Ortofrutta, il prezzo lo fa la mafia. Di fame al campo, d’oro al banco

ROMA – Un calabrese su quattro è in contatto con la criminalità organizzata. La protesta dei Forconi è cavalcata, sfruttata e infiltrata dalla mafia. Mafia che, insieme a camorra e ‘ndrangheta, ha ormai invaso tutte le regioni italiane, da Sud a Nord. E la criminalità organizzata gestisce, altera e controlla il mercato ortofrutticolo italiano imponendo prezzi ai consumatori, alti, e ai produttori, bassi. Nera previsione? Tutt’altro, è quanto emerge dalle relazioni dei magistrati italiani all’inaugurazione dell’anno giudiziario.

Il presidente della corte d’appello di Reggio Calabria, Bruno Finocchiaro, seppur sottolineando i successi nella lotta alla ‘ndrangheta, segnalando l’aumento “del 21% dei procedimenti iscritti per associazione mafiosa”, ha fornito un dato eccezionale: “stiamo parlando di una regione, la Calabria, dove l’indice di densità criminale è stato stimato al 27% della popolazione”. Cioè un calabrese su quattro è in contatto con la ‘ndrangheta. Del resto, il procuratore di Reggio Giuseppe Pignatone, conferma che dalle indagini risulta che “in paesi con 10.000 abitanti, gli affiliati alla ‘ndrangheta sono circa 400”. Quattro mafiosi su cento abitanti. Dati sconvolgenti che rivelano un tasso d’infiltrazione elevatissimo e, forse, sconosciuto o sottostimato dal comune sentire.

Forte di “basi” così solide la criminalità organizzata si è lanciata, e anzi ha ormai portato a termine, la “colonizzazione” delle regioni del Nord. Esportando il suo modello criminale. Il procuratore generale di Torino, Marcello Maddalena, è stato chiarissimo: “Anche le regioni d’Italia del Nord non possono considerarsi immuni dal virus mafioso. Non si può nascondere il fatto che le indagini hanno portato alla luce svariati contatti di esponenti dell’associazione con politici locali ma anche nazionali”. E ha aggiunto, Maddalena, che questi contatti avvengono soprattutto “nei momenti elettorali”. Stessa musica ridiscendendo gli Appennini. Il procuratore generale di Bologna, Emilio Le Donne: “Non si commetta l’errore di ritenere che gli interessi mafiosi siano altrove. Lancio un appello agli imprenditori perché è illusorio credere che fare affari con la mafia possa essere conveniente”. Dice sempre Le Donne: “Le organizzazioni mafiose sono presenti in gran parte della regione. Dobbiamo fare i conti con la tracotanza delle cosche che non hanno avuto alcun timore di inviare in epoca molto recente messaggi intimidatori a pm e giudici bolognesi e a giornalisti”. E poi l’Aquila, dove l’emergenza terremoto, e soprattutto la ricostruzione e i suoi appalti, rappresentano un boccone goloso per le mafie. Il presidente della Corte d’appello dell’Aquila, Giuseppe Falcone, a proposito della ricostruzione del post terremoto lo ha confermato: “La criminalità organizzata ha provato a infiltrarsi. Sono stati avviati 44 procedimenti penali con 577 indagati”. Espulsa completamente? E’ una speranza.

E ancora Roma e Napoli. Nella capitale e nel Lazio la presenza criminale si fa sentire. Il presidente della corte d’appello, Giorgio Santacroce, sostiene che le organizzazioni mafiose “sono sempre più radicate con articolazioni logistiche per il riciclaggio di capitali accumulati illecitamente e per l’investimento in rilevanti attività commerciali e imprenditoriali, soprattutto nel campo della ristorazione, dell’abbigliamento e delle concessionarie d’auto”. Mentre per il presidente della Corte d’appello di Napoli, Antonio Bonaiuto “nelle amministrazioni dei territori infiltrati dalla camorra, nulla risulta cambiato rispetto al passato”, nonostante i successi nella lotta alla camorra, ultimo in ordine di tempo l’arresto del boss Zagaria.

Forza e radicamento in tutto il territorio nazionale che consentono alle mafie di controllare e alterare il mercato ortofrutticolo italiano. Si era cominciato parlando delle infiltrazione del movimento siciliani dei Forconi, ma in realtà il problema è molto più esteso. A giudicare infatti dall’ultimo rapporto di Sos impresa, tutta la filiera dell’agroalimentare è infiltrata. Dal produttore al consumatore, come recitava un vecchio spot. Dalla falsificazione della provenienza dei prodotti, spacciando ad esempio prodotti del Nord Africa come comunitari, fino alla fissazione dei prezzi. Con quotazioni stracciate per gli agricoltori e listini gonfiati per i consumatori, con la conseguenza che i primi faticano a sopravvivere lavorando la terra, e i secondi che si svenano nei supermercati. Le organizzazioni criminali sono massicciamente presenti, in qualche caso controllano in pieno la “filiera”, quella che raccoglie, trasporta, immagazzina e consegna i prodotti ortofrutticoli. Stabiliscono e impongono il prezzo basso da pagare agli agricoltori e determinano il prezzo alto di acquisto al banco per il consumatore. Dove possono poi partecipano alla protesta degli agricoltori, controllano anche quella. E sono le uniche a disporre di soldi in quantità, della “liquidità” con cui governano anche indirettamente chi lavora nel settore. Ortaggi e frutta: il prezzo lo fa la mafia. Di fame per chi li coltiva, alle stelle per chi li compra.

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