LA VALLETTA – Accordi tra pochi, ma buoni e determinati. Sarebbe questa l’Europa “a più velocità” paventata dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e che potrebbe essere battezzata il prossimo 25 marzo a Roma, in occasione dei 60 anni dei Trattati di Roma. Obiettivo: fine dell’allargamento a oltranza e dell’integrazione a tutti i costi che ha portato l’Ue alla paralisi e poi al suo sgretolamento come nel caso della Brexit. Un piano già discusso dalla cancelliera con il premier italiano Paolo Gentiloni, il presidente francese Francois Hollande e il capo della Commissione europea Jean Claude Juncker.
Gli occhi sono intanto puntati su Marine Le Pen. Se sarà lei a vincere le elezioni in Francia, l’Europa è finita. Se perde, si aprirà l’Europa a due velocità, con un gruppo di Paesi che puntano a legami ancora più stretti. Una risposta alle fiammate populiste che rischiano di segnare il destino della Ue, già ferita dalla Brexit e dal dilagare dell’euroscetticismo.
Come spiega Alberto Gentili sul Messaggero di domenica 5 febbraio:
Se è vero che già alla moneta unica e all’area di libera circolazione (Schengen) non aderiscono tutti e Ventotto gli Stati dell’Unione, è altrettanto vero che questa volta l’idea di procedere a cooperazioni rafforzate a trattati invariati – senza potere di veto per chi non volesse aderire – è stata partorita perché si è affermata la consapevolezza che un’Unione diventata troppo ampia, dove prevalgono gli egoismi e gli interessi nazionali, non è in grado di rispondere alle nuove sfide: il terrorismo islamista, l’isolazionismo e il protezionismo di Donald Trump, l’aggressività della Russia di Vladimir Putin, la tentazione di Polonia e Ungheria di avere un’interlocuzione diretta con gli Stati Uniti, infischiandosene (insieme a Slovacchia e Repubblica Ceca) dei vincoli europei come le quote obbligatorie di accoglienza dei rifugiati sbarcati in Italia.
Merkel cavalca le diverse velocità, «un piano per l’Europa dei prossimi dieci anni», anche a fini interni. Di colpo, infatti, la sua quarta rielezione non è più così sicura: il candidato socialista Martin Schulz nei sondaggi è dato al 50%, Frau Angela al 34%. E anche se i tedeschi non votano i leader, ma i partiti, la Cdu della Merkel è scesa al 34% mentre la Spd di Schulz è salita al 28%. Così lanciare le diverse velocità per la Cancelliera è anche il modo per mandare un segnale all’opinione pubblica tedesca, dove si torna a parlare dell’uscita della Grecia dalla moneta unica. Questo (sospetto) approccio divisivo non piace a Gentiloni. «Dobbiamo unire, non cacciare qualcuno», è lo slogan del premier, che si dice certo «non sia intenzione di Berlino buttare fuori qualcuno dall’euro».
Gentiloni apprezza soprattutto la volontà tedesca di fare del summit di Roma l’occasione per mettere nero su bianco una «dichiarazione» formale. «Perché non abbiamo alcuna voglia di fare del summit del 25 marzo una semplice celebrazione dei sessant’anni dei trattati fondativi dell’Unione». E non ce l’ha perché, come dicono a Palazzo Chigi, «l’Unione è purtroppo sempre più impopolare e lontana dai cittadini che la considerano un problema e un ostacolo».
«Ed è proprio per questo, per avvicinare l’Europa alla gente, ai suoi interessi ed esigenze, per combattere le insicurezze e le paure», spiega il sottosegretario Sandro Gozi, «che vogliamo uscire dall’immobilismo ed essere rapidi ed efficaci nelle decisioni e nell’operatività, affermando il diritto di gruppi di Paesi ad andare avanti in alcuni settori. Ma senza escludere nessuno e lasciando la porta aperta agli Stati che mostreranno di avere la nostra stessa volontà e determinazione».
LA RISPOSTA AI POPULISTI – Non si tratta di semplici enunciazioni programmatiche. Gozi parla delle «paure» e delle «insicurezze» dei cittadini, perché è proprio da qui che il governo italiano vuole partire per togliere frecce alla propaganda dei partiti populisti. Non a caso, ecco l’accordo con al-Serraj per tentare di fermare la Rotta libica dei migranti, accompagnato da un nuovo pressing sui Paesi dell’Est a prendersi le loro quote di profughi. Ed ecco il piano per creare la Schengen della sicurezza e della Difesa («una forza europea multinazionale con struttura di comando e meccanismi budgetari comuni») insieme a Germania, Francia e Spagna. Con due obiettivi: provare a fermare gli attacchi terroristici e supplire al disinteresse di Trump verso la Nato. Il premier belga Charles Michel nella Dichiarazione di Roma propone di inserire anche l’intelligence comune e la lotta al dumping sociale. I cantiere è aperto.