ROMA – Oltre 2500 firme. Tante sono le adesioni giunte nelle settimane scorse al sito di Articolo21 per l’appello promosso dalla Commissione nazionale lavoro autonomo della Federazione nazionale della Stampa in favore di una legge su “l’equo compenso dei giornalisti precarizzati”. A firmarla non solo i giornalisti ma anche tante personalità del mondo della cultura e dello spettacolo che hanno voluto ricordare come in tanti settori vigono leggi antiquate e sorpassate che zavorrano il lavoro di tutti.
Oggi 4 dicembre, dopo un iter travagliato tra i due rami del Parlamento l’equo compenso è diventato legge e sancisce la fine della schiavitù ai danni dei giornalisti sfruttati e sottopagati. Non è un semplice atto di riforma, come hanno sottolineato, tra gli altri i parlamentari Carra, Ghizzoni, Giulietti, Moffa alla conferenza stampa dopo il voto, ma un atto di giustizia, il saldo di un debito nei confronti di tutti quei cronisti ridotti a scrivere per pochi euro a pezzo.
In un momento in cui si tentano forme di vendetta e rese dei conti nei confronti dei giornalisti (vedi alla voce “diffamazione”), il voto di oggi ha il segno di una responsabilità collettiva nei confronti di un settore, come quello dell’informazione, che vive grandi e inedite difficoltà. E’ un primo passo ma la strada è ancora lunga e accidentata. Il diritto-dovere all’informazione non ha bisogno di leggi “ad” o “contra” personam ma di riforme moderne e giuste come ha ben sottolineato sul sito di Articolo21 l’avvocato Antonio Buttazzo.
L’equo compenso, una buona legge che tuteli il diritto di cronaca e il cittadino diffamato, una sull’editoria che faccia piazza pulita delle furbizie e degli sprechi ma impedisca a testate di valore storico e culturale di sparire, una (che attendiamo da tempo) sul conflitto di interessi, una da superare (la Gasparri) per togliere la Rai dal controllo e dal condizionamento di governo e partiti, sono precondizioni ineluttabili per ridurre lo “spread” anche in materia di informazione, per risalire quella indecorosa classifica che vede l’Italia fanalino di cosa in Europa in tema di libertà di espressione.
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