Emanuela Orlandi, zia Anna e suo amante chiave del mistero?

Nella galleria dei misteri che circonda la scomparsa di Emanuela Orlandi, c’è un personaggio che il  recente libro di Roberta Hidalgo mette in risalto dopo che per anni anni era rimasto ai margini. Si chiama Anna Orlandi ed è la zia,  per parte di padre, di Emanuela, la ragazza figlia di un impiegato del Vaticano scomparsa il 22 giugno 1983 all’età di quasi 16 anni.

Il libro della Hidalgo si intitola “L’affaire Emanuela Orlandi”, è stato pubblicato a Roma dall’editore libraio Fabio Croce e il fratello di Emanuela, Pietro, ne ha chiesto il ritiro, senza considerare che in pochi giorni invece il libro è andato esaurito.

Una delle tesi del libro è che la zia Anna sia in realtà la vera mamma di Emanuela, che l’avrebbe avuta dalla relazione con un alto prelato. Anna Orlandi, deceduta a fine novembre 2011 a 80 anni di età, era sorella di Ercole Orlandi, padre di Emanuela. Per la Hidalgo il vero padre di Emanuela sarebbe monsignor Paul Marcinkus, anima nera della banca vaticana IOR nonché capo del governatorato dello Stato del Vaticano. Nel libro si adombra inoltre, in modo un po’ confuso e solo allusivo ma facilmente comprensibile, che la stessa Anna non sia davvero figlia dello scudiero papale Pietro Orlandi, nonno di Emanuela, di Pietro e delle altre tre sorelle, ma addirittura figlia di un Papa.

Secondo il cronista che vi scrive e segue il caso Orlandi da dieci anni, la rilettura di vecchi appunti in effetti fa apparire la zia Anna come un personaggio che potrebbe diventare centrale. Stando alle impressioni recentissime dell’editore Fabio Croce, a provocare la dura reazione di Pietro Orlandi sarebbero state proprio le pagine che la Hidalgo ha dedicato alla zia Anna, non molte nella economia del libro, ma dirompenti nella ricomposizione della storia.

A complicare il mistero c’è poi l’intreccio di due figure maschili: l’uomo descritto dalla Hidalgo come il grande amore della maturità di Anna potrebbe coincidere o meno con l’uomo di cui mi ha parlato anni fa l’ormai defunto avvocato Gennaro Egidio, legale degli Orlandi, alludendo a lui come un possibile elemento scatenante della “scomparsa” di Emanuela, tesi da me sempre sostenuta e cui ora sembra avere aderito lo stesso Pietro Orlandi.

Dalle testimonianze risulta per certo che Anna fino a poco dopo la scomparsa di sua nipote abitava da sempre con il fratello Ercole e la di lui moglie Maria, nell’appartamento in piazzetta S. Egidio dentro il Vaticano.  Vi sono anche testimoni secondo i quali è stata proprio Anna a crescere i cinque figli della coppia. Nonostante ciò, però, gli Orlandi in tutte le interviste e racconti riguardanti Emanuela non ne hanno mai fatto cenno, neppure quando descrivevano la propria famiglia. Pietro Orlandi nel suo libro “Mia sorella Emanuela”, edito lo scorso anno, le dedica solo qualche cenno. Eppure zia Anna ha vissuto con lui per anni e anni e ha cresciuto anche lui come ha cresciuto le sue quattro sorelle.

Anch’io, pur avendo parlato spesso con Ercole e Maria in casa loro in Vaticano per il mio primo libro del 2002 sul caso Orlandi, non l’ho mai sentita nominare. Ne ho scoperto l’esistenza solo parlando con l’avvocato Egidio, nel corso di una telefonata la cui registrazione ho consegnato ai magistrati lo scorso ottobre e il cui contenuto è stato pubblicato da Blitz lo scorso 28 febbraio.

Secondo l’avvocato Egidio, a suo tempo la signora Anna aveva avuto una relazione con un uomo conosciuto in un negozio di via Cola Di Rienzo e che frequentava portandosi appresso la nipote Emanuela. Nella versione di Egidio, l’uomo però nascose ad Anna Orlandi di essere già sposato e per giunta si presentò con un nome falso. Egidio sostenne che quell’uomo “è scomparso proprio dopo che era scomparsa Emanuela” e che a causa del nome falso non potè essere mai interrogato dai magistrati che indagavano sulla sorte della ragazza.

Molto diverse le testimonianze raccolte dalla Hidalgo: Anna aveva una relazione con un uomo sposato, il cui cognome era Giuliani e che abitava con la propria moglie nel paesino di Torano, dove gli Orlandi andavano a passare le vacanze, un paesino laziale a meno di 100 chilometri a nordest di Roma

Il paese è lo stesso citato anche da Egidio quando gli chiesi “se l’Emanuela s’è squagliata di sua iniziativa”. Avevo in mente la tesi sostenuta dal cardinale Silvio Oddi quando fu intervistato, il 22 luglio ’93, dalla giornalista Anna Maria Turi del quotidiano Il Tempo. Secondo Oddi, Emanuela il giorno della scomparsa era regolarmente tornata a casa accompagnata da qualcuno in auto, per poi salire sulla stessa auto rimasta ad aspettarla vicino all’ingresso di porta S. Anna. Interrogato come testimone, il cardinale Oddi aveva sostenuto la stessa cosa davanti al magistrato Adele Rando il 24 giugno.

Alla mia domanda, Egidio rispose evasivo: “Ah, eh, questo…”, al che incalzai: “… o è stata acchiappata, fatta sparire e poi ci hanno costruito sul caso”.

