ROMA – Quasi quasi ce ne eravamo dimenticati ma il momento è ormai giunto. La data del prossimo 31 ottobre sarà una data da ricordare. Sarà il giorno in cui il fisco entrerà in banca, nei conti correnti degli italiani, per controllare tutti e scovare grandi e piccoli evasori. Lo poteva fare anche in passato, è vero, ma solo dopo una formale richiesta e quindi dopo un “sospetto” su Tizio o Caio che apriva la pratica e la ricerca dati. Dal 31 ottobre 2012 invece tutti i movimenti bancari saranno inviati automaticamente all’Agenzia delle Entrate, che provvederà poi a passarli al setaccio a caccia di operazioni sospette.
Era una norma inserita nel “Salva Italia” e da molti dimenticata, o passata comunque in secondo piano, perché all’epoca del varo del decreto troppo lontana da venire. Ma il tempo passa e così quel 31 ottobre che sembrava quasi irraggiungibile è già arrivato, è praticamente domani. Ad aprire le porte delle banche al fisco è l’articolo 11 del decreto del governo Monti. Articolo intitolato “Emersione di base imponibile” che è stato il frutto di un compromesso tra Pd e Pdl, il primo che chiedeva la patrimoniale e il secondo che si opponeva con forza. “Così” ricorda Paolo Baretta (Pd), relatore del provvedimento in commissione Bilancio alla Camera, “è venuta fuori una patrimoniale indiretta con l’Imu particolarmente forte sulla seconda casa, la tassazione della casa all’estero e del conto titoli e anche questa misura che aveva un doppio significato, di lotta all’evasione e di luce sui patrimoni”. Ma siccome l’entrata in vigore rimandava al 31 ottobre 2012, all’epoca quest’ultima voce era rimasta un po’ nell’ombra.
La scadenza è però arrivata, e anche se non è escluso un mini rinvio, manca infatti ancora il via libera da parte del garante della privacy, indietro non si tornerà e l’Agenzia delle Entrate si ritroverà con poteri quasi unici al mondo. Solo l’Internal revenue service degli Stati Uniti può vantare infatti una simile forza.
Grazie all’articolo 11 del Salva Italia tutte le operazioni bancarie (accrediti e addebiti di conto corrente, acquisto e vendita di azioni, obbligazioni, quote di fondi d’investimento, certificati di deposito e gestioni patrimoniali, prodotti finanziari di compagnie assicurative, derivati, carte di credito e di debito, operazioni extra conto) saranno automaticamente inviate al fisco. Dove si presume che un algoritmo e non certo degli umani, vista la mole immensa di dati, passi al setaccio questo mare magnum alla ricerca di movimenti e conti sospetti. Rovesciando in pratica quello che era il modus operandi valido sino ad oggi. Modus che prevedeva che il fisco, qualora avesse dei sospetti, chiedesse alla banca la documentazione relativa al conto da verificare. Da domani l’Agenzia avrà già tutto sotto il suo controllo e dovrà chiedere qualcosa alle banche solo quando vorrà avere dei conti i dettagli e non solo i saldi, caso questo in cui gli istituti bancari saranno tenuti ad informare i clienti.
Nemmeno a dirlo le opinioni sulla novità sono diverse e opposte. Si va dallo “Stato di polizia fiscale” a “chi non ha nulla da nascondere non ha nulla da temere”. Ma, se in linea di principio è vera la seconda delle due affermazioni, e cioè che è questo uno strumento di trasparenza e soprattutto un’arma, forse decisiva, nella lotta all’evasione, è anche vero che è un’arma che rischia di ferire molti innocenti.
Ben venga il cervellone del fisco che tutto vede e tutto controlla, ma che sia data anche ai contribuenti la stessa arma. Nella rete del fisco finiranno, di certo e come anche oggi accade, persone che nulla di illegale hanno fatto. Potrebbero essere giudicati dal cervellone conti sospetti quelli dove “piove” all’improvviso un’eredità o una vincita al gioco. Il cervellone sarà lesto a sospettare, ma se il cittadino dovrà rispondere a colpi di carte bollate la lotta sarà impari. Allo stesso modo con cui si sta rendendo più veloce e agile il controllo da parte del fisco, cosa sacrosanta e giusta, si devono anche rendere meno farraginosi e burocratici i modi in cui i contribuenti possono difendersi e chiarire la loro posizione. In modo da non condannare quelli in buona fede e non trasformare i controlli in persecuzioni.
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