ROMA – Movimento5Stelle e Rivoluzione Civile, così simili eppur così distanti. Nonostante i toni concilianti, all’inizio, di Antonio Ingroia tra i grillini e gli arancioni ora non corre buon sangue. Volano anzi botte da orbi. Non perché siano in fondo profondamente diverse le due giovani creature politiche, ma se spesso gli opposti si attraggono, altrettanto spesso quelli che sono troppo simili si respingono. Si respingono perché, in questo caso, Rivoluzione Civile per vivere ha bisogno di rubar voti a Grillo.
E il Movimento5Stelle, ovviamente, non se lo può permettere e picchia quindi duro per arginare possibili fughe verso il partito di Ingroia. Un atteggiamento aggressivo, quello del M5S, non insolito nei toni e nei modi ma rivelatore di una più o meno conscia paura dell’avversario.
“Non mi scandalizzerei a vedere Grillo ministro”, ha detto l’ex pm padre fondatore degli arancioni che, all’alba del suo movimento, aveva anche ipotizzato un’alleanza con Grillo e i suoi. Ci aveva provato Ingroia a corteggiare il Movimento5Stelle perché la sua creatura e quella di Grillo hanno diversi punti in comune, sia come programma politico che come modus operandi. Ma quello tra Ingroia e Grillo era evidentemente un matrimonio che ‘non s’aveva da fare’.
E non si è fatto perché Rivoluzione Civile e M5S sono in realtà troppo vicini per andare d’accordo visto che, tra i vari punti in comune, hanno in comune anche gli elettori. Sono cioè in ampia parte sovrapponibili gli elettorati dei due che più che i panni degli alleati sembrano vestire i panni dei concorrenti. E come concorrenti non possono certo andare d’accordo ma devono, per sopravvivere, farsi la guerra. E così Ingroia è per Grillo “un bidone aspiratutto”, definizione colorita e non certo lusinghiera e addio a possibili alleanze.
La posizione dei grillini nei confronti degli arancioni, e le botte più dure, non sono però arrivate attraverso la bocca del leader genovese, ma come consuetudine del M5S sono state invece affidate al web. Attraverso il blog di Grillo, e quindi con la benedizione del Capo, è stato postato e diffuso un articolo che mette nero su bianco quali sono i motivi per cui non si può votare per Ingroia. L’autore del pezzo è Piero Ricca, noto per aver gridato ‘buffone’ a Berlusconi, che scrive:
“Ho guardato le liste, studiato un po’ l’operazione e devo dire che Rivoluzione Civile non mi convince. La stima per il magistrato Ingroia è fuori discussione, come pure il fatto che molti punti del suo manifesto sono condivisibili. Quel che mi lascia perplesso sono i seguenti elementi.
1. Il leaderismo. Si punta tutto sul nome di Ingroia, messo a caratteri cubitali nel simbolo, candidato in tutte le circoscrizioni, specchietto per le allodole, come Berlusconi.
2. L’ambiguità magistratura-politica. Quando sei così esposto per le indagini che hai condotto, da ultima quella su Stato e Mafia, dovresti riflettere un po’ di più prima di andartene in Guatemala e poi entrare in politica (…) altrimenti contribuisci ad alimentare la critica, non sempre in malafede, di politicizzazione della giustizia. E rendi ancora più difficile la vita ai colleghi magistrati che lasci in prima linea a Palermo.
3. Il maquillage. Dietro il nome di Ingroia e la facciata riverniciata di arancione, ci sono tre o quattro piccoli partiti destinati all’estinzione parlamentare: Idv, Pdci, Rifondazione Comunista, Verdi. (…) Più che di rivoluzione civile si tratta di riciclaggio politico.
4. L’unione artificiale fra diversi. Quanto ci metteranno questi signori a dividersi? Il tempo di poche sedute parlamentari, prevedo. Troppo diversi, troppi galletti di inconciliabile estrazione in un medesimo pollaio.
