Pietro Orlandi ha cercato e cerca – giustamente – la sorella Emanuela Orlandi ovunque, dalla Turchia a Londra passando per l’intero cimitero sotterraneo della basilica romana di S. Apollinare. Però si tiene sempre alla larga da via Monte del Gallo, strada a ridosso delle mura vaticane prospicienti il Gianicolo, dove secondo una mia fonte vaticana, Emanuela sarebbe morta la sera stessa della sua scomparsa, cioè del 22 giugno ’83. L’ho riportato in un mio libro del 2008.
È una strada comunque interessante via Monte del Gallo, perché contigua alla stazione ferroviaria Roma S. Pietro e potrebbe quindi spiegare perché mai nella prima telefonata del cosiddetto Americano a casa Orlandi si senta un fischio di treno: probabilmente l’autore di quella telefonata abitava a Monte del Gallo, che dà il nome alla via, ma anche a un vicolo, a una salita e a un clivo.
Ricordiamo che l’Americano è quel tizio che si spacciava per il portavoce dei “rapitori” di Emanuela Orlandi e che oggi viene sospettato da “Chi l’ha visto?” essere stato in realtà Marco Fassoni Accetti, o se preferite MFA, che si è auto accusato di essere stato “un telefonista del rapimento simulato di Emanuela” nonché un co-organizzatore del medesimo.
In una recente puntata di “Chi l’ha visto?” sono state infatti mandate in onda la telefonata la dell’Americano col fischio del treno e una registrazione della voce di MFA per chiedere ai telespettatori se secondo loro si tratti della stessa persona o no.
A chi gli chiede anche su Facebook il perché di questo suo non voler neppure sentir parlare di via Monte del Gallo, Pietro Orlandi risponde con due affermazioni sorprendenti.
1. “Non tutte le ipotesi devono avere riscontro mediatico”, espressione adatta più a un esperto di marketing che a chi cerca la verità ovunque e comunque.
2. Chi insinua “certe cose” su sua sorella lui non lo prende neppure in considerazione.
Pietro Orlandi insiste infatti da tempo a dire due cose che chissà da dove le ha prese. La prima è che io ho scritto che i suoi genitori educavano le figlie a “fare le geishe” (!!!) per i cardinali della curia vaticana. La seconda è che io affermo o insinuo che sua sorella in via Monte del Gallo ci sarebbe andata per scopi sessuali, quando invece mi sono limitato a scrivere, qualunque cosa mi abbia detto la mia fonte, che si sarebbe trattato di “un incontro conviviale”.
L’espressione non esclude prendere per esempio un caffè o parlare della Roma di cui Emanuela Orlandi era tifosa. Oltretutto, ho anche sempre specificato che la mia fonte mi aveva riferito quanto appreso “da due agenti del Sisde”, come si chiamavo allora i servizi segreti civili, ma che nessuno era in grado di dire se i due gli avessero raccontato una cosa vera o una frottola.
Come si vede, il comportamento di Pietro Orlandi verso di me, ma questo non è un problema, e verso la pista Monte del Gallo, e questo invece può essere un problema, è totalmente ingiustificato. Tanto più che, come mi ha scritto don Gabriele Amorth, non ha avuto nulla di ridire quando il famoso esorcista gli ha fatto visionare le bozze del libro “L’ultimo esorcista”, dove riguardo la fine di Emanuela Orlandi si ipotizzano scenari ben diversi da un “incontro conviviale”.
E siccome don Amorth riprende le dicerie di un archivista vaticano, don Simeone Duca, secondo il quale Emanuela Orlandi sarebbe stata uccisa dopo essere stata sfruttata per festini spinti ai quali partecipavano anche diplomatici, varrebbe certo la pena che anche Pietro andasse a dare un’occhiata per vedere se a Monte del Gallo e dintorni ci sono abitazioni di diplomatici e/o rappresentanze diplomatiche.
Invece Monte del Gallo viene tenuto fuori dalle attenzioni del pubblico ricorrendo anche a frottole e inesattezze sbalorditive. Nella puntata di “Chi l’ha visto?” del 5 luglio 2010, la conduttrice Federica Sciarelli – presenti in studio Natalina Orlandi, sorella di Emanuela Orlandi, e il magistrato nonché sottosegretario all’ Interno Alfredo Mantovano – a partire dal 12° minuto, dopo avere fatto ascoltare la famosa telefonata dell’Americano col fischio del treno e fatto notare ai telespettatori che forse il telefonista ha citato a bassa voce un numero di treno, si spinge ad affermare che la stazione Roma S. Pietro prima dell’84 non esisteva. La stazione invece esisteva eccome. Ciò che non esisteva fino al 2000 era il lungo tunnel che passa sotto il Gianicolo per permettere ai treni, della linea Livorno-Roma, di proseguire e arrivare fino alla stazione Termini.
La conduttrice di “Chi l’ha visto?” ha anche assicurato che avrebbe chiesto alle Ferrovie dello Stato la conferma dell’inesistenza negli anni ’80 della stazione Roma S. Pietro. I casi quindi sono due: o si è dimenticata di chiederlo oppure ha taciuto la risposta.
Piccola nota storica e di colore. Monte del Gallo non deve il suo nome né a galli né a galline, ma al fatto che durante l’assedio sfociato nel 1527 nel famoso sacco di Roma l‘artista Benvenuto Cellini o un soldato al suo comando uccise con un colpo d’archibugio sparato dalle Sacre Mura il Conestabile Carlo III di Borbone conte di Montpensier. E siccome i francesi prima di essere chiamati così erano chiamati galli fin dal tempo dei romani, ecco spiegato il perché quella collinona romana si chiama Monte del Gallo. Il Gallo al quale si riferisce è il conte di Montpensier.
I commenti sono chiusi.