Replica di Egidio: “No, no, questo io lo escluderei. Io lo escluderei, poi sa…”. Al che io: “Potrebbe essere sparita di sua iniziativa”.

Egidio: “Eh questo non so, tutto è possibile. C’è tutta la questione dove loro passavano le vacanze, nel paesino, lì a Torano, eccetera eccetera. Tutta gente che ritorna alla zia dell’Emanuela, cioè… Anna mi pare che si chiami. […] Che è una santa donna, una bravissima donna”.

Il paese evidentemente è lo stesso. E l’uomo? Vediamo cosa hanno in comune le allusioni di Egidio e il racconto della Hidalgo.

Egidio parla di Torano e di un uomo, ma non colloca l’uomo a Torano, anzi dice di lui non si sa nulla e che quello diede un falso nome e sembra collocare gli incontri di Anna e del misterioso amante  nella cornice di via Cola di Rienzo, alle spalle delle mura vaticane, una delle strade commerciali del quartiere Prati a Roma.

Però potrebbe trattarsi dello stesso uomo, del quale, per motivi coperti dal mistero, Anna potrebbe avere detto, anche ai magistrati che la interrogavano, che non ne conosceva il nome.

Invece, stando ai racconti raccolti dalla Hidalgo a Torano, la relazione adulterina tra Anna e Giuliani era ben nota in paese. Ed era anche noto che Anna poco dopo la scomparsa di Emanuela aveva smesso di colpo di abitare in casa dagli Orlandi, forse contrariati dall’adulterio, e si ritirò a vivere proprio a Torano, dove accolse in casa e curò con amore Giuliani quando questi rimase paralizzato e andò a vivere con lei fino alla morte. Da allora Anna Orlandi si fece chiamare Giuliana Giuliani, cognome al quale aveva anche intestato il telefono di casa. Come in un gioco di specchi nel quale l’uomo di via Cola Di Rienzo non si sa se sia o no Giuliani, Anna decide di farsi chiamare Giuliana.

Quando parlai con Anna Orlandi al telefono, lei si limitò a dirmi che l’uomo conosciuto in via Cola Di Rienzo le aveva dato un nome falso e che quando lei scoprì che era sposato decise di non vederlo più.

A mettermi in condizione di trovare Anna fu suo fratello Ercole, ma solo dopo che gli manifestai meraviglia e disappunto per il fatto che non me ne avesse mai parlato. E anche Ercole mi parlò di un uomo sposato che aveva dato ad Anna un nome fasullo, tanto che, appunto, i magistrati non riuscirono a rintracciarlo e non poterono interrogarlo.

Come si vede, un bel garbuglio. O la Hidalgo ha inventato tutto, cosa poco credibile, oppure qualcosa non torna in questo intreccio di nomi e uomini che hanno in comune il riferimento di Torano. E qualcosa non torna nemmeno nelle parole di Egidio, il quale tira fuori il nome di Anna quando parla del giro di amicizie quanto meno estive di Emanuela. Al lettore non può sfuggire che l’avvocato ne parlasse in modo stranamente allusivo, lasciando intuire che fosse una donna piuttosto disinvolta e imprudente: tant’è che dopo avere lanciato il sasso Egidio nasconde la mano schernendosi con le parole “E non vorrei aggiungere altro….”. Il risultato, voluto o meno, è che non ci si può sottrarre alla fastidiosa impressione che Egidio sospettasse che la chiave del mistero potesse trovarsi forse proprio in quel giro di amicizie.

Dopo avere riconosciuto alla zia Anna la patente di “santa donna, bravissima donna”, una donna che “veniva seguita addirittura, nonostante la sua età. E non vorrei aggiungere altro…”. Qui, riascoltando la registrazione, non mi è chiaro il senso che Egidio dava alla sua espressione: se intendeva che la zia Anna, nonostante l’età sinodale, fosse ancora così bella da indurre gli uomini a cercar di rimorchiarla oppure se, fosse seguita con rigore dalla famiglia, come una ragazzina che va in giro sempre accompagnata (e nel caso proprio da Emanuela in veste di chaperon). Egidio parla dell’uomo del mistero: “C’era una persona che era diventato un amico addirittura dell’Anna e compagnia bella, e lei quindi parlava liberamente, perché parlava sempre molto bene, con orgoglio dei suoi… della nipote e degli altri, cioè… E quindi non si è mai capito questo tizio chi fosse, come mai poi dopo alla fine è scomparso proprio dopo che Emanuela era scomparsa”.

L’uomo “accompagnava e conosceva molto bene l’Anna, che l’aveva conosciuto…mi sembra, mi sembra di ricordare, se ricordo bene, che in via Cola di Rienzo c’era quest’uomo, mentre lei era in un negozio, che poi lei conobbe. E poi questo cominciò a conoscerla, a seguirla, a frequentarla… e delle volte uscivano anche con l’Emanuela insieme”.

Particolari che avrebbero suscitato l’attenzione di Maigret, peccato che alla mia domanda se l’uomo avesse un nome, Egidio rispose: “Ma il nome… lui dette un nome falso all’Anna. Questo è il punto”. Incalzai: “Cioè?”. Risposta: “E non me lo ricordo ora”. Al che io: “Cioè secondo lei questo tizio poteva avere a che fare…”.

Egidio: “No, questo tizio magari successivamente potrebbe avere a che fare, per l’amor del cielo. Io ritengo che erano tutti… Ci sono state tante di quelle persone, apparizioni in questo scenario… di persone che volevano seguire questa storia che veniva adoperata per altri fini, per altre questioni”.

 

 

 

 

 

 

 

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