5. Il rapporto con il Pd.
6. Il criterio di selezione dei candidati. Chi ha deciso la posizione in lista dei candidati? Il ruolo delle assemblee locali, a quanto risulta, non è stato tenuto in alcun conto, per esempio a Milano. La mobilitazione dal basso, sbandierata a parole, non c’è stata. Si sono battute altre strade: oltre alla lottizzazione partitica, il marketing. Vedi la candidatura in posizione sicura del giornalista Ruotolo o del pentito del grillismo Favia, fatta apposta per portar via voti al M5S.
7 C’è poi un’altra cosa che preliminarmente giudico negativa. L’ispiratore dell’operazione è stato Luigi De Magistris, che pure non è in lista ma ha anch’egli piazzato qualche suo uomo in pole per la Camera. Anziché programmare rivoluzioni nazionali, sarebbe meglio che si dedicasse ai seri problemi della città di cui è sindaco”.
Sorvolando sul più classico del bue che dà del cornuto all’asino (vedi il punto 6), questo post somiglia da vicino ad una dichiarazione di guerra. Dichiarazione figlia di preoccupazione di perder voti che il M5S non può permettersi di perdere ma paura che non è immotivata. Grillo e Ingoria si dividono gli elettori e la candidatura dell’ex grillino Favia nelle liste degli arancioni è una mossa fatta per conquistare almeno un pezzo dei “dissidenti” grillini. Un’operazione offensiva e vile per Grillo e i suoi (e i post al pezzo di Ricca ne sono testimonianza) e un’operazione a cui Grillo risponde con il massimo della durezza.
L’ex magistrato antimafia ha bisogno dei voti di Grillo, dei voti di almeno parte di quell’area, per cercare di entrare in Senato, dove la soglia di sbarramento è all’8%, e ne ha un bisogno disperato perché quella soglia quasi certamente la supererà in Campania e Sicilia per merito di Leoluca Orlando e Luigi De Magistris. Ma se i senatori arancioni arriveranno solo da Napoli e Palermo Rivoluzione Civile diventerà di fatto la somma dei due sindaci “big” e poco più. Mentre le aspirazioni di Ingroia sono ovviamente altre.
Dall’altra parte però anche Grillo è in crisi, relativa, di consensi. Tra il 15 e il 20 per cento alla fine dei conti Grillo e M5S sono un grande successo, una vera “rivoluzione”. Sotto il 15 e verso il 10 per cento alla fine dei conti sono invece un grosso sintomo di malattia che altri cureranno o aggraveranno ma non Grillo e il suo Movimento. Sopra il 15 e verso il 20 vincono e stravincono, sotto il 15 e verso il 10 “pareggiano” anche loro nella partita elettorale. E Ingroia con le sue liste è un ostacolo al salto di Grillo sopra il 15 per cento Non hanno lui e Casaleggio il problema della soglia di sbarramento che, stando ai sondaggi, dovrebbero agilmente superare ovunque. Ma dal punto più alto della parabola grillina, all’indomani delle ultime elezioni locali, quando il M5S quasi aspirava addirittura ad essere il primo partito, i numeri dell’ex comico genovese e dei suoi si sono fortemente ridimensionati. Un ridimensionamento che in casa Grillo non sono comprensibilmente disposti a subire senza difendersi ed ecco spiegate le “botte” che tra arancioni e grillini volano, e voleranno sempre più pesanti da qui a fine febbraio.
Concorrenti, nuotatori nella stessa vasca elettorale. Simili nella propaganda e nei “sentimenti”: no a Monti che è peggio o uguale a Berlusconi, diffidenza e ostilità verso Bersani, anzi più ostilità che diffidenza, una predicazione anti Stato in comune. Però, oltre che concorrenti, anche diversi in un punto fondamentale. Rivoluzione Civile di Ingroia è assemblata con elementi sparsi della politica, elementi della sinistra che una volta si chiamava radicale ed estrema, più elementi dell’Idv, più elementi dell’ecologismo di sinistra, più giustizialismo di destra. In M5S tutto questo non c’è, anzi c’è il contrario, la scomunica di ogni politica. Quindi Grillo e Ingroia son contro tutti ma, se li lasci da soli l’uno in faccia all’altro, facilmente scoprono di essere il diavolo e l’acqua santa. Naturalmente entrambi sicuri di essere lui l’acqua e l’altro Belzebù.
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