BERLINO – Potrebbe il 22 settembre tedesco trasformarsi nell’8 settembre europeo. Potrebbe, con le elezioni in programma tra un mese a Berlino, arrivare un colpo potenzialmente da k.o. per l’Unione. Un’ipotesi, solo un’ipotesi. Ma far finta di non vederla non è una grande strategia per renderla più improbabile. Se infatti alle elezioni in programma tra un mese esatto a Berlino il partito anti euro “Alternativa per la Germania” superasse la soglia del 5% dei voti che apre le porte del Bundestag, si guadagnerebbe la possibilità e il diritto di impugnare qualsiasi decisione governativa in tema di politica estera, quindi anche quelle che riguardano l’Europa, presso la Corte Costituzionale di Karlsruhe. Paralizzando di fatto il meccanismo decisionale continentale. Uno scenario considerato quantomeno improbabile, e forse volutamente nemmeno preso in considerazione, sino a poco fa ma che oggi i sondaggi non ufficiali non escludono più.
Insomma tutti ad aspettare che più o meno serenamente Angela Merkel vinca con la sua Cdu le elezioni e che poi, a seconda dei risultati, governi in coalizione con i liberali, se passano la soglia di sbarramento del 5%, o addirittura in grande coalizione con i socialdemocratici della Spd. Tutti a far di conto: Cdu circa 44%, liberali forse al 5%, Spd tra il 24 e il 28 e poi la sinistra della Linke tra l’otto e il dieci e poi i Verdi sopra il dieci. E soprattutto tutti a far conto che ad elezioni vinte e governo di coalizione formatosi in Germania, finalmente la Merkel possa, debba e voglia dare un po’ di spazio all’Europa della crescita e anche un po’ del debito. Insomma tutti sicuri o almeno fortemente speranzosi di una Germania più libera, dolce, tollerante e permissiva dopo il 22 settembre. E se invece i conti, tutti i conti, fossero turbati e stravolti da un inaspettato “oste”, appunto il partito Alternativa per la Germania, il partito anti euro?
Come analizza Carlo Bastasin sul Sole24Ore,le prossime elezioni tedesche potrebbero rivelarsi le più importanti degli ultimi 80 anni. Sotto infatti l’apparente calma piatta che le ha sinora contraddistinte, starebbe covando una sorpresa tutt’altro che piacevole per l’Europa. Tutti o quasi, in Germania come nel resto del continente, hanno dato più o meno per scontato che la Cancelliera Angela Merkel sia in procinto di cominciare il suo terzo mandato, interrogandosi solo su come la sua nuova maggioranza sarà composta. Ma se è vero che la vittoria della Cancelliera è praticamente fuori discussione, un tema fondamentale è quello della composizione del prossimo Parlamento tedesco e in particolare della forza del partito di destra “Alternativa per la Germania”.
Alternativa è il movimento/partito fondato da un gruppo di economisti, giuristi e opinionisti conservatori, molto critici su come Berlino partecipa al salvataggio dell’euro-zona. Il leader del partito, Bernd Lucke, chiede che i Paesi del Sud escano dalla moneta unica e il 30% dei tedeschi si dice d’accordo. Nonostante questo però nei sondaggi ufficiali la forza del gruppo conservatore è stimata intorno al 2.5% dei voti e comunque sotto quel 5% che garantisce una rappresentanza parlamentare. I sondaggi però non sono una scienza esatta, possono sbagliare anche in buona fede. E possono anche essere pilotati nel tentativo di condizionare un risultato o di nascondere un problema. E Alternativa per l’Europa potrebbe essere qualcosa più che un problema.
A 30 giorni dal voto, al di là dei sondaggi e delle dichiarazioni ufficiali, il ruolo degli anti euro tedeschi comincia a far paura. Le proiezioni elaborate dai sondaggisti privati assegnano infatti ad Alternativa un ben più corposo 6-7%, con picchi del 9%.
