
ROMA – Stamattina (14 settembre) la Germania ha riaperto le frontiere e fatto ripartire i treni dopo la chiusura temporanea dei confini di domenica. La città di Monaco di Baviera ha accolto da sola 40mila rifugiati nel week-end: troppo anche per la ricca potenza tedesca, al punto che Angela Merkel ha dovuto imporre la chiusura dei confini per lanciare un avviso ai paesi dell’Unione ancora in cerca del sospirato accordo per ridistribuire il carico dell’emergenza ora sostenuto solo dalle nazioni porta d’Europa e da quelle come la Germania, destinazione finale dei profughi. Solidale ma non fessa – sintetizza la posizione tedesca Andrea Bonanni su Repubblica – la Germania ha lanciato tre messaggi ai partner europei.
Merkel chiede più tempo e “zone di attesa”. Primo, la Germania chiede tempo per organizzare l’afflusso eccezionale, quindi devono diventare presto attive, efficaci ed umane le “zone di attesa” per i profughi, anche in Italia, i cosiddetti hot spot per fare i controlli, distinguere migranti economici dai rifugiati, occuparsi del loro benessere.
Avviso a Orban. Il secondo messaggio è indirizzato direttamente al premier ungherese Victor Orban che cinicamente riduce a “problema tedesco” l’emergenza rifugiati: chiudendo le frontiere Merkel dice all’Ungheria che basta poco perché il problema diventi ungherese.
Messaggio ai partner europei. Il terzo messaggio è diretto a tutti i partner europei, in particolare a quelli dell’Est contrari ad assumersi l’onere pro-quota dell’emergenza: il Trattato di Dublino è ancora in vigore, la Germania non ha confini alle porte dell’Europa, con le regole attuali sul diritto d’asilo la Germania, senza un accordo di alto profilo, potrebbe lasciare ai paesi periferici tutto il carico emergenziale che preme alle loro frontiere.
Tutto questo, ovviamente, fa parte delle grandi manovre in vista della riunione dei ministri di oggi. Che però difficilmente sarà in grado di ricucire le lacerazioni apertesi tra un Sud dell’Europa travolto dall’ondata dei migranti e incapace di gestirla secondo le regole convenute, un Nord pronto a dimostrare solidarietà, ma a condizione che le regole vengano rispettate, e un Est che vede l’Europa solo come una fortezza entro le cui mura rifugiarsi opportunisticamente per trovare riparo dal vicino russo e, occasionalmente, anche dal profugo islamico. Questi fossati che l’emergenza migratoria sta scavando tra le tre aree culturali ed economiche dell’Unione non potrà essere colmata da un consiglio ministeriale. E probabilmente neppure dal vertice. (Andrea Bonanni, La Repubblica).