La storia del teschio fatto trovare lungo il colonnato della basilica di S. Pietro ha un precedente altrettanto clamoroso che vale la pena ricordare. Oltretutto, anche in quell’occasione si parlò di analisi del Dna, di attribuzione del macabro ritrovamento sia a Emanuela Orlandi sia a Mirella Gregori, di messe nere, di satanismo e di necessità di “vagliare tutte le ipotesi”.
Esattamente come in questi giorni con la faccenda del “flauto ritrovato” e ora anche del teschio, della 127 e di tutto quello che uscirà ancora nell’attesa dei 30 anni della scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta il 22 giugno 1983. Vediamo come sono andate le cose col teschio precedente.
Negli ultimi giorni dell’agosto 2001, nel solito vuoto di notizie estive, i giornali scrivono che il 13 maggio, nel giorno del ventesimo anniversario dell’attentato a Wojtyla, il parroco Giovanni Lucci della chiesa di San Gregorio VII, contigua alle mura del Vaticano e ai piedi di Monte del Gallo, ha trovato in un confessionale un teschio e che gli inquirenti sono all’opera perché potrebbe trattarsi di quello della Orlandi. Alle domande dei giornalisti, il portavoce della Santa Sede, Navarro Valls, risponde di «non avere nulla da dire». Il quotidiano Liberazione tuttavia scrive:
“La prima ipotesi presa in considerazione dai servizi segreti del Vaticano e dai carabinieri è che potrebbe essere il teschio di Emanuela Orlandi, la ragazza scomparsa a Roma nel 1983, un altro mistero vaticano che dura da 18 anni, legato con gli oscuri intrecci dell’attentato al Papa”.
“Quel teschio avrà almeno cento anni – commenta il parroco – altro che Emanuela Orlandi”. Parole al vento.
In attesa del responso degli inquirenti sul teschio, il 3 novembre 2001 il Corriere della Sera riporta che
“Tredici mesi fa Alì Agca [il turco che sparò al Papa] ha scritto una lettera ai servizi segreti turchi offrendo di infiltrarsi in Al Qaeda, andare in Afghanistan e prendere Osama Bin Laden “vivo o morto”.
Nella lettera l’attentatore alla vita di Wojtyla ha scritto:
“L’America ci ha consegnato Abdullah Ocalan come un regalo. Se mi liberate io darò Bin Laden all’America, come un regalo”.
Ocalan è il capo dell’ala militare degli irredentisti curdi ancora oggi in carcere in Turchia. A dar man forte alle profferte di Agca scende in campo il suo ex avvocato, Ferdinando Imposimato diventato nel frattempo legale della madre di Emanuela, signora Maria Pezzano:
“Ali Agca era inserito in una rete di islamici che avevano basi in Francia, Olanda, Turchia, Italia, Svizzera e che avevano dato prova di una grandissima efficienza. Da queste basi provenivano anche alcuni dei dirottatori dell’11 settembre. Perciò non sottovaluterei la lettera che ha inviato ai servizi segreti turchi. Agca potrebbe aver lanciato un messaggio con il quale vuol far sapere di conoscere molte altre cose e di essere in grado di rivelarle”.
S’è visto…
Il 9 novembre i giornali pongono fine all’attesa del responso sul teschio, creandone però un’altra. Ecco cosa scrive il Corriere della Sera:
“Secondo la perizia eseguita dalla medico legale Carla Vecchiotti consegnata alla procura di Roma, è di una giovane tra i 25 e i 35 anni, morta tra i 15 e i 20 anni fa, il teschio trovato lo scorso 13 maggio, giorno del ventesimo anniversario dell’attentato al Papa, in un confessionale della chiesa di San Gregorio VII, nella omonima via a Roma, vicino al Vaticano. Il ritrovamento potrebbe nascondere un intreccio che lega l’attento al Papa e la vicenda di Emanuela Orlandi”.
Secondo il quotidiano «Liberazione», che citava un’ipotesi dei servizi segreti,
quel teschio potrebbe essere quello di Emanuela Orlandi, scomparsa a Roma nel 1983 all’età di 15 anni. È probabile che la Procura possa chiedere una proiezione computerizzata del teschio che permetterà al computer di ricostruire il volto della donna. Una volta ricostruito il viso al computer, verrà confrontato con quello di Emanuela Orlandi per verificarne la compatibilità. L’esame del Dna verrà preso in considerazione solo come ultimo accertamento. In ambienti della procura si fa notare che è presto per dire se il teschio abbia a che fare con la ragazza scomparsa nel 1983, ma gli accertamenti verranno condotti doverosamente, dal momento che la consulenza non escluderebbe «la compatibilità della morte presunta di Emanuela Orlandi in data non definita”.
Il 10 novembre la suspence è resa più forte dal possibilismo avvalorato di colpo da tutti un po’. Vediamo per esempio cosa scrive lo stesso Corriere della Sera:
“”Una croce senza fine”, dicono i genitori di Emanuela Orlandi, che si preparano a vivere altri giorni pieni di angoscia, dopo 18 anni, nella loro casa dentro le mura vaticane. Il teschio fatto ritrovare in una chiesa vicino a San Pietro il 13 maggio maggio scorso,ventesimo anniversario dell’attentato a Giovanni Paolo II, potrebbe appartenere alla ragazza scomparsa.
