ROMA – Sesso, i romani sono più precoci. Il primo rapporto sessuale, per chi oggi ha 18 anni, è avvenuto in media a 15 anni e mezzo, ovvero un anno prima rispetto alla media nazionale. In più, i romani più degli altri giovani italiani, non amano usare il preservativo. Ecco cosa scrive Repubblica:
PIÙ precoci dei coetanei italiani: la prima volta dei diciottenni di Roma e provincia avviene a 15 anni e mezzo, dodici mesi prima della media nazionale. E se il 48,3% dei giovani dello Stivale non usa precauzioni, il dato sui ragazzi capitolini vola a quota 66 per cento.
A rivelarlo è uno studio de La Sapienza e della Fondazione Amico andrologo, patrocinato dal ministero della Salute e presentato ieri in università. Dall’indagine — che ha riguardato 10mila studenti di tutta Italia, di cui 2785 nel Lazio (1420 a Roma e 1365 in provincia) — emerge anche che il 67%dei ragazzi della Capitale ha già esperienze prima della maggiore età, mentre la media italiana è ferma al 60 per cento.
Un dato in contrapposizione con l’analisi sui giovanissimi: il 3,3 per cento dei 13enni ha già avuto rapporti sessuali, contro l’1,3% registrato in città e lo 0,8% della provincia. Si tratta di «un dato difficile da spiegare, che rimanda a situazioni di disagio che evidentemente non sono molto diffuse nel Lazio» commenta il ricercatore Andrea Isidori, che racconta anche come è nata l’idea della ricerca.
«Sempre più 35enni si sono rivolti al nostro centro (la sezione di fisiopatologia medica e endocrinologia de La Sapienza) spinti dal desiderio di avere figli. Durante i controlli, abbiamo riscontrato problemi intimi che non erano stati diagnosticati prima». E cioè a partire dai 14anni di età: perché, riferisce lo studioso, «dal momento in cui lasciano il pediatra, i ragazzi non si fanno più visitare, fino a quando non decidono di diventare padri». Si tratta di un “vuoto culturale”, aggravato dalla “mancanza della leva militare” e verificato anche dalla ricerca.
«Se nei ragazzi di Roma vi è una maggiore prevalenza di varicocele, fimosi, malattie a trasmissione sessuale, nei ragazzi di campagna si è riscontrata una frequenza tre volte superiore di ipospadia (pene piccolo): 0,7% contro lo 0,2%» spiega il direttore dello studio Andrea Lenzi, per cui il fenomeno è legato «all’uso dei pesticidi».