La Russia si compra la Grecia se…

Il premier greco Antonis Samaras (Foto Lapresse)

ATENE – Se l‘Unione europea volta le spalle alla Grecia, come all’ultimo Eurogruppo in cui la Germania ha fatto saltare l’accordo sui nuovi aiuti, Atene potrebbe rivolgersi al suo alleato russo.

Come sottolinea il reportage di Sergio Romano sul Corriere della Sera, il legame tra i due Paesi è forte. Entrambi sono Paesi ortodossi. Ma l’affinità, ovviamente, non finisce qua.

La Grecia in crisi interessa agli oligarchi russi. Ne è un esempio Ivan Savvidis, imprenditore del tabacco eletto alla Duma (la Camera bassa del Parlamento russo), è anche presidente della Federazione delle Comunità greche di Russia, e a Salonicco avrebbe già comprato un’indebitata squadra di calcio, il PAOK.

Savvidis non è l’unico. A Cipro per ricapitalizzare le banche locali servono dieci miliardi. Il presidente cipriota Demetris Christofias lo scorso luglio ha detto: “Possiamo benissimo associare l’aiuto russo a quello europeo, non è un problema”. La speranza è che di quei dieci miliardi cinque vengano proprio da Mosca, concessi in prestito a bassi interessi. Il governo russo ha detto di voler esaminare la proposta. Ma l’intervento dovrebbe essere concordato con l’Unione europea. Christofias è ortodosso e durante il periodo dell’Unione Sovietica studiò a Mosca.

In Grecia a guardare alla Russia sono soprattutto i partiti euroscettici (per usare un eufemismo), Alba Dorata e Greci Indipendenti. Proprio loro rispondono alla linea dell’austerity imposta al governo Samaras dalla troika Bce-Ue-Commissione europea invocando l’amico russo.

Per prendere davvero il posto di Bruxelles Mosca dovrebbe ovviamente mettere sul tavolo molti soldi. Come sottolinea Romano, però, le implicazioni non sarebbero solo economiche o formali.

 “Il partito del rigore, a Berlino o a Bruxelles, apprenderebbe forse con piacere che la Grecia non è più una responsabilità dell’Ue. Ma dimenticherebbe che il Paese smetterebbe di appartenere alla sfera euro-atlantica, che il suo nazionalismo contagerebbe quello della Serbia e risveglierebbe quello della Turchia, che si riaprirebbero le questioni del Kosovo e dell’Epiro, che l’Unione europea e la Nato perderebbero il Mediterraneo orientale nel momento in cui il Levante è minacciato dalla crisi siriana, dagli ultimi sviluppi della questione palestinese e domani, forse, da una nuova crisi libanese. Il prodotto interno lordo della Grecia rappresenta soltanto il 3% di quello dell’Europa. Ma il suo pil geopolitico vale molto di più. È arrivato il momento in cui della politica greca dell’Unione europea devono occuparsi gli uomini di Stato, non i ragionieri”.

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