ROMA – “Come Mandela e Pertini”, scrive Beppe Grillo dopo la condanna a 12 mesi inflittagli dal tribunale di Ascoli per diffamazione. Come loro sopporterà il carcere per difendere le sue idee, dice e sostiene. Ma al netto del vittimismo e delle sparate cui l’ex comico non è certo nuovo, al massimo, il leader dei 5Stelle farà la fine del meno amato e spendibile Alessandro Sallusti.
Grillo infatti, nonostante quello che scrive sul suo blog, e nonostante non sia alla prima condanna, il carcere almeno in relazione alla causa per cui è stato condannato, non lo vedrà mai. Come non vedrà mai il confino che toccò a quello che sarebbe poi diventato il Presidente della Repubblica italiana forse più amato: Sandro Pertini. E come non vivrà mai i 27 anni di carcere inflitti al leader sudafricano.
Grillo probabilmente lo sa, e mente consciamente un po’ per aizzare i suoi ‘fan’, pratica discutibile ma legittima in cui certo eccelle, e un po’ per dar voce a quel vittimismo che non è un suo marchio di fabbrica ma una caratteristica molto italica. Meno consapevoli sono invece i suddetti fan, che il leader seguono e ascoltano, e che davvero potrebbero credere al suo accostarsi ai due leader del ‘900 quando invece la vicenda è più vicina, come detto, alle vicende di un nemmeno tanto osannato direttore di giornale.
A spiegare come e perché, in virtù del diritto italiano, Grillo non andrà in galera, è sul Corriere della Sera Luigi Ferrarella:
“L’intricato puzzle di queste norme è complicato dal fatto che, in una riga del dispositivo, la giudice non solo non concede la sospensione della pena (beneficio contemplato sotto i 2 anni a condizione che l’imputato non ricommetta reati nei prossimi 5 anni), ma ordina anche la revoca di un’analoga sospensione condizionale della quale Grillo aveva già goduto. Quando? Non quando patteggiò nel 2003 (a pena convertita in 6.000 euro di sanzione pecuniaria) la diffamazione della senatrice a vita Rita Levi Montalcini, ma nel 1988 quando divenne definitiva la condanna a 14 mesi per l’omicidio colposo di due suoi amici e del loro bambino in un incidente stradale del 1981, per il quale Grillo era stato assolto in Tribunale ma condannato in Appello.
L’esattezza della revoca di questa sospensione condizionale appare però dubbia, visto che dal 1988 al 2011 sono trascorsi ben più di 5 anni. Non solo: persino con la revoca della sospensione condizionale, quei 14 mesi di pena ‘rivivrebbero’ ma nel contempo subito dovrebbero essere dichiarati coperti dall’indulto delle pene sotto i 2 anni nel 2006. Sempre dunque in chiave di fantacronaca giudiziaria, ove confermati anche in Appello e Cassazione, a Grillo resterebbero da scontare solo i 12 mesi della diffamazione di ieri in Tribunale ad Ascoli. Ma Grillo non li sconterebbe in cella nemmeno se per ragioni di disobbedienza civile scegliesse di non chiedere alcuna delle misure alternative al carcere alle quali hanno diritto i condannati a pene sotto i 3 anni, come ad esempio l’‘affidamento in prova ai servizi sociali’.
Senza istanza di Grillo, infatti, si creerebbe la stessa situazione nel 2012 dell’ex direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti: prima i pm (sul modello inaugurato allora a Milano dal procuratore Edmondo Bruti Liberati proprio dopo la condanna di Sallusti per diffamazione) e poi i giudici di Sorveglianza potrebbero ugualmente disporre d’ufficio, cioè anche senza richiesta di Grillo, che egli sconti la pena non in carcere ma in ‘detenzione domiciliare’ come previsto dalla legge 199 del 2010 per pene sotto i 18 mesi. E a quel punto, per assurdo, se Grillo volesse a tutti i costi finire in prigione, non gli resterebbe che scegliere di evadere da casa. Ma forse neanche questo basterebbe: non bastò a Sallusti, che nel processo per evasione fu poi assolto”.
Ricapitolando, dunque, Grillo è stato condannato in passato per diffamazione di una scienziata dalla chiara fama, Rita Levi Montalcini, e per omicidio colposo. E già qui i punti in comune con Mandela e Pertini sono pochi. Ma questo è in realtà l’antefatto e viene citato e ricordato perché, come molti sanno, i precedenti penali nei processi contano. Il procedimento cui Grillo fa riferimento per accostarsi agli ex-presidenti, è invece più recente ed è ancora una volta una causa per diffamazione ma, come ricorda Ferrarella, la condanna inflittagli è quella relativa al primo grado.
E come tutti davvero sanno, e Grillo in primis che spesso se lamenta, sino alla condanna definitiva, cioè quella di 3° grado, in galera non ci va nessuno, almeno per fatti come questi. Quand’anche poi alla sentenza definitiva di condanna si arrivasse, conoscendo i tribunali italiani l’allarme del leader 5Stelle sarebbe decisamente prematuro se non fosse privo di fondamenta.