BRUXELLES –Giovedì 18 giugno, nessun accordo. Venerdì 19 o comunque nel sabato o nella domenica successivi vertice d’emergenza dei capi di governo europei. Lunedì 22 giugno, banche greche chiuse e blocco dei capitali greci in uscita dal paese. La stampa tedesca, il Financial Times, Il Sole 24 ore: se sommi i loro articoli e analisi ottieni questo calendario/sequenza. Aggiungi Tsipras che dichiara “criminale” l’azione di Fmi e il totale fa ormai una “Grexit” attesa, cui sembra che le due parti si stiano preparando.
Magari non questo fine settimana, magari il prossimo. Il tempo comunque perché L’Europa si ficchi nel bunker e Atene si affidi alla retorica nazionalista. Il tempo e il modo che l’uno provi ad accollare all’altro la responsabilità del disastro e ci riesca a fare la parte della vittima.
Una settimana, massimo due. Alla Grecia è questo il tempo rimasto per evitare il fallimento. Rischia, l’ennesimo allarme, di avere l’effetto del famoso ‘al lupo al lupo’, ma questa volta la dead line è incredibilmente vicina. Scadono infatti il 30 giugno i 4 mesi extra concessi alla Grecia per una trattativa dopo l’elezione di Alexis Tsipras, e scade lo stesso giorno anche il termine per restituire un miliardo e mezzo di euro all’Fmi. Da oggi alla fine del mese una serie di appuntamenti, politici e tecnici, dove si deciderà, o si subirà, il destino di Atene. Destino che è in realtà diviso tra tre possibilità: salvataggio, fallimento controllato e uscita dall’unione monetaria.
La cosiddetta “Grexit” è infatti solo quella che potrebbe essere definita la “soluzione estrema”. Mentre le possibilità di un accordo vanno col passare del tempo assottigliandosi sempre più, a prendere corpo è una sorta di soluzione intermedia tra uscita dall’euro e salvataggio. Via di mezzo che, evidentemente, non sarebbe tale per i greci. Atene potrebbe infatti fallire, fare cioè default, ma senza abbandonare la moneta unica ma semplicemente sostituendola con una moneta parallela. Moneta che con ogni probabilità, seppur legata al valore dell’euro, andrebbe impoverendosi a ritmi vertiginosi.
Le soluzioni, o comunque gli esiti dei prossimi giorni, sono però per ora pura teoria o poco più. I margini per un accordo, per quanto in extremis, ci sono infatti ancora. Anche se già, sia Atene che i suoi creditori, hanno cominciato a scaricare la responsabilità di un eventuale fallimento l’uno sull’altro e anche se appare abbastanza evidente che nella trattativa in corso la Grecia provi a cavalcare una linea ‘se andiamo a fondo noi portiamo anche voi’ e dall’altra parte si punti invece a una soluzione per cui chi se qualcuno deve affondare, lo deve fare senza contraccolpi per gli altri.
“L’Europa comincia a prepararsi concretamente al peggio – scrive Tonia Mastrobuoni, l’inviata a Berlino de La Stampa -. Secondo la Sueddeutsche Zeitung, in mancanza di un accordo all’eurogruppo di giovedì, i capi di Stato e di governo potrebbero incontrarsi venerdì sera per un vertice straordinario a Bruxelles. Si tratterebbe dell’ultimo, disperato tentativo di raddrizzare la prua greca verso un accordo. E sarebbe già pronto un piano, che scatterebbe per il fine settimana, che prevederebbe la chiusura delle banche greche e il controllo dei capitali dalla prossima settimana. Ovviamente il controllo dei capitali, adottato al culmine della crisi anche a Cipro, nel 2013, dovrebbe essere approvato dal governo Tsipras”.
Pochi giorni in più di speranza da ad Atene il Sole24Ore, il quotidiano di Confindustria che in materia di economia è senz’altro tra i più lucidi e competenti. Giorni che sono quelli che vanno dal ‘disperato tentativo’ di venerdì 18 sino alla fine del mese, giorni in cui è in programma, il 25 ed il 26, il Summit a Bruxelles dei capi di stato e di governo dell’Unione europea e, se ci sarà stato un accordo tra Grecia e troika all’Eurogruppo, questa sarà la sede della ratifica, mentre se non ci sarà stato ancora nessuno accordo, sarà l’occasione di un’intesa politica per superare l’impasse ed evitare il default di un Paese dell’Eurozona. Una sorta di ultima spiaggia nel caso in cui l’Eurogruppo di giovedì dovesse fallire.
Ma il 30 giugno, anche nella lettura più ottimistica, è la data entro cui una scelta andrà fatta. “L’estensione del termine di quattro mesi per trovare un accordo con i creditori e la Grecia finisce in questa data – spiega Vittorio Da Rold sul Sole24Ore-. Sempre il 30 giugno scade il termine per pagare 1,5 miliardi di euro all’Fmi dovuti a giugno. L’Fmi aveva infatti consentito di raggruppare a fine mese in un’unica tranche le quattro rate. Se non ci fosse il pagamento l’Fmi potrebbe, dopo un avvertimento scritto e un periodo di grazia di 30 giorni, dichiarare il default di pagamento della grecia. Sarebbe il primo di un Paese membro dell’Eurozona e il più grande del mondo, pari a 320 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti altri 200 miliardi di euro di debiti delle banche e società private e altri 100 miliardi di debiti verso le altre banche centrali europee dell’Eurozona secondo il sistema Target 2”.