Lettera segreta al Papa nota a Pietro Orlandi ha tradito il corvo Vaticano

Le strade del corvo vaticano Paolo Gabriele, maggiordomo del papa, e di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, la sedicenne scomparsa un un’estate di 30 anni, si sono incontrate, anzi intrecciate, attorno a una lettera.

La lettera è quella che Orlandi ha commentato qualche mese fa in diretta tv ed è forse, prima ancora dell’uscita del libro di Gianluigi Nuzzi, “Santità”, la molla che ha spinto le autorità vaticane sulla pista giusta. Si deve risalire a fine febbraio scorso, quando, nel corso del programma televisivo “Chi l’ha visto?”, è stata resa nota una lettera riservata inviata dal portavoce vaticano don Federico Lombardi al Papa, lettera commentata da Pietro Orlandi anche su altri mass media.

Nella missiva don Lombardi faceva rilevare in sintesi che – come è del resto arcinoto e molto documentato – ci sono stati silenzi e mancate collaborazioni da parte vaticana con le autorità italiane che hanno contribuito a coprire la vicenda e a nascondere la verità. Nella sua nota don Lombardi indicava il dilemma principale: ”Se cioè la non collaborazione con le autorità italiane (almeno in alcune delle forme richieste – rogatorie, deposizione Bonarelli) fosse una normale e giustificata affermazione di sovranità vaticana, o se effettivamente si fossero mantenute riservate delle circostanze che avrebbero potuto aiutare a chiarire qualcosa”.

Le rogatorie citate da don Lombardi sono state tre, inviate dai magistrati italiani per chiedere di poter interrogare alcuni cardinali, ma sempre respinte a firma del Giudice Unico vaticano, avvocato Gianluigi Marrone, la cui segretaria era curiosamente Natalina Orlandi, sorella di Emanuela: particolare, quest’ultimo, che in Vaticano e in Italia si fa di tutto per non sottolineare troppo.

La “deposizione Bonarelli” si riferisce all’interrogatorio avvenuto nel 1993 di Raul Bonarelli, all’epoca vice capo della Vigilanza vaticana, e all’avviso di reato di concorso nel sequestro di Emanuela spiccatogli dai magistrati per non avere saputo spiegare il motivo per il quale il giorno prima di essere interrogato come semplice testimone aveva ricevuto una telefonata dal “cappellano di Sua Santità” don Bertani che gli ordinava di mentire. E soprattutto per non aver saputo spiegare perché nei giorni precedenti aveva telefonato lui stesso in Vaticano per chiedere con allarmata insistenza come si dovesse comportare con durante l’interrogatorio.

La sorpresa per la diffusione in tv della nota riservata inviata al Papa ha ovviamente messo in allarme gli addetti alla sicurezza vaticana, che hanno così iniziato le indagini di recente concluse con il clamoroso arresto del maggiordomo del papa. Era però già dai primi di dicembre che gli uomini della Vigilanza erano incuriositi dai rapporti che Pietro Orlandi vantava pubblicamente di avere con il segretario particolare di Ratzinger, don Georg Gaenswein. In vista del raduno di domenica 18 dicembre in piazza S. Pietro per ascoltare la pubblica risposta, data ingannevolmente per certa, del papa alla petizione che chiede la fine del silenzio sulla scomparsa di sua sorella, Pietro aveva infatti spiegato in tv e ai giornali di avere consegnato la sua supplica direttamente nelle mani di don Georg.

Ma ai responsabili della sicurezza vaticana non è certo sfuggito il particolare che Paolo Gabriele abita in Vaticano nella stessa palazzina di piazzetta S. Egidio dove ancora oggi vive la signora Maria Pezzano, madre di Pietro, Emanuela, Natalina e altre due figlie. Non è sfuggito neppure che Pietro, oltre ad andare spesso a far visita alla madre, abita a poche decine di metri da porta S. Anna, attraverso la quale Paolo Gabriele entrava e usciva più volte al giorno per vedere amici anche nei bar dei dintorni.

Anzi, la frequenza e la cordialità degli incontri tra Pietro e Paolo indicavano una evidente amicizia, coltivata in particolare da quando Pietro non ha più lavoro: dipendente della banca vaticana IOR sin dai primi anni ‘80, ha scelto infatti di mettersi in prepensionamento, a soli 53 anni e con 6 figli. Del resto, che Pietro e Paolo fossero ottimi amici lo ha dichiarato lo stesso Pietro quando ha commentato a botta calda l’arresto di Paolo, che ha difeso a spada tratta.

In Vaticano stanno facendo di tutto per chiudere il caso velocemente e senza strascichi giudiziari. Il maggiordomo arrestato collabora pienamente, tant’è che si dà per scontato che Ratzinger, nella sua veste di capo di Stato del Vaticano, gli concederà la grazia. Il suo predecessore, papa Wojtyla, a suo tempo ha fatto ben di più, ha perdonato perfino chi nell’81 gli aveva sparato per tentare di ucciderlo, vale a dire il turco Alì Agca.

Anche se i cittadini italiani complici di Paolo Gabriele sono già stati individuati, difficilmente verranno perseguiti penalmente. Per farlo, il Vaticano dovrebbe infatti inviare delle rogatorie alla magistratura italiana. Ma sarebbe semplicemente ridicolo, ma anche offensivo e un po’ feroce, che le chiedesse dopo che da sempre ha testardamente respinto quelle dei magistrati italiani che indagavano sulla scomparsa della Orlandi. E la scomparsa di una ragazza è certamente cosa più grave del passare ai giornalisti e affini lettere e documenti del papa. Nei quali a ben vedere non c’è in definitiva nulla di stravolgente. In ogni caso, nulla di paragonabile all’avere fatto sparire un sedicenne.

Più che far luce sui compagni di volo del corvo, papa Ratzinger e la sua Segreteria di Stato farebbero bene a esaudire la supplica fin troppo rispettosa di Pietro Orlandi, fare cioè luce sulla fine di Emanuela. Basterebbe dire cos’è che Bonarelli non doveva assolutamente far sapere ai magistrati nel ’93. E cosa c’è scritto nel dossier sul caso Orlandi la cui esistenza è stata rivelata a suo tempo agli stessi magistrati da monsignor Francesco Salerno. Che ne definì il contenuto “probabilmente risolutivo”.

Altro che le lettere del corvo…..

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