Magari nel 2020 (quando la giostra dei soldi e dei cantieri girerebbe alla massima velocità, la sede delle Olimpiade verrà decisa nel 2017) a Roma ci saranno altri politici, altra cultura e pratica amministrativa, altri imprenditori, altri eletti e altri…elettori. Magari nel 2020 Roma sarà socialmente e politicamente e civicamente altra cosa, diversa da quella che è ora. Magari migliore di quella che è adesso, chi sa…Magari.
Ma oggi, qui e adesso, da qui al 2017 quando il Cio dovrebbe decidere chi ospiterà le Olimpiadi 2024 chiedere che quella città sia Roma ci vuole faccia tosta, spudoratezza, sfrontatezza e ogni altra definizione dell’andar oltre il pudore civile che sia nel vocabolario. A Roma, cronaca, esperienza, storia quotidiana, attività giudiziaria e vita associata confermano, non c’è un appalto che non sia gonfiato. Gonfiato anche quando non si ruba, gonfiato perché così si fa e così si fanno contenti in tanti. A Roma non c’è lavoro pubblico che non sia mal fatto. Centinaia di mini cantieri aperti e abbandonati stanno lì a dimostrare che sono stati aperti per aprirli, farci l’appalto e poi…poi basta. Migliaia di buche in centinaia di strade dissestate.
A Roma non c’è infrastruttura pubblica che funzioni, a partire dal trasporto pubblico ma si arriva tranquillamente al settore energia e rifiuti e assistenza sociale. A Roma non c’è più manutenzione né per il verde né per il cemento. A Roma spesso e volentieri il bando di gara è pilotato e l’appalto diventa criminale, c’è un’intera imprenditoria criminale che ha sviluppato professionalità al riguardo.
A Roma le forze politiche e gli amministratori sono con tutta evidenza non in grado di controllare, reprimere, scacciare. Se onesti, e molti lo sono ancora, subiscono. Molti però pensano che ungere, smussare, facilitare, scambiare sia il succo e il senso della politica. Altri rubano e basta.
Questa è Roma, senza dimenticare il potere di interdizione e ricatto esercitato da ambulanti, abusivi indigeni e immigrati. A Roma gli esercenti sequestrano strade e piazze per i loro tavolini. A Roma un negozio su due di alimentari e bevande è irregolare. A Roma la società civile è quella che è.
Questa è Roma e consegnare a Roma le Olimpiadi 2024 non è mettere la volpe a guardia del pollaio. Dire così è dire poco. Consegnare a Roma, alla Roma che c’è, le Olimpiadi è come fare dei soldi pubblici di tutti gli italiani un gigantesco gelato e metterlo al sole. Mettere il gelato dei soldi pubblici al sole e vederlo sciogliersi, inutilmente consumarsi, lasciando al massimo qualche mano untuosa per averlo maneggiato: questo è dare le Olimpiadi a Roma. Non ce le daranno ma chiederlo è faccia tosta. Appena appena imbellettata la faccia tosta dalla retorica del “possiamo farcela, dipende d noi, dimostriamo che siamo…”. Siamo che? Diversi da quelli che siamo? Magari nel 2020 o 2030, o forse mai. Potremmo essere perfino peggiori, anche se, occorre riconoscere, peggiori di così sarebbe record…olimpico?