della Magliana/De Pedis e imboccare invece la “pista internazionale”. Pista che vuole Emanuela avvistata man mano a Parigi, nell’Europa dell’est e infine viva e vegeta nonché moglie e madre felice in Medio Oriente. Pietro si è detto sicuro della riapertura dell’inchiesta giudiziaria sulla pista Magliana/De Pedis dopo l’arrivo del film nelle sale cinematografiche. Nel film esordisce, nei panni di Emanuela, una figlia di Pietro, che a suo tempo ha fatto un provino con una sorella;
– la giornalista ex di “Chi l’ha visto?” Raffaella Notariale, che ha contribuito a scrivere il copione ed è ufficialmente la scopritrice della cosiddetta “supertestimone” Sabrina Minardi, ricoverata in un centro per tossicodipendenze e malattie mentali, le cui “rivelazioni” sono il filo lungo il quale si dipana l’intero film nonostante siano state cestinate in blocco dai magistrati perché tutte prive di prove.
Eppure, nonostante questo rullar di tamburi sempre più forte, l’anteprima di lunedì 3 ottobre al cinema Anteo di Milano ha racimolato non più di 150 spettatori sui 180 posti a sedere. E nonostante alla proiezione sia seguita una “lezione di cinema” di tre quarti d’ora impartita da Faenza e dalla Scarano, i giornali Corriere della Sera, Repubblica, Libero, Il Giornale, Il Giorno, ec., nelle loro pagine di cronaca milanese e di programmazione di film e spettacoli non gli hanno dedicato neppure una riga.
Poiché il film è coprodotto da Rai Cinema, dai piani alti di viale Mazzini è arrivata la “preghiera” a Bruno Vespa, che del caso Orlandi non ha mai voluto occuparsi, di parlarne almeno un po’ in una puntata di “Porta a porta” prima o almeno in contemporanea con l’arrivo de “La verità sta in cielo” nelle sale cinematografiche il 6 ottobre. Un “aiutino” comunque non in grado ormai di incendiare le praterie.
Non si capisce inoltre a cosa siano serviti i “nove avvocati, alcuni dei quali fatti arrivare dall’Inghilterra”, che stando alle dichiarazioni ufficiali del regista hanno “letto tutti gli atti giudiziari” setacciandone le oltre 20 mila pagine per evitare querele e un possibile sequestro dato che ci si basa solo su atti giudiziari archiviati sia dalla Procura della Repubblica, che dal GIP Giovanni Giorgianni e dalla Cassazione.
La pubblicità del film insiste infatti su luoghi comuni falsi, come l’affermazione che Sabrina Minardi sia stata l’amante di De Pedis per dieci anni filati, quando lei stessa ha detto a verbale che non si sono frequentati per più di due anni. Lo stesso Faenza ha dichiarato che il 22 giugno 1983, giorno della scomparsa, “le amiche hanno visto Emanuela salire su una BMW scura che la stava seguendo”, mentre invece non esiste nessuna testimonianza di chicchessia su una tale circostanza. Come se non bastasse, ha anche ammesso che il suo film ha romanzato l’intera vicenda, ma aggiunge che risulta talmente incredibile da essere l’unica che “come direbbero i magistrati” ricalca la realtà, quando invece i magistrati quel tipo di narrazione, già romanzata ad abundantiam dalla sfilza di “supertestimoni”, l’hanno cestinata archiviandola definitivamente.
Ma quello che lascia francamente sconcertati è l’avere imbastito l’intero film sulla credibilità delle “confessioni” della Minardi, per giunta come se fossero spontanee, quando esistono invece intercettazioni telefoniche e altre prove che hanno permesso al GIP Giorgianni di scrivere a pagina 37 della sua sentenza di archiviazione quanto segue:
“Sabrina Minardi sta cercando in tutti i modi di ricavare un guadagno dalle sue dichiarazioni [….] Le dichiarazioni della Minardi sotto il profilo della credibilità soggettiva e della attendibilità oggettiva mostrano enormi limiti”.