Nel rileggere il libro di don Gabriele Amorth, “L’ultimo esorcista”, mi sono accorto che dove parla di Emanuela – solo in parte delle pagine 227, 228 e 229 – m’erano sfuggiti quattro piccoli particolari. Piccoli, ma interessanti e che aggiungono motivi di perplessità sulla poca coerenza dei comportamenti di Pietro Orlandi alla ormai lunga lista formulata nel tempo.
A pagina 227 c’è scritto:
“Emanuela, infatti, suona il flauto presso la chiesa di Sant’Apollinare in Classe, dove c’è una sorta di conservatorio”.
Questa affermazione non corrisponde al vero, per ben due ragioni. In primo luogo, nella chiesa non c’era alcun conservatorio né nulla di simile. Il conservatorio si chiamava Ludovico da Victoria e si trovava al quarto piano del palazzo omonimo e contiguo, oggi interamente occupato dall’Università della Santa Croce creata dall’Opus Dei.
In secondo luogo, Emanuela non suonava il flauto in S. Apollinare, ma lo studiava e suonava per esercizio nel conservatorio, al quarto piano del palazzo citato. Dire che Emanuela suonava in flauto nella basilica e che nella basilica c’era il conservatorio serve solo per avvalorare la frottola da chi sostiene che la ragazza è stata vista per l’ultima volta davanti alla basilica o addirittura dentro, quando invece è documentato che è stata vista per l’ultima volta, dalla sua amica Raffaella Monzi, alla fermata dell’autobus 70 di fronte a palazzo Madama.
Sostenere che sia sparita davanti o dentro la basilica è solo un modo per cercare di tirare ancora in ballo l’ormai mitologico “boss della banda della Magliana” Enrico “Renato” De Pedis. A lanciare per prima tale teoria è stata lo scorso 16 maggio la trasmissione “Chi l’ha visto?”, la stessa che per ben sette anni ha sostenuto, solo ed esclusivamente sulla base di una ambigua telefonata anonima, che la soluzione del mistero Orlandi si trovava nella bara di De Pedis. Affermazione svaporata una volta aperta la bara di Renatino.
Sei giorni dopo la trasmissione, per l’esattezza il 22 maggio, la palla lanciata da “Chi l’ha visto?” è stata diligentemente raccolta e fatta propria dal vaticanista de La Stampa, Giacomo Galeazzi, che, nello stesso articolo, incorre nell’errore di attribuire al libro di don Amorth affermazioni che non sono di don Amorth, bensì di un precedente libro della giornalista Anna Maria Turi. La Stampa lancia così le famose affermazioni shock a carattere sessuale di don Amorth, il quale però successivamente si è lamentato che le sue parole siano state forzate e distorte.
A pagina 228 leggiamo:
“Secondo le ultime informazioni raccolte PRIMA della sua scomparsa, Emanuela sale su una macchina NERA”.
Una affermazione decisamente strabiliante. Ho evidenziato in tutto maiuscolo i due punti. E’ strano che don Amorth parli di informazioni raccolte PRIMA della scomparsa anziché, come è più logico, dopo. Ed è ancora più strano che parli di una macchina nera quando da ormai quasi trent’anni tutti parlano di una macchina di tutt’altro colore, cioè “verde tundra”. In questo modo, Amorth ha avvalorato ciò che il cardinale Silvio Oddi, interrogato nel ’93 dal giudice istruttore Adele Rando, testimoniò di avere sentito dire in Vaticano.
Ho fatto rilevare queste stranezze al suo autore, don Amorth, il quale, dopo avermi ringraziato per la segnalazione, mi ha detto che l’intera parte dedicata a Emanuela Orlandi prima di pubblicarla l’ha fatta leggere a Pietro Orlandi. Orlandi, a dire di Amorth, l’ha approvata in blocco, senza avere nulla da ridire.
Come è possibile che Pietro Orlandi non abbia trovato nulla da ridire su una spiegazione della fine di Emanuela che fa finire la povera ragazza, che nel caso è anche sua sorella, nel tritacarne dei festini delle mitologiche sette sataniche in S. Apollinare, festini diventati in seguito non più satanici, ma vaticani, dei quali si occupava “un gendarme vaticano”. C’è di che restare sbalorditi. O no?
Mi limito ad aggiungere un particolare: quando Pietro Orlandi nel gruppo “petizione.emanuela” da lui fondato su Facebook, sollecitato da alcuni iscritti al gruppo ha spiegato di avere parlato con don Amorth delle sue clamorose affermazioni su Emanuela, non solo non ha citato il libro di Anna Maria Turi, vera origine della storia dei “festini” e conseguente uccisione di Emanuela, ma non ha neppure fatto il minimo cenno sul fatto che lui conoscesse in anticipo quanto scritto dall’esorcista nel suo libro.
I commenti sono chiusi.