Scrive Bastasin:
“Anche chi lavora sui meta-dati, incrociando i sondaggi ufficiali con i social media e le rilevazioni private, stima il nuovo partito al 7%. Mentre i consensi degli altri partiti cambiano di continuo, i sondaggi vedono invece Alternativa inchiodata da cinque mesi al 2,5%. Questo immobilismo insospettisce perché il partito cavalca un enorme potenziale emotivo: la fine dell’Europa; il ritiro della solidarietà ai paesi del Sud; la costruzione di un’identità nordica attorno a Berlino; la difesa della ricchezza dei tedeschi. La diga dei sondaggisti ha però cominciato a incrinarsi pochi giorni fa. Manfred Guellner, il capo di Forsa, uno dei maggiori istituti demoscopici tedeschi, ha ammesso che molti elettori di Alternativa non dichiarano pubblicamente il proprio voto. ‘Ho pensato a lungo che non avessero alcuna possibilità di entrare al Bundestag, ma ora non ne sono più tanto sicuro’. Renate Koecher, dell’Istituto demoscopico di Allensbach, ritiene che oltre al 3% di elettorato deciso a votare Alternativa, ce ne sia un altro 5% che vorrebbe votarlo. Quasi il 40% dei tedeschi non sa ancora chi scegliere e Koecher non esclude un risultato sorprendente”.
L’ingresso o meno di Alternativa al Bundestag è un fatto gravido di conseguenze e non un risultato marginale del voto tedesco. E questo perché la legge tedesca prevede che le istituzioni politiche, tra cui i membri del parlamento e i partiti se rappresentati al Bundestag, abbiano potere di opporre obiezione di incostituzionalità alle leggi federali e alle iniziative del governo che hanno conseguenze su di esse, avendo diritto di ottenere dalla Corte di Karlsruhe un giudizio di merito. Che tradotto significa che una volta entrato al Bundestag, “Alternativa”, potrebbe sfruttare questa prerogativa per paralizzare l’attività europea del governo di Berlino. Ogni salvataggio, ogni decisione verrebbe rimandata di mesi. La cancelliera Merkel o chi per lei, dopo ogni vertice europeo, avrebbe infatti l’obbligo di informare le commissioni parlamentari delle decisioni prese. E per ognuna di queste il partito euro-scettico potrebbe presentare obiezione di incostituzionalità alla Corte paralizzando ogni decisione fino al pronunciamento di Karlsruhe. Uno scenario che somiglia da vicino ad un 8 settembre continentale.
Contromisure e precauzioni, nonostante il silenzio che regna su questa prospettiva, si stanno mettendo in atto. Spiega ancora Bastasin:
“Per togliere consensi al partito anti-europeo, da un semestre la cancelliera ha assunto una linea più critica nei negoziati europei. Ha imposto la sospensione delle trattative sull’accesso di Serbia e Turchia. Ha frenato l’unione bancaria. Ha bloccato le decisioni sulle emissioni nocive delle auto. Ha cancellato dall’agenda l’unione politica europea e affossato le relative road maps che dovevano essere presentate a giugno. Ha messo una sordina imbarazzante sulla crisi dell’euro. È possibile che la strategia di Angela Merkel abbia successo. (…) Ma se l’esito dovesse essere infausto, la strategia di contenimento dovrà essere allestita in fretta. Prima di tutto scegliendo di governare con una grande coalizione e poi esercitando pressioni sulla Corte di Karlsruhe. E a questo proposito, si dice che un fronte composto dalla Corte di giustizia europea e dalle corti costituzionali non tedesche sia pronto a stringere i ranghi contro le nuove tentazioni di isolamento nazionale che tornano in Germania 80 anni dopo”.
Il 22 settembre prossimo gli anti europeisti tedeschi potrebbero arrivare là dove non sono arrivati gli anti europeisti dei Paesi in crisi. L’egoismo nazionale potrebbe costare all’Europa più caro dei sacrifici chiesti a greci & co.
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