ROMA – “L’Italicum è un regalo a Berlusconi” sostengono in molti, compresi alcuni pezzi del Pd. Un regalo che potrebbe però rivelarsi avvelenato. Riunendo le varie anime del centrodestra, coalizzandosi con i “piccoli”, i vari Alfano, Meloni, Casini, Maroni etc, il Cavaliere potrebbe infatti riuscire a conquistare l’ambito premio di maggioranza pensato dalla nuova legge elettorale già al primo turno. E in questo caso il regalo sarebbe tale e i piccoli partiti sarebbero cibo per Berlusconi e Forza Italia. Cibo perché in questo caso Berlusconi prenderebbe i voti degli alleati senza dovergli concedere nessun seggio.
E’ possibile infatti con la legge elettorale attualmente in votazione alla Camera che la coalizione di destra guidata da Forza Italia raggiunga il 37 per cento dei consensi e quindi ottenga in Parlamento il 52 per cento dei seggi (premio di maggioranza del 15 per cento). Ed è possibile, è scritto nella legge, che i “piccoli di destra” se pure portano voti alla coalizione vincente, (chi il 2 chi il 3, chi lo 0,5 per cento…) non abbiano neanche un seggio in Parlamento perché nessuno raggiunge appunto il 4,5 per cento. E’ quindi possibile che i vari Casini, Storace, La Russa-Meloni-Salvini e anche Alfano portino graziosamente un 10/12 per cento dei voti (i loro voti) a Forza Italia di Berlusconi senza avere neanche un deputato. Una strenna piena piena di regali per Berlusconi: la possibile vittoria senza doverla spartire con i partitini della destra.
Se l’obiettivo 37 per cento dovesse però sfuggire al primo turno e fosse necessario il ricorso al ballottaggio quel cibo potrebbe trasformarsi in veleno. La differenza sta tutta nelle soglie di sbarramento per l’accesso in Parlamento e per le modalità di redistribuzione dei seggi. Se la coalizione di centrodestra vincesse al primo turno e i piccoli rimanessero ciascuno sotto il 4.5%, il Cavaliere porterebbe a casa tutto il piatto, avrebbe cioè la maggioranza assoluta dei seggi senza la seccatura degli alleati e delle loro pretese. Ma se la vittoria arrivasse al ballottaggio e/o anche uno solo degli alleati superasse la fatidica soglia, i seggi sarebbero allora divisi proporzionalmente tra i vari membri della coalizione, e allora Berlusconi, pur vincendo, si troverebbe di nuovo a dover trattare per governare. Magari proprio con il “traditore” Angelino Alfano. E allora il cibo assumerebbe la forma della mela di Biancaneve, rivelandosi avvelenato.
Partitini di destra cibo e veleno per Berlusconi dunque. Stabilisce l’Italicum che i partiti coalizzati, per accedere al Parlamento, devono superare la soglia del 4.5%. Oggi, sondaggi alla mano, un’ipotetica ma nemmeno troppo coalizione di centrodestra potrebbe raggiungere quel 37% necessario ad avere la maggioranza assoluta al primo turno e, sempre sondaggi alla mano, nessuno tra Ncd, Lega, Fratelli d’Italia, Destra e quant’altri supererebbe la fatidica soglia di sbarramento. Se questa fosse lo stato dell’arte all’indomani del voto, Berlusconi riuscirebbe nel colpo, anzi nel colpaccio: prenderebbe cioè i voti degli alleati ma non dovrebbe pagarne il prezzo. Avrebbe la maggioranza assoluta in Parlamento senza dover dare nessun seggio ai piccoli, relegati fuori dal Parlamento dalla soglia non superata. Ipotesi questa che solletica ovviamente il Cavaliere.
Ma l’Italicum è complesso e potrebbe rivelarsi un boomerang per Berlusconi. Se i piccoli crescessero, o si unissero nella speranza di superare la soglia di sbarramento, la storia cambierebbe e non poco. Vincendo, in questo caso, Berlusconi non avrebbe infatti più la maggioranza assoluta. O meglio, la coalizione da lui guidata l’avrebbe, ma in Parlamento siederebbero almeno una cinquantina di deputati non suoi. Deputati che sarebbero leghisti o alfaniani, casiniani o meloniani. In ogni caso deputati con cui il Cavaliere dovrebbe scendere a compromessi ritrovandosi, ancora una volta, a dover trattare. E per di più a dover trattare magari con chi, come Alfano, lo ha politicamente abbandonato. Nè più agevole sarebbe spartire la vittoria con la Lega di Salvini o con la Destra di Storace. Una prospettiva grigia per il Cavaliere, la prospettiva di governi e maggioranza di coalizione che, a destra come a sinistra, sono venti anni che in Italia non reggono alla prova.
Con tutto il beneficio d’inventario del caso, i numeri dicono oggi che, da solo, nessuno dei piccoli del centrodestra arriverebbe al 4.5%: Ncd è accreditato del 3.7; poco più su la Lega, 3.9; 2.1 per Fratelli d’Italia e 2.5 per Casini e i suoi; e poi 1.1 per la Destra di Storace più un altro 0.5 diviso tra i piccolissimi come Grande Sud e MPA. Alle elezioni però mancano diversi mesi e la situazione potrebbe cambiare, anche in considerazione del fatto che, in questi mesi, Berlusconi dovrebbe scontare la sua condanna e perdere appeal, o almeno smalto, elettorale.
Ma, ipotesi ancor più ostica per Berlusconi, è quella che, nonostante le distanze, i piccoli per spirito di sopravvivenza decidano di unirsi fosse solo anche per le elezioni. Basterebbe infatti, e questo è solo uno degli esempi possibili, che Alfano e Casini decidessero di dar vita ad un’unica entità politica che questa, sommando le percentuali dei 2, sarebbe accreditata di un 5/6%, ben al di sopra di quel 4.5% indicato dall’Italicum come limite minimo per entrare in Parlamento.
Sono ipotesi e calcoli, cifre e intenzioni su cui si esercita con cognizione di causa Ugo Magri su La Stampa. Ma lui, come tutti, giornalisti, sondaggisti, politici, fa i…”conti senza l’oste”. Dove l’oste è l’elettorato, le elezioni vere. Ogni conto e calcolo e strategia di quelle che si vedono, sentono e talvolta immaginano, poggiano su un presupposto che non c’è, su fondamenta di burro fuso. Il presupposto per nulla posto è che gli elettori di fronte a nuova legge elettorale e nuova offerta e disposizione degli schieramenti politici votino esattamente come con la legge elettorale di prima e gli schieramenti di prima. Così non è ma tutti continuano a calcolare come così fosse. Un esempio: proprio sicuri che Casini e l’Udc valgano con i maggioritario quel che valgono con il proporzionale?
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