BERLINO – La Germania abbassa l’età pensionabile e, paradossalmente ma non tanto, arriva la protesta di un grande socialdemocratico, di un ex cancelliere di cui si dice che perse le elezioni ma salvò la Germania e lo fece e gli accadde non per opaco caso ma per lucida scelta . Il governo della “grande coalizione” guidato dalla cancelliera Angela Merkel riporta a 63 anni l’età per accedere alla pensione, seppur con 45 anni di contributi, e l’ex cancelliere Gerhard Schroeder dice: “Come lo spieghiamo all’Europa, a quell’Europa cui chiediamo sacrifici?”.
La retromarcia sull’età pensionabile (da 67 a 63 anni) costerà da qui al 2030 160 miliardi di euro. Chi ce li metterà? Dal 2019 saranno aumentati i contributi previdenziali di un punto l’anno fino a copertura. La nuova legge che entra in vigore dal luglio 214 porta la firma del ministro socialdemocratico del lavoro Andrea Nahles. Stabilisce si possa andare in pensione a 63 anni e non a 67 se si hanno 45 anni di contributi e senza pagre la penalità del 3,6% di pensione in meno per ogni anno di anticipo. Nei prossimi due anni si calcola circa 900 mila andranno in pensione “anticipata” rispetto ai 67 anni di prima.
Sacrifici sì, ma non per i tedeschi. E’ questo il messaggio potenzialmente molto pericoloso che dalla Germania rischia di arrivare ai partner continentali dopo la riforma tedesca in fatto di pensioni. Il piano appena varato dalla ministra del lavoro Andrea Nahles, prevede che si possa andare in pensione a 63 anni d’età, invece dei 67 validi sino a ieri. Misura che vale però solo per chi ha 45 anni di contributi.
Nonostante il monte contributi richiesto, alto, anzi altissimo, la nuova indicazione è nei fatti un alleggerimento della politica tedesca in fatto di pensioni. Un alleggerimento che probabilmente le casse tedesche possono reggere e che i 45 anni di contributi in parte giustificano. Ma in un mondo in cui la comunicazione è globale, oltre che essenziale, il messaggio che potrebbe arrivare ai partner Ue di Berlino rischia di essere dirompente: “Chiedete sacrifici mentre vi mandate in pensione prima”. E la mente corre veloce alle misure lacrime e sangue imposte alla Grecia e anche all’Italia, seppur in minor misura.
Una variazione sulla politica all’austerità che in Germania ha incontrato la bocciatura di Gerhard Schroeder, ex cancelliere socialdemocratico. Durissime critiche sono arrivate al progetto di riforma del sistema pensionistico di grande coalizione. Concedere il pensionamento a 63 anni a chi abbia versato 45 anni di contributi è “un segnale assolutamente sbagliato” nei confronti dei partner europei, cui “giustamente” la Germania sta chiedendo “riforme strutturali”, ha scritto Schroeder nel suo nuovo libro in uscita, secondo quanto riporta il tabloid Bild.
L’ex cancelliere – autore con il suo governo rosso-verde di pesanti riforme dello stato sociale e del mercato del lavoro – scrive di capire bene a quali fasce sociale si stia tentando di andare incontro. “Ma ciò non cambia il cuore del problema: come si finanzia la riforma?”.
Non solo problemi di opportunità politica per Schroeder, ma anche problemi economici. La questione centrale è che sarà necessario trovare fino a 11 miliardi di euro ogni anno. “Ciò porterà inevitabilmente tra qualche tempo a porsi la seguente questione: dobbiamo alzare i contributi per le pensioni?” E allora “saranno necessarie nuove dolorose riforme”, è “sicuro come un amen in chiesa”.
Schroeder scrive inoltre di stupirsi del fatto che le donne non stiano protestando per il progetto licenziato dal governo guidato dalla cancelliera Angela Merkel. Per l’istrionico ex politico, le nuove regole premieranno soprattutto “lavoratori specializzati, che guadagnano relativamente bene”, mentre “le donne sfrutteranno meno la riforma, dal momento che la maggior parte di loro non arriva ai 45 anni di contributi richiesti”.
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