Ci sono sempre nuovi interrogativi nel caso Emanuela Orlandi. A cominciare dai rapporti fra Pietro Orlandi e il nuovo supertestimone Marco Fassoni Accetti, lanciato da “Chi l’ha visto?” con la storia del flauto. In attesa dei risultati sull’eventuale presenza di Dna sul flauto traverso fatto trovare il 3 aprile scorso a “Chi l’ha visto?”, gli inquirenti stanno cercando di capire perché Marco Fassoni Accetti si sia deciso solo di recente, con 30 anni di ritardo, a dire la sua sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, per giunta autoaccusandosi.
I motivi possono essere tanti, dal volersi sgravare la coscienza dal peso di avere partecipato o addirittura essere stato l’organizzatore di due rapimenti che si possono definire “uni e trini” – simulati, non simulati, metà e metà – fino al volersi fare pubblicità in vista del trentesimo anniversario della scomparsa delle due ragazze, avvenuta per entrambe nel 1983. Il 7 maggio per la Gregori e il 22 giugno per la Orlandi.
In definitiva la pubblicità, che come si sul dire è l’anima del commercio, potrebbe essere una cosa molto utile per un artista come Fassoni Accetti, che si occupa di allestimenti artistici, fotografia e produzioni cinematografiche. Se fino a ieri pochi lo conoscevano, oggi Fassoni Accetti è molto noto. Anzi, famoso.
Vero è che ha ricevuto un avviso di garanzia per concorso in sequestro di persona, anzi persone al plurale, con l’aggravante della morte e della minore età degli ostaggi sia pure, a quanto pare, consenzienti. Ma è anche vero che si tratta solo di un atto dovuto, che di rischi concreti non ne comporta: i reati in questione sono infatti tutti prescritti, visto che non rientrano tra quelli per il quali la prescrizione non è prevista. In particolare non cadono mai in prescrizione i delitti definiti dai seguenti articoli del codice penale: 576 e 567 (omicidio volontario con aggravanti), 630 (sequestro di persona a scopo di estorsione seguito dall’uccisione del sequestrato). Come si vede, l’autoaccusa di Fassoni Accetti prudentemente non rientra in nessuno di questi delitti.
Come che sia, gli inquirenti hanno appuntato la loro attenzione su una serie di fotografie che fanno parte della galleria delle produzioni artistiche di Fassoni Accetti documentata nel suo sito Internet. Sono anche orientati a pensare che la molla che ha spinto l’artista a entrare in scena – sia che racconti la verità sia che racconti anche lui frottole come i vari “supertestimoni” precedenti – è stata l’ iper pubblicizzata macabra apertura della tomba di Enrico De Pedis e dell’intero ossario pre napoleonico della basilica di S. Apollinare dove il cosiddetto “boss della banda della Magliana” riposava il sonno eterno fino al 14 maggio dell’anno scorso.
Per poter arrivare alla bara di De Pedis i magistrati hanno dovuto ordinare la demolizione del sarcofago di marmo nella piccola cripta del sotterraneo della basilica. E in seguito hanno ordinato anche la demolizione dell’ossario che custodiva le migliaia di ossa dell’antico cimitero sotterraneo per controllare se i resti della Orlandi potessero esservi stati nascosti. La strana iniziativa dello sventramento del sarcofago e dell’ossario è nata, come è ben noto, sulla pressione iniziata nel settembre 2005 da “Chi l’ha visto?” con la messa in onda di una telefonata anonima goliardica che indicava nel contenuto della bara di De Pedis addirittura la soluzione del mistero Orlandi.
Come è andata s’è visto. Ma proprio a causa di tutto ciò può essere scattata nella mente di Fassoni Accetti sia l’idea di irrompere anche lui nel caso Orlandi sia l’idea di rivolgersi a “Chi l’ha visto?”, con il ritrovamento del flauto, anziché direttamente alla magistratura o ai carabinieri e polizia come sarebbe logico aspettarsi.
La procura della Repubblica ha infatti ben presente che ad Avetrana, per esempio, Michele Misseri a scoprire i resti di sua nipote Sarah Scazzi per autoaccusarsi della sua uccisione ci ha portato la polizia e i carabinieri, non una troupe di “Chi l’ha visto?” o del suo concorrente Quarto Grado di Mediaset. .
Marco Fassoni Accetti si è autoaccusato della scomparsa di Emanuela Orlandi, sia pure affermando che fosse consenziente, ma il fratello della ragazza anziché scatenarsi contro di lui come ha invece fatto per esempio, sulla base di niente, con don Piero Vergari, rettore della basilica di S. Apollinare, gli ha aperto le braccia iscrivendolo alla propria pagina Facebook creata per la petizione al Vaticano perché dica quello che sa sulla sorte di sua sorella.
“Fassoni dice che nelle sue dichiarazioni alla stampa è stato equivocato. Poiché siamo in democrazia è giusto che scriva e si spieghi su questa pagina”, ha scritto in sostanza Pietro sulla sua pagina Facebook, sollevando l’incredulità e lo sdegno di non pochi iscritti. Non solo perché assai poco democraticamente ha cacciato dalla pagine iscritti sgraditi, compreso il sottoscritto, ma soprattutto perché le uniche dichiarazioni alla stampa di Fassoni Accetti sono quelle riportate nella pagine di cronaca romana del Corriere della Sera da Fabrizio Peronaci: che è amicissimo di Pietro nonché autore con lui del libro “Mia sorella”.
Peronaci pubblica virgolettati attribuiti a Fassoni Accetti facendo intendere che siano frasi tratte dai verbali delle dichiarazioni fatta dall’artista ai magistrati, mentre invece il diretto interessato afferma che si tratta di frasi orecchiate da Peronaci mentre assisteva a un colloquio tra lui e Pietro. Di che restare allibiti c’è dunque non poco.
A palazzo di giustizia comincia a serpeggiare il sospetto che per motivi e interessi vari ci sia chi non vuole che l’inchiesta giudiziaria sul caso Orlandi, filone aureo non solo per Raitre, venga finalmente chiusa. E che pertanto pianifichi con largo anticipo coup de théâtre come questo di Fassoni Accetti e quelli di Sabrina Minardi e della telefonata “decisiva” del 2005 a “Chi l’ha visto?”.
Insomma, non è detto che l’avviso di garanzia per concorso in sequestro aggravato non si tramuti per il suo destinatario in un più semplice avviso per autocalunnia e falsa testimonianza. Negli Stati Uniti rischierebbe di trasformarsi anche nella più grave accusa di ostruzione alla giustizia, reato che però in Italia non esiste.
Intanto nella prossima puntata di “Chi l’ha visto?” il nuovo “supertestimone” chiarirà i punti per i quali ha accusato la redazione del programma di avere tagliato e manipolato la parte della sua lunga intervista trasmessa solo in parte.
Lo spettacolo continua…
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