“C’è una compatibilità”, ha ammesso ieri il pm Maria Rosaria Minutolo, dopo aver letto la perizia del medico legale Carla Vecchiotti. Al computer si cercherà ora di ricostruire il volto della donna per metterlo a confronto con quello di Emanuela. Se necessario, si farà infine anche la prova del Dna. [….] Secondo la perizia, il teschio rinvenuto, privo della mascella, sarebbe di una giovane donna, di 25-30 anni, un’europea, morta almeno 15-20 anni fa. Sul cranio risulterebbero segni di violenza: la ragazza fu uccisa. “C’è una compatibilità”, ripete il pm.
“La medicina legale è una scienza abbastanza elastica: se Emanuela, però, fosse morta 15 anni fa, cioè nel 1986, avrebbe avuto all’epoca 18 anni. E non 25, come indicato nella perizia. “È giusto – osserva il pubblico ministero Minutolo – Infatti noi prendiamo in considerazione tutte le ipotesi. Purtroppo, sono tante le ragazze di cui in questi anni si son perse le tracce. Potrebbe trattarsi anche di uno scherzo di pessimo gusto. O di un teschio rubato al cimitero chissà per quali scopi”.
Messe nere? Satanismo?
“Tutte le ipotesi sono al vaglio”. L’ avvocato della famiglia Orlandi, Massimo Krogh, ha parlato ieri con Ercole e Maria, il papà e la mamma della ragazza scomparsa. “Attenderemo l’esito di questi nuovi esami – hanno confidato al legale. Purché venga fatta luce”.
Sembra di rileggere le frasi di oggi, anche se nel frattempo Ercole Orlandi è morto e le stesse cose vengono dette da altri suoi familiari.
In attesa che si faccia luce, dopo appena sei giorni il teschio cambia padrona. “Forse” non è più di Emanuela, ma “forse” di Mirella… Ecco cosa scrive infatti sempre il Corriere della Sera nella sua edizione on line il 16 novembre 2001:
“Dopo 18 anni il filo che lega la scomparsa di Emanuela Orlandi e quella di Mirella Gregori non si è ancora spezzato. La storia delle due studentesse, svanite nel nulla a 15 anni, torna a intrecciarsi attorno al cranio ritrovato in un confessionale della chiesa di San Gregorio VII Papa il 13 maggio scorso, ventesimo anniversario dell’attentato a Giovanni Paolo II. L’ultima congettura della procura della Repubblica è che il teschio possa essere appartenuto a Mirella, sparita il 7 maggio 1983.
“Anche Emanuela fu rapita quell’anno, il 22 giugno, a sei settimane di distanza. Il pubblico ministero Maria Rosaria Minutolo non esclude che il cranio sia da attribuire alla Orlandi, ma avanza anche l’altra ipotesi perché i sequestri delle due studentesse sono sempre stati considerati come pezzi di un unico puzzle. […..] È certo invece il test del Dna, che confronterà il cranio con i capelli dei genitori delle due ragazze. È l’unica strada possibile per scoprire se il cranio è appartenuto a Emanuela o a Mirella, sempre che non sia stato rubato in un cimitero per un rituale macabro o uno scherzo di pessimo gusto”.
Il tutto ovviamente ignorando di sana pianta, esattamente come oggi, che nel dicembre 1997 i magistrati Adele Rando e Giovanni Malerba hanno concluso che i due casi non sono collegati, se non come utilizzo del secondo, Gregori, per intorbidire ancor più le acque e meglio nascondere le reali finalità del primo, Orlandi.
Nel mio libro del 2008 sul caso Orlandi ho ridicolizzato la vicenda del teschio con un apposito capitolo, “La ballata del teschio”. Eppure nella prima puntata di giugno 2012 del programma televisivo Quarto Grado, condotto da Salvo Sottile, Alessandro Meluzzi, esperto in neurologia e psichiatria nonché consulente in criminologia di Quarto Grado, sosterrà che il cranio fatto trovare nella chiesa di S. Gregorio VII era quello di Mirella Gregori. E quando Maria Antonietta Gregori, sorella di Mirella, presente in studio, chiederà sbalordita a Meluzzi da dove abbia perso tale notizia si sentirà rispondere: “L’ho letta in un libro di Pino Nicotri”!
Eh sì, l’animo umano è un gran mistero…. Spesso quasi come le reali intenzioni di certi esperti e consulenti.
Come che sia, pur avendo avvertito subito per telefono e via mail Meluzzi, Gregori e Sottile della falsità di quanto addebitatomi e pur avendo più volte insistito perché ristabilissero la verità con una apposita rettifica, fino ad oggi a Quarto Grado NON hanno smentito nulla.
Come è noto, la legge dello spettacolo è dura: “The show musto go on!”.
“Vesti la giubba, la faccia infarina”, scrisse Ruggero Leoncavallo nel libretto dei Pagliacci: “La gente paga e rider vuole qua”.
E infatti… “Venghino, siòri, venghino. Avanti c’è posto”. Ci sono perfino “il” flauto traverso, altrimenti detto piffero, cosa che, se non si trattasse di una vicenda così orribile, giustificherebbe facile ironi, e un altro teschio.
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